Continuiamo con la misteriosa mandragora, e la sua storia nel corso dei secoli . Dioscoride nel I secolo d.C. testimonia l’impiego della radice di mandragora, stemperata nel vino, come antidolorifico nei pazienti sottoposti a incisioni e cauterizzazioni.
Il suo uso come analgesico era noto anche a Roma, infatti lo stesso preparato (importato dall’Egitto) era anche in uso (come anche la coda essiccata di vipera) contro il mal di denti. Addirittura negli erbari medioevali attribuivano si attribuivano poteri prodigiosi a tutte le parti di questa pianta, alcuni di essi corrispondenti a verità, quali ad esempio la proprietà di indurre anestesia. Arnaldo da Villanova verso la fine del XIII secolo, che fu tra i rappresentanti più eminenti della famosa Scuola Medica di Montpellier, riporta una “ricetta anestetica” consistente nell’applicare sul naso e sulla fronte del paziente un panno imbibito di un miscuglio acquoso di oppio, mandragora e giusquìamo in parti eguali, che consentiva di far “cadere il paziente in un sonno così profondo da poterlo operare senza che sentisse dolore e potergli quindi fare qualsiasi cosa”.
Tuttavia, come spesso accade, nel periodo del Rinascimento molte delle tante virtù medicinali proprie della mandragora furono contestate, benchè le farmacie fossero stracolme dei preparati più diversi a base della pianta. In realtà la gente continuava a credere che bastasse possedere un po’ di mandragora, anche senza utilizzarla, per assicurarsi la felicità, la salute e la ricchezza, la richiesta era molto alta. Persino là, dove non sussistevano le condizioni climatiche per la crescita della mandragora, esistevano abilissimi sofisticatori che provvedevano a soddisfare le crescenti e lucrose richieste trasformando in “autentiche”, piante che le assomigliavano solo vagamente.
La moderna Scienza ha riconosciuto alla mandragora i reali effetti sul corpo umano nel suo contenuto in principi chimici attivi come la scopolamina, l’atropina e la josciamina, le cui proprietà vengono oggi utilizzate dalla farmacologia ufficiale in dosi ben determinate. Nonostante tutto, nella medicina popolare la mandragora ha continuato ad avere avuto gli impieghi più diversi e fantasiosi: contro l’epilessia e la depressione, contro l’insonnia (commista a rosso d’uovo e latte di donna), contro l’incontinenza urinaria, nonché (in piccole dosi) come anestetico e antiveleno.
In forza delle sue virtù magiche, essa ha infuocato la fantasia di artisti e scrittori: come nella famosa commedia "La mandragola" (secondo l’antica dizione) di Niccolò Machiavelli, in cui la pianta è collegata alle credenze delle sue virtù erotizzanti e fecondanti, le novelle del Boccaccio, del Sacchetti, le numerose citazioni di Shakespeare. Tuttavia, nonostante le attuali convalidate conoscenze scientifiche circa la reale natura chimica e gli effetti farmacologici dei suoi princìpi attivi, nella fantasia popolare la mandragora ha mantenuto pressoché immutato l’antico fascino.
All’Orto Botanico di Berlino si è addirittura rinunciato a coltivarla: le Autorità comunali preferiscono mantenere vuoto lo spazio riservato alla sua coltivazione piuttosto che vederlo continuamente espoliato dai continui furti. E, assicurano gli esperti, nel convulso mondo odierno di super-computer e di missili interplanetari, esiste tuttora un fiorentissimo commercio di “preparati” di mandragora, contenenti frammenti delle sue radici (ma talora sono di rapa), variamente commisti a grani di papavero o di giusquìamo, a polvere di mirra o di ferro calamitato, e (nelle confezioni più ambìte e costose) a sangue di pipistrello. L’importante è crederci...