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venerdì 12 febbraio 2016

La pianta della voce: l'Erisimo

L'erisimo è da molti conosciuto come erba cornacchia, ma per capire di che pianticella si tratti, dobbiamo risalire al caro vecchio greco antico, infati il suo nome è composto: da eruo (“io salvo”) e oimos (“il canto”) e da qui si capisce quale sia la sua proprietà principale, tanto che nel corso della storia fu studiato sotto il profilo fitoterapeutico e divenne la pianta degli oratori, degli attori di teatro e dei cantanti. Ecco perchè chi lavora con la voce la considera un’erba dalle virtù magiche.


Per la voce dunque si prepara un famoso infuso che si fa così: mettere a riposare per 7-8 minuti 10 g di foglie fresche in 250 ml d’acqua bollente; poi filtrare e bevere l’infuso caldo, nella dose di 2 tazze al giorno, mattino e sera, addolcite dal miele. Ma questa non è l'unica virtù terapeutica dell'erisimo, un'altra sua importante proprietà è la sua azione antispastica, e conseguentemente depurante e disintossicante della funzione epatica. Infatti le mucillagini e i composti solforati dell’erisimo svolgono una importante funzione anti-irritativa sulle mucose, disinfiammandole, e poi riducono l’eccessiva secrezione di muco, rendendolo più fluido in modo da favorirne l’eliminazione. Ecco perchè fa benissimo nelle patologie delle vie respiratorie e una seconda, meno nota ma altrettanto efficace, nei disturbi del fegato e della colecisti.

Dunque per chi soffre di disturbi epato-biliari o semplicemente vuol ripulire in profondità il fegato e la colecisti, nel mese di agosto deve affidarsi all’erisimo. Si può preparare uno sciroppo e assumerne un cucchiaino mattina, mezzogiorno e sera per un mese: si fanno bollire 30 g di foglie e fiori in un litro d’acqua, aggiungendo 10 g di radice di liquirizia, fino a ridurre di un terzo la quantità di liquido; si filtra, si aggiungono 200 g di miele e si cuoce a bagnomaria finché non si ottiene uno sciroppo. Si conserva al fresco in una bottiglia di vetro scuro.

sabato 9 gennaio 2016

Alloro contro reumatismi e tensioni

Tutti conosciamo l'alloro, quella bellissima pianta sempreverve che spesso fa da cornice ai giardini con le sue aromatiche siepi. Il suo uso in cucina è noto, per l'aroma che dà alle pietanze, ma oltre all'uso culinario che ne viane fatto, l'alloro ha delle proprietà medicamentose importanti per il raffreddore, i reumatismi, l’indigestione e l’affaticamento fisico. E poi non dimenticate che nell’antichità, l’alloro era un albero consacrato al dio Apollo e le sue foglie coronavano il capo di eroi e saggi: si riteneva che avessero il potere di comunicare il dono della divinazione, di allontanare la malasorte e persino le malattie contagiose., come ho scritto precedentemente nel post relativo all'olio essenziale che se ne ricava.


Le foglie di alloro hanno importanti proprietà medicinali. Infatti, tagliando a pezzettini 6-7 foglioline secche  in una tazza di acqua bollente si ottiene un infuso che, bevuto tiepido prima di andare a letto, favorisce una sudorazione copiosa, riuscendo quasi sempre ad impedire che prendano piede un raffreddore o l’influenza. Lo stesso infuso, assunto dopo i pasti, facilita la digestione, previene acidità e gastrite ed elimina i gas intestinali. Farà piacere sapere a coloro che soffrono di reumatismi che se frizionate la parte con 2-3 gocce di olio essenziale di alloro mescolato con un cucchiaino di olio di germe di grano, l’azione meccanica dello sfregamento unita alle virtù antinfiammatorie della pianta attenua il dolore.

Ma l'olio di alloro è ottimo anche per i capelli perchè li fortifica e ringiovanisce. L’olio essenziale di alloro è il principale ingrediente dell’antico sapone di Aleppo, che in Siria e in tutto il Medio Oriente è usato come shampoo anti forfora e anti caduta. Pare anche che aiuti a mantenere inalterato il colore dei capelli in virtù dei suoi principi antiossidanti. L’olio di alloro si può applicare (2 gocce diluite in un cucchiaio di olio di lino) sul cuoio capelluto dopo lo shampoo, frizionando bene.

mercoledì 30 dicembre 2015

Energia e concentrazione: aiutarsi con i gemmoderivati ontano e olivo

Amo gli alberi, sono buoni amici, silenziosi e protettivi. Di alcuni conosciamo anche le proprietà buone per la salute, come la Betulla, l'Eucalipto, il Pino..Ma qualcuno di voi conosce per caso l'Alnus glutinosa, ovvero l'Ontano nero? Eppure è parente della Betulla e del nocciolo e lo si trova nei nostri boschi spesso vicino ai corsi d'acqua. Chi lo conosce sa anche che è chiamato "china nostrana" perchè ha ottime proprietà febbrifughe, mentre con le sue foglie si prepara un bagno contro i reumatismi.  
Le proprietà dell'ontano sono tali grazie all'emodina, contenuta in corteccia e foglie, con alnulina e tannini. Se assunto come infuso, libera il corpo dalle scorie che creano debolezza, depressione, febbri, dolori e infiammazioni.


Questa sua proprietà antinfiammatoria e tonificante si nota soprattutto sui vasi arteriosi del cervello e del cuore, poichè esercita un'attività stimolante sulla circolazione encefalica e miocardica.  L’azione della pianta è di conseguenza molto utile per migliorare memoria e concentrazione. Si può assumere l’ontano nero sotto forma di gemmoderivato: 30 gocce 1-3 volte al dì, lontano dai pasti. In alternativa, bere (preferibilmente la mattina) una tazza di infuso preparato con un cucchiaino di foglie e corteccia di ontano nero, tenuto in infusione 5 minuti e poi filtrato.

Inoltre se ci si sente giù di tono è possibile abbinare il gemmoderivato di ontano nero a quello di olivo, per potenziarne le funzioni. L’olivo stimola la circolazione cerebrale e ha un’azione ipotensiva, ed essendo una “pianta di luce” ci aiuta ad adattarci meglio al ritorno dell’ora solare. Per un mese bere 20 gocce di entrambi i gemmoderivati (ontano nero e olivo) 1-2 volte al dì a digiuno, con mezzo bicchiere d’acqua.

martedì 24 novembre 2015

La ruta, per aromatizzare la grappa, di un cataplasma, un decotto e un infuso

Ruta è il nome della pianta mentre graveolens significa "puzzolente", a causa del profumo molto penetrante. Fu erba già nota al Greci e Mitridate VI re del Ponto la mise fra gli ingredienti del suocfamoso. antidoto contro iveleni. I Romani non disdegnarono di usarla, anzi Apicio la inserì in decine di ricette. La si metteva nelle salamoie per le olive, con i formaggi, nei dolci e con essa si insaporiva anche il vino. Rimase in auge ancora nel '600. Poi iniziò il suo declino gastronomico e rimase pressoché confinata nella medicina, forte dell' autorità che le aveva dato Dioscoride, il medico e naturalista greco, fondatore dell' erboristeria.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di un arbusto perenne, appartenente alla famiglia delle Rutacee, originario dell'Europa medio-orientale e dell' Asia minore. In Italia allo stato spontaneo non è molto diffusa; la si può trovare dalle zone marine, con macchia mediterranea, fino alla zona sub-montana dell 'Italia continentale. Predilige i luoghi sassosi ed aridi esposti a mezzogiorno. La radice è legnosa. I fusti, alti fino a un metro, sono privi di peli, di colore verde-cenere, semplici o ramificati nelle piante vecchie. Le foglie inferiori sono a forma di penna a più punte, di colore azzurro chiaro; quelle superiori sono semplici. In trasparenza le foglioline presentano dei punti translucidi dovuti alla presenza delle ghiandole preposte alla secrezione di olii. In cima ai rami sono raggruppati in grappolo i fiori di colore giallo verdastro. I frutti sono delle capsule che, aprendosi, liberano semi neri rugosi. Cresce con facilità nei terreni rocciosi, asciutti e calcarei. Sono da preferire quelli moderatamente fertili. Le foglie sono raccolte in primavera, le sommità fiorite in maggio-agosto. Le foglie si essiccano all'ombra o con l'aiuto di essiccatoi; le sommità possono essere appese a mazzi in luogo ombroso e ventilato. Il processo di essiccazione deve essere molto veloce poiché c'è la possibilità che le caratteristiche aromatiche diminuiscano. Si conservano in sacchetti di tela o di carta. I principi attivi contenuti nella ruta sono olio essenziale, sostanze resinose, amare e tanniche. Possiede proprietà digestive e aromatizzanti, vermifughe e protettrici vasali. Deve però essere evitata dalle donne in stato interessante.

Utilizzo

 Oggigiorno, in cucina, la ruta sopravvive per aromatizzare le insalate (qualche foglia soltanto) e in un piatto della cucina pugliese. Le orecchiette alla ruta. Nel suo impiego maggiore la troviamo come aromatizzante per la grappa e l'acquavite.
Grappa alla ruta: mettere qualche rametto fresco di ruta in un litro di buona grappa bianca. Attendere almeno un paio di mesi prima dell'uso.
Maggiore è l'impiego nella medicina popolare.
Cataplasma per risolvere rapidamente ascessi e foruncoli: stendere sulla parte da curare una manciatina di foglie di ruta fresche contuse e coprire con una garza.
Spasmi intestinali: versare un cucchiaio di foglie di ruta in una tazza d'acqua fredda e lasciarvele per tutta la giornata. Bere l'infuso filtrato e corretto con un poco di miele.
Quando le mestruazioni sono dolorose e difficili, bere una tazza d'acqua calda in cui sia stato lasciato in infusione per 10 minuti un pizzico di foglie di ruta.
Per rinforzare la vista e lavare gli occhi stanchi e arrossati, preparare un decotto facendo bollire per qualche minuto 100 g di foglie di ruta in mezzo litro d'acqua. Filtrare dopo un quarto d'ora e usare per lavare gli occhi e per fare degli impacchi inzuppando due tamponi di cotone idrofilo.
Si usano poi rami freschi di ruta negli ambienti infestati dai topi.

venerdì 20 novembre 2015

Papavero, nei dolci, nel tè e di alcuni infusi

Papaver sembra di derivazione celtica, in quanto i semi venivano messi nella pappa dei bambini per farli dormire; rhoeas viene dal greco rhein, che significa "cadere", per via della caducità dei petali. Il papavero sembra originario di una zona asiatica che sta tra il Pamir e l'Iran, in quegli altopiani dove, in epoche antichissime, si è differenziato, prima spontaneamente poi con l'aiuto dell' uomo, il frumento.

La diffusione del frumento ha portato con sé, in tutto il mondo, anche il papavero, definito pianta sinantropica, cioè che segue l'uomo nei suoi spostamenti e che non si diffonderebbe senza i lavori agricoli, che riportano alla luce i semi sprofondati nel terreno. Presso i Romani, il papavero era talmente legato alle pratiche agricole che Cerere, divinità delle messi e dell' agricoltura, era raffigurata con spighe e papaveri tra i capelli e tra le braccia. Nell' alimentazione venivano usati i semi, non solo per via dell' olio che se ne poteva trarre, ma come condimento su pani e dolci, tradizione sempre continuata, specie nel nord-Europa.


Caratteristiche e proprietà 

E una pianta erbacea annuale, della famiglia delle Papaveracee. La rosetta, cioè la disposizione delle foglie alla base del fusto, è folta; da essa si innalzano il gambo e il fiore. Le foglie sono a forma di penna con incisioni molto irregolari. La punta è acuta e la base ristretta finisce nel gambo. Il colore è verde deciso e si ha presenza di peli. Il calice del fiore è a due valve pelose che cadono all'aprirsi della corolla formata di quattro petali rossi con macchia nera alla base. Molto evidenti sia i pistilli che i numerosi stami neri. Il bocciolo è pendulo. Il frutto è a forma di capsula porosa contenente numerosi semi neri. Il papavero è infestante dei campi di cereali, dei prati incolti e dei ruderi. Vive sino a 2000 m. Fiorisce da marzo a luglio. Per far essiccare i fiori bisogna esporli al sole, badando che perdano l'umidità nel modo più rapido per impedire che si disperdano i principi attivi. Anche le capsule contenenti i semi si fanno essiccare rapidamente al sole. Le proprietà del papavero sono concentrate sia nelle foglie che nei petali e hanno effetto emolliente, sudorifero, sedativo e leggermente ipnotico

Utilizzo 

Le rosette basali, anche quando è già presente il piccolo fusto appena accennato, entrano in alcune ricette della cucina mantovana e dell'Oltrepò pavese. Vengono usate in frittate, minestre, torte salate e frittelle. I semi sono utilizzati su dolci e pasticceria varia.
Nella medicina popolare si usano i fiori.
Tè al papavero: aggiungere al proprio tè preferito alcuni petali di papavero per beneficiare del suo effetto sedativo.
Infuso: versare in un litro d'acqua bollente 5 g di fiori essiccati di papavero. Filtrare il liquido, addolcirlo e berlo la sera prima di coricarsi. Chi soffre di tosse notturna si assicura così un sonno tranquillo. Il medesimo infuso sorbito in due volte, il pomeriggio all'ora del tè e la sera prima di coricarsi, calma l'eccitazione nervosa. Sempre lo stesso infuso, ovviamente non zuccherato, serve a lenire rossori e irritazioni.

La pratolina, per insalate, decorazioni, infusi e decotti

Bellis deriva dal latino e significa "leggiadro", "bello"; perennis perché fiorisce tutto l'anno. Protagonista di tante favole infantili, la pratolina o margheritina si fa rispettare per le doti medicamentose oltre che culinarie. Già nel '500 si asseriva che le sue foglie in insalata o cotte nel brodo avevano proprietà lassative e guarivano le infiammazioni della bocca e della lingua se masticate lentamente. La medicina naturale contemporanea ha ufficializzato queste proprietà e consiglia l'uso di fiori e foglie di pratolina come coadiuvante in numerose affezioni.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta perenne priva di fusto appartenente alla famiglia delle Asteracee (ex Composite). Le foglie sono tutte disposte a rosetta alla base e hanno un corto gambo; a forma di spatola, hanno punta arrotondata e base che si restringe sino a formare il gambo che spesso è colorato di rosso; il margine è dentellato; da giovani sono pelose e il loro colore è verde scuro. I fiori sono solitari, portati da un gambo sottile e peloso. Quelli periferici sono bianchi o sfumati di rosso, quelli centrali sono gialli. La pratolina è comunissima nei prati, lungo le strade, negli incolti. Fiorisce tutto l'anno. Fiori e foglie si fanno essiccare all'aria ma all'ombra. I principi attivi sono olio essenziale, un principio amaro, acidi organici diversi e tannini. Ha proprietà diuretiche, lassative, depurative e stimolanti la sudorazione.

Utilizzo 

Le foglie, meglio dopo la fioritura, vengono usate in insalate composte con altre erbe selvatiche. Sono croccanti e molto saporite. I fiori, privati del calice, servono per decorare e colorare le insalate. Nella medicina popolare, tutta la parte aerea della pianta viene applicata, pestata, come astringente e lenitivo della pelle e delle mucose arrossate. Un infuso di fiori serve per le palpebre arrossate. Decotto contro le infiammazioni di bocca, faringe e gola: in mezzo litro d'acqua far bollire, per pochi minuti, una manciatina di fiori e foglie secche di pratolina. Filtrare il liquido quando è tiepido e usarlo per fare frequenti sciacqui e gargarismi.

giovedì 19 novembre 2015

La Menta, degli usi straordinari in cucina con alcune ricette e le indicazioni della medicina popolare

Mentha è il nome di una ninfa mitologica; piperita significa "piccante". La leggenda più classica, narrata da Ovidio,favoleggia della ninfa Mintha, figlia del fiume infernale Cocito, amata da Plutone e trasformata in vegetale dalla gelosa Proserpina. Un' altra leggenda greca vede Giove preso in giro da una ninfa provocante che stava spesso sdraiata al sole intrecciando i suoi biondi capelli raccolti in crocchia alta sul capo e ornati di fiori. Era molto fredda alle proposte di Giove, anzi si nascondeva e scappava non appena lo vedeva arrivare.

Alla fine il potente Giove, infastidito, la trasforma in pianta e la castiga mettendola nei luoghi umidi, salvo poi ripensarci e donarle un pennacchio di fiori rosati e profumati. Mintha, sempre dispettosa, si trasforma continuamente restando fredda, come fredda è la prima sensazione di chi mastica una foglia di menta. Questa pianta ha sempre goduto il favore di chi si occupa di erbe: l'Antico Testamento ci tramanda che gli ebrei la usavano per profumare le mense ed elevare lo spirito; il papiro di Ebers la annovera tra le erbe più preziose, era sacra a Iside e al dio della medicina Thot, mentre tutte le formule che la contenevano venivano scritte sulle pareti del tempio di Edfu dedicato a Horus.


In quella società solo i sacerdoti potevano usarla e con la menta veniva preparato un unguento magico che aveva la facoltà di guarire tutti i mali. In Turchia la menta era considerata afrodisiaca e se ne distribuivano grandi quantità sui pavimenti, mentre le spose romane intrecciavano i fusti fioriti nelle corone nuziali per essere gradite ai loro sposi. Di essa scrissero Plinio e Marziale, mentre Apicio ne usò a piene mani, osservando che bene insaporiva i piatti rustici e campagnoli. Sempre a Roma, fu molto apprezzata per le sue virtù taumaturgiche. Il febbricitante che per tre albe consecutive avesse offerto pane o vino, pepe o sale, a una piantina di menta, ossequiandola, ma anche comunicando le che la propria febbre si sarebbe trasferita ad essa, in capo a tre giorni avrebbe visto seccare la pianticella ma si sarebbe sfebbrato. Nel corso dei secoli la menta continuò ad essere oggetto di grande consumo, tant' è vero che molti si affannarono a contenerne lo spreco e addirittura Carlo Magno emise feroci editti per proteggerne la specie. Ma quale sarà stata la menta di cui parlano gli antichi autori? Sicuramente alcune fra le numerose specie che sono diffuse in natura. La menta piperita, di cui trattiamo, è la più famosa ai giorni nostri ed è un ibrido naturale fra la Mentha aquatica e la Mentha viridis,formatosi, secondo gli studiosi, attorno al '600.

Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea aromatica perenne appartenente alla famiglia delle Lamiacee (ex Labiate). E provvista di un fusto sotterraneo (rizoma) ramificato dal quale si dipartono le appendici da cui si sviluppano le radici e i rami. I fusti sono alti circa 50-60 cm, eretti, ramificati e di colore viola o verde. Le foglie sono opposte, ellittiche e seghettate. I fiori, all'attaccatura delle foglie superiori, sono raggruppati su brevi spighe; essi possono essere bianchi o roseo-violacei. Il frutto è costituito da 4 parti ovoidali e lisce. Esistono due forme di menta piperita: la rubescens Camus, detta anche menta nera, con i fiori roseo-violacei e le foglie verde scuro, e la pallescens Camus, o menta bianca, caratterizzata da fiori bianchi e foglie color verde chiaro. La menta piperita è ritenuta originaria dell'Europa. In Italia si trova raramente allo stato spontaneo, mentre a volte la si può trovare come specie inselvatichita. Cresce in pianura, ma anche in collina fino a 700-900 m. È abbastanza resistente e vegeta senza difficoltà in zone con climi continentali. Non teme i freddi invernali e le gelate tardive, ma deve essere coltivata in zone protette dai venti e con media esposizione al sole. Preferisce i terreni sciolti, ricchi di humus, profondi e permeabili. Non sopporta gli ambienti umidi. Le foglie vengono raccolte a giugno, prima della fioritura, mentre le sommità fiorite in luglio-agosto. Si raccomanda di raccogliere in mattinata o nel tardo pomeriggio, mai durante una giornata piovosa. Le foglie e le sommità fiorite vengono essiccate disposte all'ombra, in un locale aerato, su dei graticci. Il prodotto va stagionato per circa un mese e conservato al riparo dalla luce e dal calore al fine di limitare le perdite di olio essenziale per evaporazione. La conservazione del prodotto non deve mai superare l'anno perché si possono avere delle perdite di circa il 40% delle sostanze attive. I principi attivi contenuti sono olio essenziale, sostanze amare e poche resine. La menta piperita ha proprietà toniche, calmanti, digestive.

Utilizzo 

Oggigiorno, in cucina, la menta entra in alcune salse e numerose pietanze, oltre che in molte bevande alcoliche e non.
Salsa trentina alla menta: far bollire acqua, aceto e zucchero; appena lo zucchero è sciolto versare sulle foglie di menta tritate. Mescolare e lasciar raffreddare. E indicata sugli arrosti, soprattutto d'agnello.
Sciroppo alla menta: mettere a macerare 20 g di foglie di menta in 50 g di alcol a 90° per 24 ore; aggiungere dapprima 1 dl d'acqua poi 200 g di sciroppo, ottenuto facendo bollire 130 g di zucchero e 70 g d'acqua. Filtrare e imbottigliare lo sciroppo.
Liquore di menta: in 6 dl di alcol a 60° versare 50 g di foglie secche di menta e lasciarle a macerare per una settimana. Aggiungere 500 g di sciroppo, ottenuto facendo bollire 330 g di zucchero e 170 g d'acqua. Filtrare e imbottigliare.
Grappa alla menta: inserire 2 rametti molto fogliati di menta lunghi circa 10 cm e 20 g di zucchero in una bottiglia contenente un litro di grappa, scuotere e macerare per tre mesi prima dell'uso.
Vodka alla menta: inserire 25 foglie di menta e 10 spighe fiorite di menta un una bottiglia di vodka. Tappare la bottiglia, macerare per due settimane, filtrare, imbottigliare nuovamente e lasciar maturare altre due settimane prima dell 'uso. E ottima sul gelato di limone.
Mint Julep: è la tipica bevanda estiva del Kentucky e si prepara mettendo in un grosso bicchiere uno strato di foglie di menta seguito da uno di ghiaccio tritato, poi menta, altro ghiaccio tritato e così via sin che si desidera. Si ricopre il tutto di Bourbon whisky, si lascia riposare qualche minuto e si sorseggia lentamente con una cannuccia.
Numerosi anche gli usi della menta nella medicina popolare.
Sciacqui per l'alito cattivo: in un litro di vino bianco di buona qualità versare 30 g di foglie fresche di menta e qualche goccia di essenza. Lasciar macerare per 48 ore, poi filtrare il vino e usarlo più volte al giorno per sciacquare la bocca.
Infuso contro la nevrosi cardiaca: versare in una tazzina di acqua calda zuccherata qualche goccia di essenza di menta e bere subito.
Infuso contro l'insonnia: in una tazza d'acqua calda versare un pizzico di foglie fresche di menta. Filtrare, addolcire e bere.
Per calmare l'irritazione dovuta alle punture degli insetti: schiacciare qualche fogliolina fresca di menta e applicare sulla parte colpita.
Suffumigi per il raffreddore:versare in una catinella colma d'acqua bollente e fumante alcune gocce di mentolo e aspirare il vapore con le narici tenendo, al di sopra del recipiente, il capo coperto da un asciugamano.

lunedì 16 novembre 2015

Erba cipollina, in cucina e nella medicina popolare

Allium viene dal celtico con significato di "caldo bruciante"; schoenoprasum per via delle foglie cilindriche simili a un giunco. Considerata uno stimolante dell' appetito e diffusa allo stato spontaneo, pare sia stata usata come condimento fin dai tempi antichi. Fu nota ai Romani che ne usarono sia il bulbo sia la parte verde. Apicio la prescrive in alcune ricette, dicendo però di gettare via la parte superiore verde. È solo nel medioevo che l'erba cipollina comincia a essere coltivata e usata in modo sistematico e crescente. I tedeschi amano molto questa pianta, al punto di attribuirle proprietà magiche. Fin dai tempi antichi, lo sfregare la pianta intera, comprese le radici e ifiori, se ci sono, equivale a togliere qualsiasi malocchio o incantesimo operato dai cattivi gnomi delle foreste.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Liliacee. E originaria delle zone europee umide e fredde oltre i 600 m; si trova coltivata e spesso si naturalizza nell'Italia settentrionale. Può raggiungere un'altezza di 50 cm, il bulbo è piccolissimo, le foglie cilindriche, cave, verde tenero, fragili, avvolte alla base da guaine biancastre. Possiede un'infiorescenza di piccoli fiori rosa-lilla con sei petali acuminati, detti scientificamente tepali, protetta da una membrana che cade alla fioritura. E portata da un gambo cilindrico e cavo. E una pianta che gode sempre di ottima salute, malattie e parassiti non la colpiscono e forse per questo è un aiuto alle piante che le stanno vicino. Non c'è un periodo preciso per la raccolta; le foglie sono sempre profumate e molto aromatiche, ricordano un poco la cipolla pur essendo molto più delicate. Sopporta poco l'essiccazione, perdendo quasi tutto l'aroma; molto meglio allora la surgelazione. Il principale componente dell' erba cipollina è un olio essenziale del tipo della cipolla e possiede proprietà digestive, antisettiche, lassative, cardiotoniche e stimolanti.

Utilizzo 

Innumerevoli sono gli utilizzi culinari dell'erba cipollina. Cruda in salse, con le uova, in frittate, sulle patate, per aromatizzare torte salate, formaggi di pasta tenera e minestre o sughi ai quali va aggiunta all'ultimo momento, nelle insalate verdi o di pomodoro, nei soffritti al posto della cipolla. Salsa trentina d'erba cipollina: far sciogliere dello strutto, unire un po' di farina e far arrossare. Aggiungere un trito d'erba cipollina, soffriggere un  attimo, diluire con brodo e far sobbollire un quarto d'ora. E ottima sui pesci d'acqua dolce.
Nella medicina popolare, l'erba cipollina è tuttora usata in alcune preparazioni.
Infuso contro la stitichezza: 15 g di foglie in mezzo litro d'acqua bollente. Filtrare il liquido, addolcirlo e berlo prima di coricarsi. La dose indicata è sufficiente per due porzioni.
Decotto digestivo: far bollire 10 g d'erba cipollina in una tazza d'acqua bollente, filtrare il liquido, zuccherarlo e berlo dopo il pasto.

venerdì 13 novembre 2015

Cerfolio, caratteristiche, usi, per aromattizare burro e aceto

Anthriscus è il nome della pianta, mentre cerefolium viene da Cerere, perché presso i Romani era rituale nei pasti presieduti da questa dea. Ovvio quindi che fosse molto apprezzata a quel tempo,  tant' è vero che da Roma si diffuse in Europa, fino alla lontana Britannia. Del cerfoglio si usarono foglie e semi per condire minestre, zuppe, salse e insalate, perché aveva "miglior odore del prezzemolo e di altri consimili" .


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta biennale, rustica, appartenente alla famiglia delle Ombrellifere, originaria dell'Europa sud-orientale e dell' Asia occidentale, generalmente coltivata come annuale. La sua altezza è di 30-45 cm, ha portamento eretto con fusti scanalati, cavi, e foglie verde chiaro, profondamente divise, simili a quelle delle felci. I fiori sono candidi, con cinque petali, riuniti in ombrelle larghe 7-8 cm. Il cerfoglio cresce bene in tutti i tipi di terreno, al sole o in posizioni ombreggiate. Le foglie si raccolgono a partire da 6-8 settimane dopo la semina, che avviene da marzo ad agosto. Le foglie si possono essiccare disponendole in strati sottili in luogo all'ombra, riparato ed aerato. Possono essere anche utilizzati gli essiccatori a corrente d'aria calda. Va però tenuto presente che il cerfoglio essiccato perde gran parte del proprio aroma. Il cerfoglio ha proprietà aperitive, depurativè, rinfrescanti e galattofughe (arrestano il flusso latteo nelle puerpere).

Utilizzo

 Il cerfoglio è abbastanza usato nella cucina mediterranea, anche se spesso i ristoranti lo usano più che altro per decorare i piatti di portata.
Burro al cerfoglio: mantecare a temperatura ambiente 60 g di burro con un cucchiaio di cerfoglio pestato nel mortaio, unire poco sale e pepe e diluire con succo di limone.
Aceto al cerfoglio: lasciare macerare il cerfoglio nell'aceto bianco per un paio di settimane, rimestando e pestando ogni tanto. Filtrare, quindi imbottigliare.
Nella medicina popolare il cerfoglio viene quasi sempre usato, come del resto in cucina, in combinazione con altre erbe. Fa eccezione questo rimedio per curare gli occhi infiammati: mettere in infusione una manciata di foglie di cerfoglio fresche in una scodella d'acqua calda. Lasciar intiepidire, filtrare e usare il liquido per impacchi sugli occhi.


venerdì 30 ottobre 2015

Parietaria, come fare un cataplasma, infusi, un vino per il fegato e un miele per i polmoni

Parietaria sta a significare che sta volentieri sui muri e sulle pareti; officinalis perché usata nelle antiche farmacie. Questa pianta, dalla lunga e valorosa tradizione medicinale, ha una caratteristica che si desume da alcuni dei nomi con cui viene chiamata: erba vedriola, lavagoti, vedraggina, erba da bottiglie ecc. Infatti, se dovete pulire una bottiglia particolarmente sporca e unta, nulla c'è di meglio che le foglie di questa pianta miste ad un po' d'acqua. Alcune vigorose sbattute e, dopo aver estratto i frammenti di foglie, il vetro brillerà per l'azione pulente dei peli setolosi della parietaria, particolarmente detergenti.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Orticacee. Possiede un fusto eretto, ruvido e legnoso, abbondantemente peloso, di colore rossiccio e della lunghezza di 20-70 cm. Le foglie sono sparse sul fusto, hanno un lungo gambo, forma ovale con punta acuta e base a forma di cuneo, margine intero, lucide nella parte superiore, pelose sotto. I fiori di colore verdastro, sono piccoli e raccolti in globi. Il polline può provocare allergia. E molto comune sui muri, nei ruderi e nei boschi, fino a circa 1000 m. La parietaria fiorisce in primavera e ogni parte di essa è utilizzabile. Fresca è più efficace, ma se si desidera, occorre che l'essiccazione avvenga al sole, e molto rapidamente: le pianticelle devono essere rivoltate spesso perché asciughino bene da ogni parte. La si conserva in vasi di vetro da riporre in luogo asciutto onde evitare dannose fermentazioni. La parietaria è ricca di sostanze amare, sali minerali e composti chimici. Possiede proprietà diuretiche, sudorifere, depurative, emollienti e antireumatiche.

Utilizzo 

Le foglie della parietaria diventano morbide e dolci una volta cotte e si usano in minestre, ripieni, praticamente con tutti gli usi dell'ortica. Per l'uso commestibile è meglio però raccogliere le foglie della parte superiore più succose. La sua diffusione nella medicina popolare è dovuta principalmente alla sua attività depurativa e diuretica. Per rendere più accettabile il sapore di infusi e decotti si consiglia di aggiungere qualche goccia di succo di limone.
Cataplasma contro ascessi, foruncoli e piaghe: raccogliere una manciata di foglie e steli di parietaria fresca, lavarli, asciugarli, stenderli sopra una falda di garza e batterli con la costa di un coltello per fame uscire tutto il succo possibile. Applicare quindi sulla parte malata.
Infuso contro il catarro bronchiale: versare 10 g di pianta secca di parietaria in un litro d'acqua bollente e attendere 10 minuti prima di filtrare. Bere con miele l'infuso a tazzine in mezza giornata. Infuso diuretico: far bollire un litro d'acqua e versarvi 30 g di pianta secca. Attendere che sia tiepido e berne tre o quattro tazzine al giorno.
Vino di parietaria contro le disfunzioni di fegato: scaldare un litro di vino rosso di buona qualità con un pezzetto di scorza d'arancia. Quando comincia a bollire allontanarlo dal fuoco e versarvi 30 g di foglie fresche. Far raffreddare, filtrarlo e berne un bicchierino al termine dei pasti.
Miele contro le affezioni polmonari: ridurre in polvere 10g di foglie secche. Amalgamarvi 10 g di miele e prenderne un cucchiaino ogni due o tre ore.
Succo fresco: raccogliere parecchie piantine di parietaria fresca, lavarle in molta acqua corrente, sgocciolarle e farle asciugare distese per 10 minuti, poi raccoglierle in un tovagliolo. Torcere il fagottino di foglie da spremere il succo e raccoglierlo in un recipiente. Prenderne da 30 a 100 g al giorno ed è utile per i calcoli renali.

venerdì 18 settembre 2015

L'efficacia del balsamo di Tolù per la tosse e la pelle

Chi come me è un assiduo frequentatore di erboristerie e crede fermamente che Madre Natura ci fornisce tutto ciò che ci occorre per prevenire e curare il nostro corpo e mantenerlo in salute, avrà sicuramente visto o sentito parlare del balsamo del Tolù. Il nome, così esotico, deriva direttamente dalla regione stessa in cui viene prodotto: la Colombia. La pianta da cui si ricava è il Myroxylon toluiferum.


Si tratta propriamente di una resina che si ricava dall'incisione della corteccia di questo albero e successivamente distillata a vapore fino all'ottenimento del balsamo. Vorrei qui fare una precisazione: per balsamo si intende appunto un liquido resinoso prodotto da certi tipi di piante e che a contatto con l'aria diventa vischioso e solido.  Il balsamo di Tolù ha due principali proprietà: è un ricostituente della pelle, e anche curativo del sistema respiratorio.

La sua fama è legata essenzialmente alle sue proprietà espettoranti e antispasmodiche che combattono la tosse e giovano alle vie respiratorie, sia in caso di tosse secca che grassa, In entrambi i casi sono ottimi i suffumigi, fatti sopra una bacinella di acqua molto calda in cui siano state diluite 2 gocce di questo balsamo e 2 di Eucalipto. L'efficacia di questo mix è davvero sorprendente. Il balsamo di Tolù viene usato anche con altre sostanze balsamiche per la preparazione di sciroppi naturali per la tosse.

Questo balsamo oltre che per uso interno, può essere efficacemente usato anche per la purificazione degli ambienti, infatti se si possiede un brucia essenze, basterà porre 3 gocce di Tolù con un po' d'acqua e 3 gocce di olio essenziale di mirra per purificare l'ambiente e facilitare la respirazione.

Infine, potete anche aggiungerlo ad una crema (5 gocce) per il corpo, che oltre a regalare un ottima fragranza, ha un efficace proprietà lenitiva e anti arrossamento.




giovedì 10 settembre 2015

Ononide Spinosa, per l'apparato urinario

Ononide Spinosa è un nome botanico alquanto particolare, certo spinosa è ben chiaro a tutti, ma ononide può certo suscitare qualche dubbio. In realtà deriva dal greco "onos" che significa asino, poichè di questo arbusto gli asini si dice siano golosi. E' questa una pianticella spontanea molto resistente con dei deliziosi fiori rosa. Ma perchè dovrebbe interessarci? Perchè è assai benefica per il nostro organismo. La fitoterapia infatti ne usa le radici in cui sono presenti sostanze come glucosidi isoflavonici, olio essenziale, triterpeni e sitosteroli.


Ma quali proprietà ha questa pianta? Principalmente proprietà diuretiche, spamolitiche e antinfiammatorie dell'apparato urinario. Ben la conoscevano i nostri antenati Greci e Romani che la usavano per aumentare la produzione di urina al fine di espellere i calcoli renali. Oggi in particolare la sue proprietà diuretiche aiutano coloro la cui funzionalità renale diminuisce e quindi nel sangue si ha un accumulo di sostanze azotate che possono seriamente intossicare l'organismo.  Inoltre l'Ononide è un decongestionante del fegato. La si può usare in forma di decotto o infuso (benefico per la gola arrossata o le gengive tendenti al sanguinamento).

Questa sua doppia valenza, diuretica e depurativa può migliorare i reumatismi e alcuni tipi di dermatiti. Infatti è possibile utilizzarla anche per uso esterno per calmare il fastidioso prurito delle forme eczematose. Bisogna però prestare attenzione se si fa uso a lungo degli estratti di questa pianta in quanto son possibili interazioni con i diuretici causando squilibri elettrolitici. Ma non è tutto le sue foglioline appena nate possono essere aggiunte in modica quantità anche alle insalate (non esagerate, perchè sono lievemente tossiche). Prima però di farne uso è sempre bene chiedere consiglio ad un esperto o al proprio medico.




mercoledì 9 settembre 2015

Barba di meliga: il mais che depura

Il mais o granturco è parte integrante della nostra alimentazione, le sue belle pannocchie, dalle tante varietà e i suoi chicchi, vengono usati in cucina in tantissimi modi. Meno conosciute invece sono le proprietà della sua "barba", utilizzata invece nella fitoterapia. Le barbe di meliga non sono altro che quei sottili filamenti che fuoriescono dall'involucro che protegge la pannocchia, scientificamente parlando essi sono gli stigmi dei fiori.

Quando son freschi, tali filamenti sono di colore giallino, colore che va via scurendosi mentre si essiccano fino a diventare rosso-bruni, ed è proprio a questo punto che essi diventano un potente diuretico. Proprio questa sua caratteristica rende le barbe di meliga utili nella cura delle affezioni genitali e urinarie, in particolare si rivelano ottime per la cistite e la prostatite nelle loro manifestazioni croniche.Un' altra delle sue proprietà è che le barbe sono un buon antispastico efficace contro i crampi alla vescica e all'utero, ed in generale sono un depurativo dell'organismo.

Come si usano le barbe di meliga? In fitoterapia si usano sottoforma di infuso o decotto entrambi utili in caso di coliche ed edemi renali e per la ritenzione idrica, nemica giurata delle donne. Bisogna però prestare attenzione e farsi consigliare sempre da un esperto, poichè in soggetti predisposti possono provocare reazioni allergiche. Ecco dunque come preparare un infuso e un decotto.

Infuso:  porre una bella manciata di barbe in un litro abbondante di acqua e  consumare da 5 a 6 tazze al giorno.

Decotto: per uso esterno,sulle parti doloranti, si prepara con una buona manciata e mezzo di barbe in un litro d’acqua. Con le stesse proporzioni di barbe e di acqua si possono preparare anche bagni e pediluvi.


lunedì 27 luglio 2015

Issopo, di un'acqua di bellezza e altre cure

Hyssopus è il nome della pianta, mentre officinalis sta a significare che veniva usata nelle antiche farmacie. L'issopo ha goduto di grande fama nell' antichità. Legato a riti di purificazione è molto citato nel Vecchio e nel Nuovo Testamento fino ad entrare in formule liturgiche. In epoca romana lo troviamo citato in alcune ricette di Apicio: in realtà, però, non si trattava di questo issopo, bensì dell'Origanum hirtum, erba aromatica propria dell' isola di Creta. Durante il medioevo, l'issopo ha avuto grande fama come erba medicinale. Tra l'altro veniva usato per curare i morsi dei serpenti velenosi e per ammazzare i pidocchi.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianticella cespugliosa, perenne, originaria delle regioni mediterranee e dell' Asia centrale, appartenente alla famiglia delle Labiate, con fusto eretto, legnoso, alto 20-60 cm. Le foglie sono appuntite, senza gambo, poste a due a due l'una contro l'altra. I fiori, a forma di tubo ricurvo, hanno i lembi divisi in due parti, e sono tutti rivolti da un lato formando una specie di spiga. Possono essere azzurro-cerulei, ma anche rosa o bianchi. Il frutto è composto da quattro parti ovali allungate.

Da tutta la pianta emana un forte odore aromatico simile alla canfora. In Italia, l'issopo cresce spontaneo in tutte le zone collinari e submontane, prediligendo però i luoghi sassosi, calcarei e ben esposti. Riesce a sopportare il freddo invernale e la siccità, ma deve essere coltivata in una zona ben esposta al sole. La fioritura avviene in maggio-giugno e dura fino all'autunno. Le foglie si raccolgono quando sono ancora tenere e i fiori in giugno-luglio. L'issopo appena raccolto deve essere subito portato ad essiccare perché si riscalda facilmente. E pianta ricchissima di principi attivi. Possiede proprietà digestive, cicatrizzanti, astringenti e depurative.

Utilizzo

In cucina, l'issopo viene usato come condimento per minestre, carni e pasticci insieme ad altre erbe e spezie. Il sapore è amarognolo ma piuttosto gradevole.
Per uso cosmetico si può preparare un' acqua di bellezza mettendo in infusione in mezzo litro d'acqua tiepida una manciata di sommità fiorite di issopo. Filtrare dopo un'ora e conservare il liquido in una bottiglia. Dopo aver lavato e asciugato accuratamente il viso e il collo, passare sulla pelle un batuffolo di cotone imbevuto di quest'acqua.

L'infuso tonifica i muscoli del viso e del collo e dà colore alle guance se sono pallide. La medicina popolare prevede un gran numero di preparazioni a base di issopo.
Le eruzioni cutanee si curano versando 50 g di sommità fiorite di issopo in un litro d'acqua bollente e filtrando il liquido quando è tiepido. L'infuso va usato per lavaggi sulle parti colpite.
Per curare l'asma bisogna mettere 50 g di sommità fiorite oppure di foglie di issopo in un litro d'acqua bollente. Lasciar macerare per 20 minuti, poi filtrare il liquido. Se ne devono bere quattro o cinque tazze al giorno.

In caso di catarro ostinato, far bollire un cucchiaino di sommità fiorite di issopo. Filtrare, addolcire con un poco di miele, bere subito e mettersi a letto al caldo.
Sciroppo per la tosse: far bollire 500 g d'acqua con 800 g di zucchero. Quando questo è sciolto, allontanare il recipiente dalla fiamma e aggiungere allo sciroppo 50 g di sommità fiorite di issopo. Filtrare il liquido quando si è perfettamente raffreddato e versarlo in una bottiglia. La dose è di un cucchiaino la mattina a digiuno e uno la sera prima di coricarsi. Le contusioni si curano mettendo in infusione 100 g di sommità fiorite di issopo in un litro d'acqua bollente. Filtrare il liquido quando è tiepido e adoperarlo per fare impacchi con il cotone sulla parte colpita.

venerdì 24 luglio 2015

Farsi amica l'ortica

Chi girella in campagna di sicuro ha fatto il suo incontro con l'ortica toccando erroneamente le sue foglie, che rilasciano un liquido molto urticante che si chiama acido formico. Spesso viene considerata un'erbaccia da cui tenersi lontani, ma attenzione le foglie di ortica sono invece un concentrato di preziosi benefici per la nostra salute. Essa infatti è una pianta molto depurativa. Vediamo a cosa è utile.


L'ortica è una pianta è molto depurativa che riaccende l’energia vitale presente in ognuno di noi. E' una pianta erbacea perenne, è molto comune, cresce lungo le strade di campagna, nei boschi e nei campi incolti, appartiene alla famiglia delle urticacee. Le sue foglie sono ricche di flavonoidi, dalla potente azione anti radicali liberi, inoltre è ricca di calcio e potassio, è molto vitale cresce e si diffonde rapidamente, raggiunge un’altezza massima di 150 centimetri. Ha una forte azione depurativa e diuretica, contrasta l’acidosi del sangue che è causa primaria di numerose malattie, è vasocostrittrice quindi molto utile in caso di emorragie, riduce i livelli di zuccheri nel sangue, è digestiva, stimola le difese dell’organismo ed è molto utile in fase di allattamento, in quanto ne aumenta la produzione.

Con l'ortica si può fare un ottimo infuso da assumere tre volte al giorno, in caso di sistema immunitario debole, debolezza fisica provocata da malattie da raffreddamento, molto indicata in caso di ritenzione idrica, reumatismi e gotta.

Versare un cucchiaino raso di ortica taglio tisana in una tazza, versare acqua bollente e lasciare in infusione a recipiente coperto per dieci minuti massimo, filtrare e bere durante la giornata, a piacere si può aggiungere un cucchiaino di miele biologico per renderne il gusto un po’ più dolce. Il decotto d’ortica applicato sui capelli ancora bagnati dopo lo shampoo, è molto utile in caso di capelli grassi, ne previene l’insorgenza, ricordo inoltre che l’ortica ci viene in aiuto anche in caso di caduta dei capelli, si può quindi assumere la tintura madre d’ortica trenta gocce in un po’ d’acqua per tre volte al giorno, fino a miglioramento del sintomo. Come ultimo consiglio vi propongo l’utilizzo dell’ortica come lozione per detergere la pelle del viso, specialmente in caso di pelle grassa: immergete un batuffolo di cotone nell’infuso freddo e applicate più volte sulla zona interessata evitando il contorno occhi, mattina e sera.


martedì 21 luglio 2015

Verbena o Vervain, il fiore di Bach per chi persegue fanaticamente i propri ideali

La Verbena officinalis o Vervain, è una delle piante più diffuse in Europa.  E' piuttosto robusta e presenta piccoli fiori color lilla-malva. E' il fiore di Bach cui si adatta la parole chiave  “fanatico”, ma può essere anche visto come un predicatore, un informatore, missionario o un martire.

I caratteri Vervain hanno un travolgente entusiasmo, di solito impegnati in iniziative sociali,  idealisti, sono scattanti, veloci, attivi, irascibili, nervosi, mentre parlano si muovono spesso e cercano sempre “seguaci”. Se però non sono in sintonia con se stessi  esagerano con l'iperentusiasmo cercando perciò di convincere gli altri ad andare verso la loro causa. Rifiutano però la sconfitta a vanno avanti per molto prima di arrendersi. Questo modo di comportarsi porta con sé molta pressione, sfiancando il prossimo,  la loro esagerazione stanchi i loro "adepti", i quali alla fine li abbandonano.


Son caratteri che si irrigidiscono e difficilmente ascoltano le idee all’esterno, perseguendo fanaticamente solo le loro. Ecco che questo fiore di Bach porta benefici fondamentali per costruire un percorso e ripartire, armonizzando la parte alta del corpo, facendo silenzio tra le perturbazioni mentali; ingenera tolleranza e lungimiranza nella vita, saggezza, relax e moderazione, creando opinioni ben salde, ma flessibili.

• Emozioni iniziali-inibite (prima di prendere il fiore): Entusiasmo eccessivo, l’ipereccitazione, iperattività e rigidità.
 • Emozioni evolutive-sciolte (dopo aver assunto il fiore): Moderazione e calma, capacità di rilassarsi, tolleranza e flessibilità. Il dott. Edward Bach indicata così l’effetto benefico del rimedio: “… I grandi successi si ottengono più con la sostanza che non con l’azione… ”.

E' particolarmente adatto per chi ha idee e principi ben radicati che ritengono giusti e che sono disposti a cambiare molto raramente. Queste persone sono pertanto dedite totalmente a un'idea o al lavoro, hanno coraggio e costanza; per questo viene usato nei casi in cui lo smodato entusiasmo svii l’individuo con il conseguente insorgere di stanchezza.

Sono coloro che hanno i nervi a fior di pelle, non amano ascoltare i consigli altrui, si irritano facilmente, sono ipertesi e non riescono a rilassarsi. Nei bimbi ipercinetici questo fiore è usato con successo, inoltre viene utilizzato nei trattamenti di mal di testa dovuto ad una tensione muscolare e nervosa, per fibromialgie, crampi muscolari e diarrea. Prezioso per coloro che tendono ad essere troppo e si attaccano alle “questioni di principio”, che cercano la sfida e contemporaneamente la meta, che hanno una forte volontà e sono ribelli e sono disposti a sacrificare la vita per il successo dei loro ideali e per il bene dell’umanità.

mercoledì 8 luglio 2015

Timo, straordinario in cucina, e di un bagno rinforzante per bambini, e poi infuso, decotto

Thymus deriva dall' egizio tham, una specie di timo usato nelle imbalsamazioni, ripreso dai Greci col significato  di "pianta profumata" e Thymus vulgaris tradotto in latino da Virgilio che usò questo nome per primo; vulgaris perché molto comune. I Greci apprezzavano moltissimo un miele ricavato dai fiori di herpillon, una specie di timo molto frequente sui monti presso Atene, e al timo in genere riconoscevano virtù straordinarie nelle malattie di petto, così come affermato successivamente dal medico filosofo greco Galeno che, oltre a suggerirlo in polvere a chi soffriva di dolori articolari, lo considerava il più potente antisettico conosciuto.

 I Romani cominciarono a introdurre il timo in cucina e a profumare con esso vini e formaggi tramandandolo così ai posteri. Nel medioevo è sempre in auge e il naturalista Jambobino da Cremona lo gratifica di "erba di molto buon odore e di grande dolcezza" . Le dame usarono donarlo al cavaliere del cuore perché fosse da esso protetto in battaglia. Le fanciulle, il 20 gennaio, lo ponevano sotto il cuscino per conoscere il ragazzo che avrebbero poi sposato. Quando non esistevano i frigoriferi, il timo veniva impiegato per la conservazione degli alimenti,. vista la notevole presenza di olio essenziale ad azione antiputrida, quindi non per niente gli Egizi lo usavano nelle imbalsamazioni.

Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di un arbusto perenne, aromatico, appartenente alla famiglia delle Lamiacee (ex Labiate) originario dell'area mediterranea. L'apparato radicale è a forma di cono rovesciato (fittone) da cui si diparte il fusto abbondantemente ramificato, legnoso alla base ed erbaceo alle sommità: i rami sono bianchi per l'abbondante presenza di peli, ed eretti. Le foglie sono opposte, appuntite, senza gambo, di colore verde-cenere, disposte in mazzetti sui nodi dello stelo. I fiori, di colore bianco-roseo, sono riuniti in specie di spighe in cima ai rami. Il frutto, diviso in quattro, è di color marrone. Cresce bene dal mare alle regioni montane fino a 1500 m. Si trova di preferenza nei luoghi aridi, pietrosi e soleggiati. Preferisce i climi caldi, non sopporta i freddi prolungati e si ottiene un prodotto più aromatico se cresce in terreni ricchi di calcare. Si raccolgono le sommità fiorite, o i giovani ramoscelli quando sono in fioritura, in maggio-luglio. La raccolta deve avvenire nelle prime ore del pomeriggio" tagliando i rametti a 5 cm dal suolo, evitando di recidere le parti legnose. E da tener presente che le foglie più basse sono più ricche di olio essenziale rispetto a quelle della parte superiore. L'essiccazione avviene all'ombra in un luogo aerato disponendo i rametti sopra un foglio di carta poiché tendono a perdere le foglie. Si conserva in recipienti di vetro o porcellana. I principi attivi del timo hanno proprietà digestive, balsamiche, depurative e efficaci nella cura della tosse.

Utilizzo

Il suo impiego alimentare è dovuto non solo alle sue caratteristiche aromatiche, ma anche a quelle antisettiche che facilitano la conservazione dei cibi. Per marinare la carne o il pesce si può usare l'olio o l'aceto al limo facendo macerare qualche rametto di timo, per almeno 20 giorni, in un buon olio extra vergine di oliva o in un buon aceto di vino.
Numerosi gli impieghi nella medicina popolare.
Bagno rinforzante per bambini: far bollire in due litri d'acqua 100 g di foglie di timo e versare il liquido filtrato nella vasca contenente l'acqua calda necessaria per un bagno.
Infuso per lavare ferite o piaghe: versare in una tazza d'acqua bollente un pizzico di timo, poi filtrarlo quando è tiepido e adoperarlo per lavare le ferite che si cicatrizzeranno rapidamente.
Digestione difficile: al termine di ogni pasto bere una tazzina d'acqua calda in cui sia stato lasciato in infusione per 5 minuti un pizzico di timo.
Contro la tosse spasmodica giova un decotto ottenuto facendo bollire per alcuni minuti 25 g di sommità fiorite di timo in un litro d'acqua. Dolcificare con del miele e berne 3 tazze al giorno lontano dai pasti.
Per diminuire l'irritazione determinata dalla puntura di un insetto bisogna eliminare il pungiglione, quindi frizionare sulla puntura delle foglie fresche di timo.
Per eliminare i segni di affaticamento del viso sono consigliabili dei suffumigi ottenuti da una manciata di timo posta in un catino d'acqua bollente.

lunedì 6 luglio 2015

Solidago virga aurea contro le infezioni urinarie e per purificarsi

E' ufficiale, fa caldo, anzi caldissimo, e molti di noi si sentiranno sicuramente fiacchi. Spesso questa stanchezza è causata da un accumulo di tossine depositate nei tessuti, le quali rendono difficoltoso il metabolismo cellulare. In questo caso per eliminarle si deve intervenire sugli organi emuntori ed in particolar modo sui reni per una profonda pulizia. A questo scopo ci viene in aiuto Madre Natura, offrendoci i servigi della Solidago virga aurea, o verga d’oro per i suoi vistosi fiori giallo-dorati.


La Solidago era conosciuta anche nell'antichità per i suoi effetti diuretici, e per questo si presta bene ad una cura detossinante. Grazie ai suoi principi favorisce la diuresi e in più, l’eliminazione di azoto e acidi urici, sostanze molto acide e infiammanti che sono fisiologicamente generate dai processi metabolici e dall’assimilazione dei nutrienti. Perciò questa pianticella è utilissima nel ristabilire l’equilibrio del sistema di filtraggio dell’organismo e per far tornare i reni vitali ed efficienti; contribuendo così anche ad eliminare i ristagni d’acqua (compresi quelli accompagnati da edemi) e i gonfiori diffusi. E c'è anche un altro utile vantaggio: la sua azione riguarda anche la prevenzione della renella e dei calcoli, di cui i suoi principi attivi ostacolano la formazione e favoriscono l’espulsione.

Per una cura depurativa, si possono assumere 20-40 gocce di tintura diluite in poca acqua, oppure 3 capsule al dì di estratto, 3 volte al giorno, prima dei pasti principali. La pianta è ben tollerata e di solito non ha effetti indesiderati, ma è meglio non assumerla in caso di terapia già in corso con farmaci diuretici, per non acuirne gli effetti.

I fiori di Solidago possono essere associati anche ad altre erbe drenanti come la gramigna e la betulla, o antinfiammatorie come la liquirizia, e quindi contribuire ancor più ad una depurazione profonda. Ecco una buona tisana:  mettere in infusione, in un litro d’acqua bollente, 10 g di sommità fiorite di verga d’oro, 10 g di radice di gramigna, 10 g di foglie di betulla e 10 g di radice di liquirizia.



sabato 4 luglio 2015

Levistico, di un brodo e di alcuni infusi

Levisticum viene dal verbo latino levare perché la pianta solleva dalle digestioni difficili; officinale perché usato nelle antiche farmacie. ll levistico, o sedano di montagna, spesso si trova nei pressi di antiche malghe o in zone abbandonate dove un tempo c'erano gli orti. Infatti nei tempi andati questa pianta era molto coltivata, venendo usata sia come condimento che come medicinale. 


Originario dell' Europa meridionale, il levistico ebbe grande fortuna presso Greci e Romani e in Apicio lo troviamo pressoché dovunque. Successivamente furono i Benedettini a tenerlo in auge, utilizzandolo macerato nei liquori e negli 'elisir a scopo digestivo.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Apiacee (ex Ombrellifere). Di notevole struttura con parecchie radici succose e fusto cilindrico, molto alto e ramificato. Le foglie alla base sono molto grandi, composte in stratificazioni di due o di tre. Le foglie superiori sono più piccole e prive di gambo. I fiori sono riuniti in grosse ombrelle di colore giallognolo e il frutto è formato di due parti secche, contenenti ognuna un solo seme. Le foglie si raccolgono in primavera-estate, i fiori in luglio-agosto. L'essiccazione avviene disponendo le foglie su di un telo, in luogo aerato. Le ombrelle vengono riunite in mazzi e appese in luogo ombreggiato. Quando sono ben secche si battono per separare i semi. Si conservano in vasi di vetro e questo è uno dei casi, non molto frequenti, in cui le foglie secche sono più aromatiche di quelle fresche. I principi attivi sono olio essenziale, sostanze resinose, sostanze tanniche e acidi organici. Possiede qualità terapeutiche molto notevoli essendo un potente diuretico e tonico dell'intestino.

Utilizzo

Oggigiorno il levistico non è molto usato in cucina, a torto perché le foglie danno un profumo particolare a minestroni, sughi e altre pietanze.
Brodo vegetale: mettere in una pentola, con un litro e mezzo d'acqua fredda, 2 patate, 3 carote, 1 cipolla, 1 pomodoro, 1 gambo di sedano e una foglia spezzettata di levistico. Portare a ebollizione a fuoco molto moderato, salare e lasciar cuocere per circa un'ora. Togliere dal fuoco, eliminare le verdure e passare il brodo attraverso il colino.
Nella medicina popolare, illevistico è stato sempre utilizzato. Tra i montanari è radicato l'uso di liberare le vie aeree dal catarro solamente inalando i vapori dell'acqua bollente in cui si gettano ripetutamente a pizzichi le foglie e i frutti seccati.
Infuso depurativo: versare 30 g di radice di levistico in un litro d'acqua bollente. Filtrare il liquido intiepidito e berlo a tazzine durante il giorno.
Infuso contro il meteorismo intestinale e le flatulenze di stomaco: in un litro d'acqua bollente versare 10 g di semi di levistico e bere l'infuso filtrato nella dose di tre tazzine al giorno.


sabato 27 giugno 2015

Il Tarassaco, di un amaro che se ne ricava e la ricetta dei boccioli all'aceto

Taraxacum è un insieme di parole greche con il significato di "rimedio dopo ogni male"; officinale perché usato nelle antiche farmacie. Forse meglio conosciuto come dente di leone, il tarassaco è oggetto di raccolta alimentare sin dai tempi remoti. Di esso si consumava tutto: radici, foglie, gemme. Non per niente è considerato la più completa delle cicorie selvatiche, uno degli ortaggi migliori sotto tutti i punti di vista.



Caratteristiche e proprietà 

È pianta 'erbacea perenne della famiglia delle Asteracee (ex Composite). Le foglie sono disposte a rosetta alla base. La loro forma è allungata, appuntita, a volte ondulata o dentata. La nervatura centrale è rilevata. I fiori sono gialli, riuniti a corolla. I frutti, riuniti a palla, hanno appendice PlUmata. Fiorisce in primavera con rifioritura autunnale. Le foglie e le radici, tagliate nel senso della lunghezza, si fanno essiccare all'aria ma all'ombra. Foglie e fiori sono ricchi di vitamine, calcio, ferro e proteine. In confronto alle normali cicorie il tarassaco è ben più ricco anche di proteine. La radice, unica parte utilizzata in medicina, è ricca di principi attivi. Il tarassaco è antinfettivo, ricostituente generale, antianemico, mineralizzante, depurativo del sangue, stimolante biliare, diuretico, e tonifica il fegato.

 Utilizzo 

Le foglie tenere crude si usano in tutte le insalate miste, quelle più vecchie in preparazioni cotte; i fiori nelle insalate e per bevande fermentate; i boccioli sotto sale o sotto aceto come succedanei dei capperi. Boccioli di tarassaco all' aceto: raccogliere boccioli molto piccoli di tarassaco e lasciarli appassire per un paio d'ore, cosparsi di sale, tra due teli. Bollire l'aceto con due spicchi d'aglio e alcune foglie d'alloro. Chiudere in un vaso e attendere almeno una settimana prima dell'utilizzo. Non dimenticare di sciacquare i boccioli prima dell'uso.
Amaro al tarassaco: in un vaso molto capace, macerare per tre giorni in 250 g d'alcol puro a 90° 50 g di scorza d'arancia amara. Fare bollire, in 7,5 dl d'acqua, 100 g di radice e 100 g di foglie e fiori seccati di tarassaco. Aggiungere 100 g di zucchero e 10 stigmi di zafferano, coprire e lasciar raffreddare completamente prima di versare tutto nel vaso dell'alcol e delle scorze d'arancia. Mescolare, tappare, riporre in luogo scuro scuotendo molto spesso durante i 20 giorni di macerazione. Dopo questo tempo colare spremendo bene le erbe, filtrare, riporre in bottiglia scura aspettando almeno sei mesi prima dell'uso. È un ottimo digestivo.
Nella medicina popolare, anche consumate fresche e crude le foglie di tarassaco esplicano la loro qualità di depurative del sangue. È quindi consigliabile mangiame parecchie in primavera.
Decotto depurativo: far bollire in un litro d'acqua 100 g di radice di tarassaco e prenderne tre tazzine al giorno.
Infuso depurativo: in un litro d'acqua bollente, mettere a macerare 25gr di foglie di tarassaco e filtrare l'infuso quando è freddo. Berne un bicchierino a digiuno ogni mattina.
Decotto contro i calcoli al fegato: far bollire in un litro d'acqua per 5 minuti 80 g di radice di tarassaco e bere ogni giorno due o tre tazze di decotto. Succo di tarassaco contro i calcoli renali: raccogliere foglie e radici fresche di tarassaco, ripulirle bene, poi strizzarle con un tovagliolo pulito. Addolcire il succo con poco zucchero e prenderlo a cucchiaini nella dose giornaliera di 20 o 30 g.


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