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mercoledì 2 dicembre 2015

Ogm free, attenzione alle etichette della soia, parte quinta

Ogni giorno consumiamo soia anche senza saperlo. E per convincerei di ciò basterebbe leggere le etichette dei prodotti alimentari. Allora costateremmo senza dubbi che prodotti da forno e da pasticceria, bevande dietetiche, pasta e surgelati hanno tra gli ingredienti i derivati della soia. I maggiori produttori a livello mondiale sono Brasile, Argentina, Cina e Stati Uniti con oltre 100 milioni di tonnellate l'anno. Nell'Unione Europea siamo grandissimi consumatori ma non altrettanto considerevoli produttori. La stessa Italia che pur ne produce notevoli quantità, ma la quota di soia è insufficiente a coprire il consumo interno, ne importa 1 milione di tonnellate l'anno. I nostri maggiori fornitori sono gli Stati Uniti con quasi seicentomila quintali di soia, prevalentemente transgenica.


Quindi soia e transgenico non è un rischio campato in aria. E il problema è ancor più aggravato dal fatto che la commercializzazione di queste derrate si verifica con modalità e con numeri che non permettono di separare il prodotto di diversa provenienza. Il bel risultato è che sulle nostre tavole può arrivare soia transgenica. Che fare? Innanzi tutto privilegiare il prodotto nazionale, e seguire quelle confezioni che riportano in etichetta l'assenza di prodotti geneticamente modificati «Ogm free».

Il passo successivo è, poi, di indirizzarsi sulla soia bio che per regolamento non può contenere Ogm: gli organismi di controllo italiani stanno portando avanti una azione di verifica veramente notevole per difendere il consumatore. La stessa sensibilità mostrano le grandi catene di supermercati: Esselunga, Conad, Coop, solo per citarne alcune, hanno scelto di commercializzare soia e altri alimenti bio tutti privi di organismi genetica mente modificati, garantiti attraverso un programma di controllo dell'intera filiera produttiva incentrata sulla tracciabilità, cioè la possibilità di risalire all'identità delle materie prime durante i processi di trasformazione e produzione, e analisi di laboratorio, effettuate dalla tecnica chiamata Per (Polymerase chain reaction). Su cosa si basa? Semplice, sulla ricerca di frammenti di Dna transgenico. Un elenco lunghissimo di cui fanno parte nomi grandi e piccoli dell'industria alimentare italiana e straniera.


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