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domenica 3 novembre 2013

PELI SUPERFLUI, DIE HARD


Ero ancora una ragazzina, a cui piaceva indugiare nella terra di mezzo fra l'infanzia e l'adolescenza, periodo quello in cui, in noi, si rafforza la consapevolezza del nostro corpo e dei cambiamenti a cui va incontro. Ma, e qui credo di ottenere consensi, dalle donne in particolare, una ben precisa consapevolezza si fa largo: la comparsa dei peli supeflui.
Ma che cavolo ci fanno sul nostro corpo? Insomma, dico io, non sono gli uomini ad averli quale emblema di virilità? Cosa centra che nascano anche a me sulle gambe? Perchè accanirsi all'inguine? E poi, stramaledetti, vorreste anche dare un tono di colore al mio labbro superiore?
Questi quesiti si susseguirono all'interno della mia mente facendo dei confronti con le mie donne di casa, che erano immuni a questo virus. Due potevano essere le risposte: o vi ponevano rimedio senza che io me ne accorgessi, oppure non ne avevano la necessità. 
Nel primo caso ero decisa a scoprire il segreto di tale eliminazione, nel secondo mi resi conto che avrei potuto subire un grave trauma.
Ricevetti un grave trauma, ma che ero, la figlia di un dio minore? No, mi dissero, ero solo figlia di mio padre, i cui capelli e relativi peli, erano neri come l'ebano, corvini insomma.
Non poteva essere, perchè proprio io? Ma come, loro potevano mettere in mostra le gambe in qualunque momento, infilarsi il bikini e via al mare e io no? Apriti o terra!
Di sicuro era una punizione divina, la pena del contrappasso, il karma di una vita precedente......
Tuttavia la mia disperazione non era utile alla risoluzione del problema (problema che ovviamente era enorme ai miei occhi, perchè alla fine poi tutta questa foresta nera non c'era....).
E mentre in casa mi si diceva di non farmene un complesso, io mi limavo e contorcevo, soprattutto quando le nonne davano voce alla saggezza popolare, che per altro in quel momento trovai essere una saggezza di infima categoria e solo per imbecilli: "Donna pelosa, donna virtuosa!" e giù a ridere.....
Io non ci trovavo nulla da ridere, ma proprio un fico secco di nulla e manifestai il mio disappunto per quell'ironia sciocca e frivola. Se non volevano darmi una mano consigliandomi la soluzione migliore, avrei fatto di testa mia, piuttosto quegli incomodi peli li avrei bruciati uno per uno.
Quando il resto del gineceo, capì che facevo maledettamente sul serio, pensò bene di assecondarmi, prima che trovassi soluzioni estreme, tipo la scarificazione.
Venni indirizzata presso un centro estetico, dove gli incomodi abitanti delle mie gambe furono attaccati dalla ceretta; ero talmente risoluta nel perpetrare il genocidio pilifero che persino l'estetista si chiese come facessi a non fare smorfie di dolore. Uscii con un senso di leggerezza mai sentito prima, pur sapendo che quella battaglia non era certo terminata lì. Quindi, per non dare tregua a quella gramigna infestatrice, mi dotai anche di un silkepìl, in modo tale che, al riapparire del praticello parassita, avrei annientato sul nascere la baldanza di quegli invasori.
Ho usato tutti i silkepìl esistenti sul mercato, ho testato le varie generazioni di questi ultilissimi strumenti, defalciatori dei residui della atavica pelliccia che ci ricopriva milioni di anni fa, e finalmente, ho sterminato alla radice i barbari invasori.
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