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giovedì 21 aprile 2016

Antiche nanotecnologie: la Coppa di Licurgo

Antiche nanotecnologie: la Coppa di Licurgo. Come dico sempre, facciamo delle scoperte tecnologiche il nostro punto di forza, ma in realtà qualcuno prima di noi aveva già messo a punto tecniche molto avanzate. I Romani ce ne danno un esempio.

Pensate davvero che noi civiltà del terzo millennio siamo gli unici a saper utilizzare le nanotecnologie? Sì? Beh, abbiamo sbagliato, perché prima di noi, lo facevano i Romani e prova ne è la famosa "Coppa di Licurgo" un calice di 1600 anni fa. Si chiama così, perché la scena che rappresenta ritrae appunto il Re Licurgo ed è un calice in vetro, bellissimo.


Il calice che dal 1950 si trova al Britisch Museum, ha però una particolarità che ha sorpreso gli scienziati che lo hanno studiato. Esso infatti se illuminato da una fonte di luce diretta appare di color verde-giada, mentre se la fonte di luce è posta dietro il calice esso appare di color rosso sangue. Un bell'enigma. Ma già nel 1990, alcuni scienziati dopo aver esaminato alcuni frammenti del calice al microscopio, scoprirono che gli artigiani romani, erano parecchio avanti in fatto di conoscenze relative alle nanotecnologie. Infatti la tecnica usata consisteva nell’impregnare il vetro con una miscela di particelle di argento e oro, fino a farle raggiungere le dimensioni di 50 nanometri di diametro, meno di un millesimo delle dimensioni di un granello di sale.

Non è un effetto accidentale, gli artigiani romani sapevano molto bene cosa stavano facendo, come spiega Ian Freestone, archeologo presso l’ University College di Londra:  “Si tratta di un’impresa straordinaria”. Il meccanismo di funazionamento di questa tecnica è questo: quando il calice viene colpito con la luce, gli elettroni delle particelle metalliche vibrano in maniera tale da alterarne il colore, a seconda della posizione dell’osservatore.

Ma grazie ad una nuova ricerca coordinata da Logan Gang Liu, ingegnere presso l’Università dell’Illinois, e resa nota dallo Smithsonian Magazine, si è capito che questa antica tecnologia romana può avere utilizzi nella medicina, favorendo la diagnosi di alcune malattie e l’individuazione di rischi biologici ai controlli di sicurezza. “I romani sapevano come fare e come utilizzare le nanoparticelle per creazioni artistiche”, spiega il ricercatore. “Noi abbiamo cercato di capire se fosse possibile utilizzarla per applicazioni scientifiche”.

Infatti, il team guidato da Liu ha fatto un esperimento: sono stati creati una serie di recipienti in plastica intrisi di nanoparticelle d’oro e d’argento, realizzando degli equivalenti della Coppa di Licurgo. Una volta riempito ciascun recipiente con i più diversi materiali, come acqua, olio, zucchero e sale, i ricercatori hanno osservato diversi cambiamenti di colore. Il prototipo è risultato 100 volte più sensibile dei sensori utilizzati per rilevare i livelli salini in soluzione attualmente in commercio.

Grazie a questo esperimento i ricercatori sperano che un giorno questa tecnica potrà essere utilizzata per rilevare agenti patogeni in campioni di saliva o di urina, e per contrastare eventuali terroristi intenzionati a trasportare liquidi pericolosi a bordo degli aerei.Ancora una volta la storia ci insegna che non abbiamo inventato nulla, ma siamo stati cpaci di perdere preziose conoscenze nel tempo.

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