Ogni tanto, mi capita di riordinare libri e vecchi quaderni che riposano placidi sugli scaffali delle mie librerie. Nel tentativo di dare un ordine logico a pagine che sembrano sconclusionate, trovo qualche vecchio pezzo di una vita che mi appare lontana e quasi sognata, come questa lettera d'amore che scrissi tanto tempo fa per qualcuno che nemmeno ne comprese il significato.
01/03/1999
01/03/1999
Non chiedermi perché ti sto scrivendo adesso, non chiedermi perché ho ripreso a scrivere, non chiedermi perché ho meccanicamente aperto questo quaderno, dopo averne riempiti tanti e dopo averli abbandonati alla polvere di uno scaffale nascosto in una stanza ancora all'alba dell'infanzia.
Ma non dell'amore che ci hanno insegnato, non quello dei romanzi, non quello che si sogna quando ancora non si è capito cosa sia veramente.
Io parlo di un sentimento così forte, che fa male, che fa soffrire e che, come una lama affilata e gelida, affonda proprio lì, in mezzo al cuore.
Niente romanticismo, poche sbavature da film, è la vita di questo poderoso sentimento che ci nutre; ed è come un nettare dolce, quasi un inebriante profumo che porta dentro di sé il peso e il seme di uno strazio lacerante.
Non voglio essere felice se questo porta con sé la superficialità e l'ipocrisia, il canovaccio di una fattispecie inquadrata nei canoni che la società ci rovescia addosso. Non voglio vivere la virtualità di una realtà alla quale appartengo per il solo fatto di esserci caduta.
Se l'amore è sofferenza, è disagio, è rabbia, è pianto, è capriccio, allora per quanto possa essere duro da vivere, è questo che voglio.
E se la lontananza può avere effetti così devastanti dentro me, accetto anche la devastazione, perché trionfi quel sottile dolore misto a felicità che è fiorito in quel piccolo paradiso che io stessa ho creato nel mio cuore.
Ho perso anche questa battaglia verso e contro di me, poiché avevo giurato e spergiurato che non ci sarebbe stato più spazio nella mia vita per il dolore: no, non per il dolore, ma per il vuoto lancinante e profondo che ho e che sento grande, più grande!
Probabilmente stai dormendo, e io invece sono qui, a pensare che non ci sei, che mi manchi, e che quasi non ha senso il trovarmi qui.
Vorrei dividere con qualcuno tutto questo mio arrovellio, un rimuginare continuo, ma non resta altro che scriverlo, non ho altra scelta non credi?
Ho paura che questo incendio mi consumi, ho paura che tu te ne vada con questa storia e sai perché? Lasceresti dietro di te un deserto.
L'amore che c'è in me è così grande che non può essere rinchiuso in ordinati e forti argini, devi essere tu a trovare il modo di sfruttare l'energia che da esso promana; non troverai mai acque calme, ma una laguna che riposa su un vulcano ancora in piena attività.
Riconosco di avere dei lati che sono oscuri anche a me stessa, che sono lunatica, collerica, intollerante, dispettosa; a volte, e sono molte quelle volte, mi fingo indifferente.
Ma io devo nascondermi, devo ripararmi, se non voglio essere soffocata dai miei stessi sentimenti: al centro di tutto ci sei tu.
Guardami, e non fermarti agli occhi, ogni respiro, ogni sguardo, ogni battito di questo cuore ballerino, prima che per me, è per te.
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