Esiste un luogo dentro di noi, lontano dalla nostra razionalità consapevole, che rimane inesplorato quasi totalmente. E' un luogo buio, dove la luce quasi mai giunge a rischiararne la vastità. Non facciamo caso alla sua esistenza e forse in una vita intera molti di noi ignorano proprio che esista.
Siamo presuntuosi, il nostro comportamento è dettato dalla convinzione di poter prevedere e controllare le nostre azioni come quelle altrui, perchè è grande l'importanza personale che diamo a noi stessi.
E la sordida ansia di gestire razionalmente ogni comportamento, il desiderio che la nostra personalità sia al di sopra di tutto e tutti, il solipsismo che ci induce a rapportare tutto a noi stessi come centro del mondo, fa divampare dentro di noi l'incontrollabile fuoco che governa il nostro attaccamento a tutto, persone, animali, cose, idee. Per questo perdiamo il naturale contatto con la conoscenza silenziosa, fonte da cui attingere il sapere di come fare e farlo bene.
E questo perenne riflesso di noi stessi ci rende degli egoisti assorbiti dalla narcisistica immagine di noi stessi. Senza la posizione abituale che abbiamo di noi stessi, tramite quelli che definiamo i nostri punti di riferimento, l'immagine di sè non può essere sostenuta e senza la sua pesante enfasi si perde l'autocommiserazione e con essa la presunzione.
E la sordida ansia di gestire razionalmente ogni comportamento, il desiderio che la nostra personalità sia al di sopra di tutto e tutti, il solipsismo che ci induce a rapportare tutto a noi stessi come centro del mondo, fa divampare dentro di noi l'incontrollabile fuoco che governa il nostro attaccamento a tutto, persone, animali, cose, idee. Per questo perdiamo il naturale contatto con la conoscenza silenziosa, fonte da cui attingere il sapere di come fare e farlo bene.
E questo perenne riflesso di noi stessi ci rende degli egoisti assorbiti dalla narcisistica immagine di noi stessi. Senza la posizione abituale che abbiamo di noi stessi, tramite quelli che definiamo i nostri punti di riferimento, l'immagine di sè non può essere sostenuta e senza la sua pesante enfasi si perde l'autocommiserazione e con essa la presunzione.
Ma se riusciamo a mettere da parte questo vestito blindato che ci portiamo addosso, smantellandone l'armatura pesante che lo riveste, allora e solo allora raggiungiamo il luogo della non pietà, o se vi piace, il centro della spietatezza (intendo nell'analisi che si fa di se stessi, non del senso di umanità, o pietà nei confronti del resto del mondo). I nostri occhi sono legati solo superficialmente al mondo della vita di ogni giorno, il loro legame profondo è con l'astratto. Siamo bravi a mascherarci dietro ragionevolezza, generosità, disponibilità verso gli altri, ma se gli altri dimostrano palesemente di non accorgersene, o se ci fanno intendere che per loro li stiamo solo ingannando, dove credete che andremo a trovarci? Nel luogo della non pietà, al centro della spietatezza. E se riflettiamo bene questo stato d'essere lo abbiamo provato qualche volta, la freddezza assoluta, che forse ci ha spaventato, anche solo inconsciamente, e che la nostra sordida ansia ha prontamente ricacciato nel buio gelido del suo regno.
Silvia, articolo molto interessante. Condivido analisi e pensiero.
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