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martedì 31 maggio 2016

Le Sculture di Nuku Hiva, un mistero

Le Sculture di Nuku Riva, un mistero ancora oggi per gli archeologi. Si tratta di opere preistoriche dell'omonima isola della Polinesia. Ma perché tanto misteriose?


Vi sono particolari opere preistoriche di cui ancora ci sfugge il significato, probabilmente siamo noi a non capire. Spesso quello che abbiamo interpretato come frutto della fantasia si è in seguito rivelato invece un'importante testimonianza storica. E questo potrebbe essere il caso delle strane e quanto mai enigmatiche statue di Temeha Tohua che si trovano sull'isola di Nuku Hiva, nella Polinesia francese. 

Secondo una leggenda  Ono, il dio della creazione, aveva promesso alla moglie di costruirle una casa in un solo giorno, così egli raccolse della terra e creò l’isola di Nuku Hiva. Il nome originario delle isole era “Te Fenua `Enata”, che  significa “Terra degli Uomini”, nome che secondo alcuni studiosi voleva segnare una differenza con la terra abitata dagli “stranieri”. In effetti molte delle statue presenti sull’isola di Nuku Hiva sembrano rappresentare esseri di un altro mondo, perchè raffigurano personaggi con teste sproporzionatamente grandi, bocche spalancate e occhi enormi; in alcuni casi, è presente una bizzara miscellanea di tratti umani e non.

Osservandole emerge anche che questo strani esseri sembrano indossare quello che agli occhi dei moderni sembra essere un casco. Inoltre l'aspetto non è proprio rassicurante. La datazione è incerta. Alcuni studiosi pensano che possano risalire all’inizio del 2° millennio d.C., ma potrebbero essere molto più antiche. Ciò che è certo è che la loro origine e il loro significato restano un mistero irrisolto.

Questi esseri sembrano indossare un qualche tipo di abito, simile alle tute spaziali dei tempi moderni. Potrebbero essere antichi sacerdoti stranamente vestiti, oppure potrebbero rappresentare spiriti maligni da cui difendersi, ma, come sostengono i teorici, anche degli Antichi Astronauti, dunque la testimonianza di un contatto alieno avvenuto migliaia di anni fa?

Il mondo è pieno di raffigurazioni simili a quelle dell’isola di Nuku Hiva, come ad esempio le figurine di pietra degli Anunnaki scoperte in Iraq, i rettiloidi della Mesopotamia, oppure i Nomoli del Sierra Leone. Noi ad oggi non siamo ancora in grado di spiegarlo, ma più le guardiamo e più ci rendiamo conto che  le statue di Nuku Hiva non rappresentano esseri umani.

domenica 29 maggio 2016

Harappa, civiltà misteriosamente estinta

Harappa, civiltà misteriosamente estinta circa cinquemila anni fa, proprio quando godeva il suo massimo sviluppo e splendore. Eppure era una civiltà evoluta, perché si è misteriosamente estinta?


Le misteriose civiltà hanno sempre avuto su di me un'attrattiva incredibile, come la Civiltà della Valle dell'Indo che, cinquemila anni fa, godeva il suo massimo splendore. Si estendeva fra il Pakistan, l'India nord occidentale e l'Afghanistan orientale ed era tra le più importanti culture. Gli scavi che si sono susseguiti a partire dagli anni venti, hanno portato alla luce interessantissimi reperti fra  edifici, manufatti, rotte commerciali e un sistema di scrittura tutt'ora da decifrare. Ma fra i 3900 e i 3000 anni fa cominciò però un progressivo declino di cui non son chiare le cause. Una delle ipotesi fatta dagli studiosi è che probabilmente il diminuire delle piogge che facevano straripare i fiumi, rese di fatto impossibile la coltivazione della terra e fece sì che la popolazione si spostasse.


Liviu Giosan della Woods Hole Oceanographic Institution, negli Usa, in uno studio pubblicato su Pnas spiega: “Abbiamo ritenuto fosse finalmente ora di contribuire al dibattito sulla misteriosa fine di questo popolo”. Il lavoro del suo team, condotto  in Pakistan dal 2003 al 2008 ha potuto raccogliere e mettere assieme dati archeologici e geologici. Sono state elaborate mappe digitali del territorio grazie a foto satellitari e dati topografici collezionati dalla Shuttle Radar Topography Mission. La seconda fase si è esplicata nella raccolta e analisi di campioni del terreno per risalire all’origine dei sedimenti e comprendere come sonostati modificati nel tempo dall’azione di fiumi e vento. Grazie all'insieme di tutti questi dati è stato ricostruito lo scenario che vide l’ascesa, e il declino, della civiltà.

E' apparso che il destino della popolazione di Harappa, dipendeva dai monsoni. All’inizio, le piogge abbondanti alimentavano l’Indo e gli altri fiumi provenienti dall’Himalaya provocando inondazioni che lasciavano le pianure circostanti molto fertili.  Quando i monsoni iniziarono a diminuire, i fiumi smisero di straripare e la popolazione fu libera di costruire i suoi insediamenti lungo i corsi d’acqua, dove la fertilità del terreno rese fiorente l’agricoltura. Ma la scarsità di piogge limitò le pratiche agricole e costrinse la popolazione a spostarsi verso est nella piana del Gange, dove le piogge continuavano.
Tutto ciò trasformò totalmente la cultura: le grandi città lasciarono il posto a piccole comunità agricole, segnando la fine della civiltà urbana della Valle dell’Indo.

Inoltre i ricercatori credono di aver dato una risposta anche al mistero del famoso fiume Sarasvati, uno dei sette fiumi che, secondo gli antichi testi indiani Veda, attraversava la regione a ovest del Gange e veniva alimentato dai ghiacciai perenni dell’Himalaya. La teoria più attendibile è che il Sarasvati corrisponda al Ghaggar, un fiume intermittente che scorre solo nella stagione monsonica per poi dissiparsi nel deserto lungo la valle di Hakra. Se ciò fosse vero, i dati geologici non confermerebbero l’origine himalayana del Sarasvati. A quanto pare  il fiume è sempre stato alimentato dai monsoni e in seguito la desertificazione lo abbia infine ridotto a un corso d’acqua stagionale.

Grazie al ritrovamento di n sito archeologico al largo delle coste occidentali dell’India sembra che la civiltà indiana potrebbe essere antica di 9000 anni fa, diventando di diritto una delle più antiche del mondo. Le immagini catturate da un sonar del fondo marino hanno rivelato l'esistenza di strutture che somigliano a quelle costruite dall’antica civiltà Harappa. Si tratta della prima scoperta di strutture così antiche sotto la superficie del mare.



giovedì 26 maggio 2016

La Mummia delle San Pedro Mountains

La Mummia delle San Pedro Mountains è ancora oggi un vero e proprio mistero archeologico e antropologico. Fino al suo ritrovamento era solo una leggenda dei nativi americani ed invece...


Risale ai primi anni dello scorso secolo una sorprendente scoperta fatta da due avventurosi cercatori d'oro,  Cecil Mayne e Frank Carr, sulle montagne di San Pedro, presso Carbon County. Essi infatti, dopo aver fatto saltare con la dinamite una parete spessa di roccia, si trovarono di fronte un varco che dava in un piccolo antro scavato nella montagna, e qui  i due cercatori trovarono i resti mummificati del più piccolo essere umano mai scoperto, le cui origini erano un autentico mistero.


I nativi americani nelle loro leggende hanno tramandato storie in cui si parla di “uomini piccoli”, o “spiriti piccoli”, detti anche Nimeriga. Da  questi racconti, si evince che questi piccoli esseri erano in possesso di poteri magici o di guarigione. Ma vi sono anche altre storie in cui invece si dice che costoro fossero una progenie feroce che attaccava i nativi americani con frecce avvelenate. E' certo, come potete immaginare, che la scoperta fece una grande eco e cui seguirono anche alcune polemiche. Vi furono alcuni scienziati, che misero in dubbio la veridicità della scoperta, etichettando la mummia come un falso, considerando che non sapevano come classificarla in base alle assodate teorie dell'evoluzione umana.

La mummia  fu soprannominata “Pedro”. Dato che Pedro aveva un'altezza di 36 cm, era palese che non fosse un ritrovamento ordinario, e i cercatori d'oro che l'avevano trovata la misero a disposizione degli scienziati.  Pedro era in posizione seduta, a gambe incrociate, su una piccola sporgenza all’interno di quella che sembrava una cavità artificiale. Occhi sporgenti e cranio appiattito, Pedro era in uno stato di conservazione estremamente buono, tanto che si vedevano le unghie.

Sulla testa di Pedro c'era una sostanza gelatinosa, cosa che fece capire come Pedro fosse stato conservato utilizzando liquidi appositamente realizzati. Il naso risultava schiacciato, la serie di denti era completa e la sua pelle marrone e rugosa gli conferiva l’aspetto di un anziano.  Pedro fu sottoposto ai raggi X e altre tecniche di scansione interna. Alcuni antropologi ipotizzarono che Pedro potesse essere la mummia di un bambino affetto da anencefalia.

Ma anche questa teoria venne incrinata, poichè  un altro gruppo di scienziati, ritenne che quelli di Pedro fossero i resti di un uomo adulto, di età compresa tra i 16 e i 65 anni. L’esame ai raggi X, infatti, rivelò la presenza di denti aguzzi e di cibo nello stomaco che sembrava essere carne cruda. Dalla scansione inoltre, si capì che Pedro aveva subito una morte violenta, mostrando ossa rotte e danni al cranio. Ma, cosa ancora più strana, però,  intorno agli anni ’50, Pedro è scomparso dalla circolazione e non si sa dove sia. Pare che i resti furono messi in mostra nel 1940 durante una fiera e che furono poi acquistati da un uomo di nome Ivan Goodman. Alla morte di quest'ultimo, avvenuta nel 1950, il reperto passò nelle mani di un uomo di nome Leonard Waller (talvolta riportato come Walder). Da allora, non se ne è saputo più niente.

Perciò il mistero sembra destinato a rimanere irrisolto. Tutto quello che sembra assodato fino alla scomparsa di Pedro è che gli scienziati sembravano concordare sul fatto che Pedro fosse la mummia di un umano adulto di sesso maschile. E' certo che al giorno d'oggi e con le tecniche odierne sarebbe possibile rispondere a molte domande ancora senza risposta: la sua provenienza, se fosse affetto da una malattia, la natura della sostanza gelatinosa trovata sul capo, e come era stato possibile sigillare i suoi resti all’interno di uno spesso strato di roccia. Purtroppo se Pedro non sarà ritrovato tali domande no navranno risposta alcuna, e Pedro rimarrà un mistero.

venerdì 13 maggio 2016

Popoli mesopotamici e le Sfere di Argilla

Popoli mesopotamici e le Sfere di Argilla, quale mistero archeologico? Gli studiosi stanno facendo delle ipotesi, ma non sono ancora giunti a conclusioni certe.


L'antica Mesopotamia continua a stupirci con i ritrovamenti archeologici. La mezza luna fertile, quel pezzetto di terra delimitata dall'Eufrate e dal Tigri oggi suddivisa fra Iraq, una parte del nord  della Siria e un parte della Turchia sud-orientale è da sempre considerata la culla della civiltà. E proprio in questa regione che sono stati ritrovati alcuni misteriosi artefatti che rivelano la presenza di culture perdute. Sto parlando delle sfere di argilla ritrovate alla fine degli anni '60. Sono sfere di dimensioni differenti che variano dalla grandezza di una pallina da golf a quella di una palla da baseball. 


Rimane ignoto il significato e l'utilizzo dei manufatti, benchè alcuni scienziati impegnati a studiarli cominciano cautamente a fare delle ipotesi davvero affascinanti. I ricercatori sono riusciti ad esplorare l'interno delle sfere grazie alla TAC e alla modellazione 3D. La TAC ha rivelato che queste sfere sono cave e all'interno vi sono forme geometriche definite gettoni. Christopher Woods, professore presso l’Oriental Institute di Chicago, è convinto che le sfere siano il primo sistema di archiviazione dati del mondo, infatti spiega: “Queste sfere probabilmente rappresentano il primo sforzo degli esseri umani per archiviare informazioni in modo permanente, almeno secondo le nostre conoscenze attuali”.

Si contano solamente 150 sfere complete e il mondo scientifico, inclusi i musei che le ospitano, non sono persuasi a sezionarle perchè questo significherebbe danneggiarle in maniera permanente. Ve ne sono alcune attraversate da enigmatici canali dal diametro di 1 – 2 millimetri. A tutt'oggi, nonostante le caute ipotesi avanzate, non è chiaro quale fosse l'uso che ne facevano i popoli mesopotamici, ma i ricercatori pensano che tali dispositivi servissero come ricevute per vari adempimenti amministrativi.

Dalle analisi effettuate si è visto che  i gettoni all’interno delle sfere sono disponibili in 14 forme differenti, tra cui sfere, piramidi, ovoidi e coni, e per questo si pensa che  ad ogni tipologia potrebbe corrispondere un valore diverso. Tutte le sfere di argilla presentano una sorta di guarnizione esterna che attraversa il centro. Ai poli, invece, sono presenti due sigilli. Woods crede che i due sigilli rappresentino il venditore e il compratore. Ma si tratta solo di teorie.

Ma per risolvere il mistero i ricercatori dvono necessariamente decifrare il codice nascosto e comprendere a cosa servissero i due sigilli. Il codice, come ogni codice che si rispetti, contiene indizi per comprendere il significato dei gettoni interni e il loro utilizzo. “Abbiamo bisogno ancora di studiare le sfere, sperando di poter esaminare con la TAC i manufatti di altre collezioni”, conclude Woods. Se il ricercatore avesse ragione, allora vorrebbe dire che le antiche civiltà della mezzaluna fertile hanno inventato un sistema di memorizzazione dati, decisamente prima della nostra civiltà moderna.

giovedì 12 maggio 2016

Il Disco Minoico di Festo: chiave del Dna

Il Disco Minoico di Festo: chiave del Dna, un reperto archeologico davvero sorprendente che ci rivela quanto fossero avanzate le conoscenze dei nostri antenati, che apparentemente, non possedevano certo potenti microscopi.


Non sono in molti a conoscere il misterioso Disco di Festo, che ha dato non pochi grattacapi ai ricercatori per la sua decodifica e decifrazione fino al suo incontro con una giovane ricercatrice, Barbara Gagliano, che su di esso ha scritto anche un libro "Il Disco di Festo: Chiave delle malattie genetiche". Ma quale relazione tra il Disco e la Genetica? Per comprenderne la sua straordinaria importanza, come spiegato dalla ricercatrice, è necessario immergersi nel genoma umano e cercare di comprendere come funziona il nostro DNA, cioè l'acido desossiribonucleico, costituito da due nucleotidi cioè due filamenti. Nel caso del Disco di Festo i due filamenti vengono rappresentati uno su ogni lato, sì avete capito bene, i nostri progenitori, hanno trascritto su un disco i nucleotidi del DNA.


Sui lati del Disco è stato riportato infatti il processo di meiosi durante il quale, all’atto del concepimento, l’informazione di origine materna e quella di origine paterna si fondono per dare vita ad una nuova creatura: il lato A del disco contiene l’informazione materna, il lato B l’informazione paterna.

I nostri antenati hanno trascritto, cromosoma per cromosoma,  come avviene l’incastro dei geni dal momento in cui le due informazioni genomiche si incontrano e comincia a formarsi l’embrione. Il codice racchiuso nel disco rappresenta 23 cromosomi da un lato e 23 dall’altro, ma in realtà, il codice usufruisce di 30 frammenti per descrivere l’informazione genomica portata dal padre e 31 per quella della madre. La ricercatrice, partendo da questo dato e avvalendosi di testi biblici ed ebraici, è riuscita a comprendere che il materiale genetico nella donna è maggiore rispetto a quello dell’uomo, informazione questa, celata nel mito della costola di Adamo ed Eva. Basta osservare i cromosomi X ed Y, e confrontandoli noteremo che Adamo ha una “costola” in meno! Ciò significa chiaramente che i nostri antichi predecessori ben conoscevano il segreto che si cela dietro alla discesa dello spirito nel mondo della materia e hanno voluto tramandarci questa informazione.

Sul Disco i frammenti di codice sono racchiusi da due stanghette  e rappresentano i cromosomi, ma  molti vengono rappresentati con due o più frammenti. Ciò significa, come hanno voluto dirci i nostri antenati, che quel cromosoma è fragile e in quel punto può crearsi una rottura. Cosa significa? Che il cromosoma si spezza e il materiale genetico si disperde dando vita a disfunzioni genetiche. Nel disco infatti è mostrato chiaramente in quali punti è possibile che avvenga la rottura e non solo, essi ci spiegano anche quali sono le malattie che possono essere causate dalla dispersione di questo materiale genetico.

Ancora più straordinario è il fatto che nel Disco è spiegato anche il fenomeno del crossing-over:  durante il processo di meiosi i cromosomi si incontrano e hanno la possibilità di scambiarsi materiale genetico. Quando ciò accade, si darà vita, probabilmente, ad una malattia genetica.

La ricercatrice  ha potuto così studiare malattie genetiche come la sclerosi laterale amiotrofica, la sindrome di Down, l’acondrogenesi, la leucemia mieloide cronica, il linfoma di Burkitt, l’autismo, la malattia di Tay-Sachs da un punto di vista completamente nuovo, totalmente differente dall'approccio scientifico del nostro tempo.
Sono molte le domande che possiamo farci in merito: come ha fatto questa antica civlità a lasciare una tale testimonianza?  E’ possibile che attraverso la decodifica di questi reperti si possa in realtà dimostrare che una civiltà più avanzata della nostra sia già esistita o abbia visitato il nostro pianeta in epoche antichissime?

giovedì 17 marzo 2016

I Noduli di Manganese, un Mistero ancora da svelare

Nel 1873 vennero scoperte delle strane sferule metalliche, che ricoprono i fondali oceanici dell'intero pianeta. A molti appassionati del genere saranno già note come "noduli di manganese", grumi che contengono inoltre una serie di metalli preziosi e che i ricercatori sperano di poter raccogliere dai fondali oceanici. Alcuni scienziati tedeschi però potrebbero essere vicini alla soluzione del mistero che avvolge queste "palline" metalliche che ricoprono in tutta la sua vastità i fondali dell'Oceano Atlantico.



La “RV Sonne”, è una nave di ricerca tedesca, si trovava a diverse centinaia di chilometri ad est delle Barbados, quando, issando la rete adibita alla cattura di alcune specie marine, ha raccolto numerosi noduli del prezioso metallo. In seguito, una telecamera teleguidata ha rivelato che il fondo marino era letteralmente disseminato di queste sfere di metallo di dimensioni variabili da una pallina da golf a una palla da bowling.

Secondo quanto calcolato dai ricercatori sembra che i tassi di crescita di queste sfrule, pari a 1-5 millimetri ogni milione di anni, la loro età si aggirerebbe intorno a 10 milioni di anni. «Sono rimasto molto sorpreso, perché generalmente quest’area oceanica non è conosciuta per la presenza dei noduli», spiega a LiveScience lo scienziato Colin Devey a capo della spedizione. I noduli di manganese sono stati trovati in tutti gli oceani del pianeta, ma la quantità maggiore è stata riscontrata nell’Oceano Pacifico. Generalmente si trovano a circa 5 mila metri di profondità.

In merito alla loro formazione gli scienziati hanno fatto alcune ipotesi fra cui alcune reazioni chimiche che sarebbero alimentate dai microbi marini. Ma c'è anche la teoria secondo cui  i noduli sarebbero il risultato della precipitazione di metalli nelle acque del mare, specialmente quelli espulsi dai camini termici di origine vulcanica. Le sfere sono costituite per la maggior parte da manganese, ma contengono anche ferro e altri metalli come rame, cobalto e zinco,  e come tali vengono considerate come una possibile fonte di materie prime.

Ora, trovandosi a grandi profondità, il recupero o raccolta di queste sferule è tecnicamente molto complesso, per non parlare  dei potenziali danni ambientali generati dal loro sfruttamento. Allo stesso tempo, l'interesse scientifico che suscitano è davvero grande, in quanto possono essere considerati dei veri e propri archivi climatici e ambientali, poichè, come si è visto,  sono costituiti di strati sovrapposti, allo stesso modo in cui cresce la perla di una conchiglia attorno ad un nucleo originario.

Dal momento che i noduli crescono molto lentamente, possono fornire un record della storia climatica del nostro pianeta. Per ora i ricercatori vogliono analizzare i noduli più in dettaglio per capire esattamente come si sono formati. La comprensione della loro origine potrebbe fornire importanti informazioni sui cambiamenti climatici avvenuti nel passato del nostro pianeta, così da prepararci per eventuali cambiamenti futuri.

martedì 23 febbraio 2016

Nuovo e misterioso fossile di Ominide trovato nella Cina del Nord

Molti di voi sanno quanto io sia affascinata dai misteri  dell'archeologia, che riguardano l'uomo e la sua evoluzione. Per questo sono rimasta colpita dalla notizia del ritrovamento del fossile di un ominide che si troverebbe a metà fra l’Homo Erectus e il Neanderthal e vissuto tra i 60 mila e i 120 mila anni fa. I resti fossili portati alla luce nel 1976 in una grotta della Cina del Nord, nella regione di Xujiayao, sono costituiti da frammenti di cranio e nove denti appartenuti a quattro individui, che, in base alle recenti analisi effettuate, non sembrano corrispondere a nessuna specie conosciuta, né sembrano adattarsi ad uno qualsiasi degli antenati dell’uomo moderno.



Le nuove ricerche sono state coordinate dalla dottoressa Maria Martinón-Torres, del Centro Nazionale di Ricerca sull’Evoluzione Umana di Burgos, Spagna. Le ipotesi fatte sembrano indicare che l'ominide potrebbe essere il risultato di un incrocio tra due specie. Alcuni denti, infatti, presentano caratteristiche tipiche degli Homo Erectus più antichi, mentre altri sembrano appartenere ai Neanderthal. «Sono un mix di qualcosa di molto primitivo, attualmente sconosciuto», dice la Martinón-Torres. «Non possiamo andare oltre affermando che si tratti di una nuova specie, perché bisogna eseguire altri confronti».

Si sa che gli esseri umani moderni, hanno avuto la loro origine in Africa, ma gli antropologi sono a conoscenza di altri tre gruppi di esseri umani primitivi che hanno abitato varie parti del pianeta: i Neanderthal che hanno vissuto in Europa, l’Homo Floresiensis in Indonesia e l’Homo di Denisova in Asia. Una delle possibilità è che i fossili appartengano ai Denisova, un gruppo umano molto misterioso. Questi primi esseri umani vivevano in Siberia e probabilmente derivano da un distaccamento indipendente dall’albero genealogico che generò i Neanderthal circa 300 mila anni fa. Comunque, si sa veramente molto poco sul loro aspetto e su come vivevano. Il gruppo trovato nella grotta cinese potrebbe essere un ulteriore ramo distinto proveniente dai Denisova. La speranza è quella di trovare altri resti nella regione che potrebbero aiutare a risolvere il mistero.

sabato 30 gennaio 2016

I tunnel misteriosi che si estendono in tutta Europa

Esiste una rete di tunnel che si estende in tutta Europa, sono tunnel risalenti all'Età della Pietra, che suscitano non pochi dubbi agli archeologi. Ne sono stati scoperti  in Baviera in Scozia, in Turchia. Ma a cosa servivano? Forse tombe, spazi rituali o nascondigli per difendersi dai predoni?

Il ricercatore tedesco Heinrich Kusch sostiene che una vasta rete di gallerie scavata dagli uomini della pietra congiunga centinaia di insediamenti neolitici sparsi in tutta Europa, e il fatto che così tanti tunnel siano sopravvissuti per 12 mila anni indica che la rete originaria doveva essere immensa.

 “Solo in Germania abbiamo trovato 700 metri di questa rete di tunnel sotterranei”, spiega Kusch al Daily Mail. “In Austria sono trovati altri 350 metri. I tunnel di tutta Europa potrebbero essere migliaia. Si tratta di cavità ampie solo 70 centimetri, appena sufficienti a permettere il passaggio di una persona. I tunnel sono intervallati da piccole camere di stoccaggio e posti a sedere”. IL caso ha voluto che la scoperta del dedalo di gallerie sia avvenuta grazie ad una mucca!


E' stata una produttrice di latte di Glonn, una cittadina vicino Monaco, che mentre si trovava a far pascolare i suoi bovini sui prati rigogliosi della Doblerg, una collina in Baviera circondata da altissime cime montuose innevate, ha visto aprirsi un cratere  sotto una delle sue mucche, che è rimasta inghiottita fino ai fianchi.

Il marito della produttrice,  si calò nel buco per indagare ulteriormente, rendendosi conto di trovarsi in un tunnel stretto e umido che scendeva verso il basso. Da quel momento, ci si  rese conto che l'allevamento poggiava su un labirinto di tunnel, conosciuto come ‘Erdstall’, termine che nella tradizione popolare indicava la dimora dei ‘goblin’. Da quel momento, numerosi geologi si sono presentati nella proprietà, determinati a dare una spiegazione al mistero. Tre membri di un team denominato ‘Gruppo di lavoro per la Erdstall Research’ hanno trovato all’interno del tunnel un pezzo di legno, reperto utilissimo per determinare l’età del tunnel.

Un altro gruppo proveniente dall’Ufficio di Stato per la Conservazione Storica della Germania ha delimitato il sito con il nastro colorato. Poi ha effettuato una scansione con un radar di terra scoprendo che la galleria è crollata sul retro, cercando di capire le sue dimensioni reali. Secondo quanto riportato dallo Spiegel, è la prima volta che un ente archeologico tedesco mostra interesse per un fenomeno antico estremamente insolito.

Tunnel simili a quelli trovati in Germania sono stati rinvenuti in tutta Europa, dall’Ungheria alla Spagna, ma nessuno è in grado di spiegare il motivo per cui sono stati costruiti. Molte gallerie sono collegate ad antichi siti neolitici. Gli imbocchi dei tunnel a volte si trovano nelle cucine di antiche case coloniche, nei pressi di chiese o cimiteri, o nel bel mezzo delle foresta. L’atmosfera al loro interno è buia e opprimente, tanto quanto lo sarebbe la tana di un animale. Andando per esclusione si può affermare che i tunnel non potevano avere uno scopo pratico, cioè non potevano essere utilizzati come abitazioni o per conservare i cibi, se non altro per quanto siano stretti in alcuni punti. Inoltre, la mancanza di escrementi animali fa escludere che possano essere stati utilizzati come ricovero per il bestiame.

Il pioniere delle esplorazioni di Erstall è stato Lambert Karner (1841-1909), un sacerdote. Secondo quanto riportato nei suoi diari, egli si trascinò all’interno dei tunnel 400 volte, illuminando i luoghi solo con la tremolante luce di una candela, annotando ‘strani passaggi tortuosi’ attraverso i quali è possibile passare solo strisciando come un verme. Si pensa che i tunnel venissero usati come le autostrade moderne, in modo che le persone potessero viaggiare in maniera sicura, indipendentemente da guerre o epidemie. In alcuni casi, i ricercatori credono che la rete di gallerie sia l’accesso ad un mondo sotterraneo più vasto ancora da scoprire.

 Certo è stupefacente che uomini dell’età della pietra possano aver scavato una rete così vasta di tunnel sotto l’Europa. Questo dovrebbe indurci a riflettere, forse quella che noi abbiamo sempre considerato l'Età della Pietra non era poi così primitiva come abbiamo sempre creduto. Del resto scoperte come  il tempio di Gobekli Tepe antico di 12 mila anni, le Piramidi di Egitto e altre strutture come Stonehenge, dimostrano che i nostri antenati erano in possesso di conoscenze astronomiche e tecnologiche molto più avanzate di quanto si sia creduto fino ad oggi. Dunque "l'uomo primitivo" non era solo dedito alla caccia e alla raccolta, ma aveva conoscenze ben più profonde di quanto possiamo arrivare a capire. Ma il vero scopo dei tunnel rimane un mistero.

Leggende  di grotte e tunnel nelle profondità della terra si sono tramandate per secoli e millenni, facendole passare per dimore o regni  di demoni e mostri. Ma non è forse vero che dietro le leggende si nasconde sempre una qualche verità? Forse ci sono davvero luoghi misteriosi e inspiegabili sotto i nostri piedi, luoghi le cui origini potrebbero non essere di questo mondo. Strutture sotterranee, e persino intere città, sono sempre state narrate nella maggior parte dei miti e delle religioni del mondo. Alcune di esse sono state scoperte, altre, invece, sono ancora descritte solo nei libri sacri dell’umanità. Si narra di reti sotterranee che collegano luoghi diversi del pianeta e che talvolta si estendono per migliaia di chilometri, attraversando interi paesi.

Non per niente nelle mitologie si parla spesso di siti sotterranei, ingressi del mondo degli inferi, l'accesso al quale è stato concesso a pochi mortali visitatori.

Una delle città sotterranee più famose è Agartha, luogo leggendario che dovrebbe trovarsi al centro della Terra. Nella leggenda nata in Asia centrale, Agartha viene descritta come un vasto complesso di grotte abitato dagli ‘Asura’, una progenie di demoni malvagi nemici degli Dei. Nella mitologia indù si tramanda di una razza chiamata ‘Naga’, creature intelligenti dall’aspetto serpiforme e dal volto umano, i quali vivono all’interno di grotte sotterranee. Queste creature vengono descritte come ‘figli degli Dei’, immortali e capaci di volare. Nella mitologia Maya si parla della città sotterranea di Xibalba, ‘la terra dove il sole va giù’ e che è abitata da ‘eroi e divinità’. L’ingresso a questo mondo si pensa essere in Guatemala e la descrizione delle strutture della città e dei suoi abitanti è descritto nel libro ‘Popol Vuh’.

Nell’antico Egitto si faceva riferimento ad un immenso tempio sotterraneo, composto da più di 3 mila stanze, piene di dipinti e geroglifici, un labirinto perduto ancora da trovare. In Grecia, abbiamo il mito degli ‘inferi’ (dato poi acquisito anche dal cristianesimo, con un significato differente), un regno in cui vivevano divinità ed eroi.

Un esempio è la misteriosa città di Derinkuyu scoperta nel 1963. La città è costituita da tredici piani che scendono sottoterra, con pozzi di ventilazione e circa quindicimila bocchette che portano l’aria anche ai livelli più profondi. Per quanto incredibile, le camere rocciose scoperte potevano contenere circa 20.000 persone tra uomini, donne e bambini. Ci sono perfino tracce di centri religiosi, magazzini, torchi per il vino e stalle per il bestiame. Nei livelli sotterranei sono stati trovati sale da pranzo, cucine annerite dalla fuliggine, cantine, botteghe di alimentari, una scuola, numerose saloni e anche un bar. La città ha beneficiato della presenza di un fiume sotterraneo e pozzi d’acqua. Era una piccola città completamente autosufficiente, che ancora oggi stupisce studiosi e ingegneri.

A noi intanto rimane il quesito dei tunnel e speriamo che ricercatori e archeologi ci rivelino presto la verità.

martedì 26 gennaio 2016

3400 anni fa una canzone mesopotamica

La musica fa parte del mondo e dell'uomo, ne ha da sempre accompagnato l'esistenza, la felicità, la tristezza, le festività. Ma vi siete mai cheisti come poteva essere la musica all'alba della civiltà? Io me lo chiedo spesso. Insomma quali strumenti musicali venivano usati? Che suono producevano? Quali parole? Così quando cerca qui e cerca lì, ho trovato questa interessante informazione, che mi ha particolarmente colpita.

Un gruppo di studiosi dell'Università della Californi, Berkeley, dopo un attento studio su tavolette cuneiformi datate 1400 a.C. ha riportato in vita gli antichissimi suoni che rappresentavano il gusto musicale dei popoli mesopotamici. E il risultato dello studio è stata la creazione di un brano musicale che è rimasto inascoltato e per migliaia di anni. Che fascino!

La scoperta delle tavolette è avvenuta nei primi anni ’50 nell’antica città di Ugarit, e prima di allora si ignorava quale fosse e come fosse la musica sumero-babilonese, a parte gli strumenti musicali illustrati nei bassorilievi e ritrovati nei siti archeologici. Archeologi e scienziati nulla sapevano in merito alla teoria e alla pratica di quella che era considerata un’arte divina, il cui patrono era il dio Enki/Ea, portatore della regalità, della magia, delle arti e dei mestieri. Ma  la straordinaria scoperta ha gettato luce sull’ampia gamma di attività scientifico-sapienziali degli antichi Sumeri e Hurriti.

Sulle tavolette, come riportato su Ancient Origins, sono stati trovai quattro testi cuneiformi singoli, più una tavoletta che riporta la complessa notazione musicale di un inno sacro hurrita suonato più di 3400 anni fa, il canto più antico mai scoperto. Il brano è dedicato a Nikal, la dea hurrita dei frutteti. Nella tavoletta sono state trovate anche le istruzioni per il cantante che doveva essere accompagnato da un sammûm a nove corde, un tipo di arpa o di lira.  A causa delle difficoltà interpretative del linguaggio hurrita, il significato del testo non è del tutto chiaro e, al momento, è stata proposta una sola interpretazione di cui allego il video.


Il testo in italiano è una traduzione da una versone inglese tra l'altro semplificata del testo hurrita:

Verrò sotto il piede destro del trono divino, 
e sarò purificato e cambierò. 
Una volta che i peccati sono perdonati, 
non dovranno più essere modificati, 
mi sento bene dopo aver compiuto il sacrificio. 
Ho fatto amare la dea e lei mi ama nel suo cuore, 
l’offerta che porto può coprire interamente il mio peccato, con timore, 
ti porto olio di sesamo per mio conto. 
La sterile può diventare fertile, 
il grano può essere portato via, lei, la moglie, si farà carico al padre (dei bambini). 
Ella può dare figli a chi ancora non li ha avuti.

giovedì 20 agosto 2015

Psicopittografia, Come essere eroi

Non avete mai notato la somiglianza che vi è tra romanzo poliziesco e il mistero della vita? Questa idea ci invita ad una interessante digressione. 

Una storia poliziesca ha inizio nella calma relativa. Vi sono caratteri diversi che si muovono nell'ombra del protagonista, con ruoli più o meno importanti. Vi sono personaggi buoni e cattivi; vi sono caratteri amabili e altri meno. Il dramma ha inizio. Qualcuno riceve una lettera anonima. Una donna è assalita in una strada solitaria. Si odono rumori strani nella mansarda. Si nota un'ombra in giardino. Si sente un grido lancinante. Nell'ombra si nasconde il criminale furbo e scaltro. Il suo scopo è distruggere. Agisce con coraggio e temerarietà. Per un istante l'eroe è confuso ma non scoraggiato. Stanco di questa situazione, decide di passare all'azione e dirige tutta la sua energia contro il criminale che si nasconde. Gli indizi sono labili, ma egli insiste. Scopre delle tracce, cerca nuove strade da' percorrere. Gli indizi si fanno chiari. Si scopre una camera segreta. Finalmente l'eroe vince'. Il criminale è smacherato. Il romanzoha una lieta fine. [Immagine mentale 11]

Nella vita l'eroe è il vero Io. Il falso Io è il criminale distruttore. Nel romanzo l'eroe vince sempre. Nella vita il vero Io può sempre vincere se persevera. Un uomo desideroso di chiarire i misteri interiori deve indagare sugli indizi in suo possesso. All'inizio di un romanzo non vi chiedete quale sarà lo svolgimento. Allo stesso modo, nella vita, non avete bisogno di chiedervi se esiste una soluzione felice ai vostri problemi. Voi la troverete e vi lancerete eroicamente sulle sue tracce.


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