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sabato 28 novembre 2015

Il luogo della non pietà

Esiste un luogo dentro di noi, lontano dalla nostra razionalità consapevole, che rimane inesplorato quasi totalmente. E' un luogo buio, dove la luce quasi mai giunge a rischiararne la vastità. Non facciamo caso alla sua esistenza e forse in una vita intera molti di noi  ignorano proprio che esista.
Siamo presuntuosi, il nostro comportamento è dettato dalla convinzione di poter prevedere e controllare le nostre azioni come quelle altrui, perchè è grande l'importanza personale che diamo a noi stessi.


E la sordida ansia di gestire razionalmente ogni comportamento, il desiderio che la nostra personalità sia al di sopra di tutto e tutti, il solipsismo che ci induce a rapportare tutto a noi stessi come centro del mondo, fa divampare dentro di noi l'incontrollabile fuoco che governa il nostro attaccamento a tutto, persone, animali, cose, idee. Per questo perdiamo il naturale contatto con la conoscenza silenziosa, fonte da cui attingere il sapere di come fare e farlo bene.

E questo perenne riflesso di noi stessi ci rende degli egoisti assorbiti dalla narcisistica immagine di noi stessi. Senza la posizione abituale che abbiamo di noi stessi, tramite quelli che definiamo i nostri punti di riferimento, l'immagine di sè non può essere sostenuta e senza la sua pesante enfasi si perde l'autocommiserazione e con essa la presunzione.

Ma se riusciamo a mettere da parte questo vestito blindato che ci portiamo addosso, smantellandone l'armatura pesante che lo riveste, allora e solo allora raggiungiamo il luogo della non pietà, o se vi piace, il centro della spietatezza (intendo nell'analisi che si fa di se stessi, non del senso di umanità, o pietà nei confronti del resto del mondo). I nostri occhi sono legati solo superficialmente al mondo della vita di ogni giorno, il loro legame profondo è con l'astratto. Siamo bravi a mascherarci dietro ragionevolezza, generosità, disponibilità verso gli altri, ma se gli altri dimostrano palesemente di non accorgersene, o se ci fanno intendere che per loro li stiamo solo ingannando, dove credete che andremo a trovarci? Nel luogo della non pietà, al centro della spietatezza. E se riflettiamo bene questo stato d'essere lo abbiamo provato qualche volta, la freddezza assoluta, che forse ci ha spaventato, anche solo inconsciamente, e che la nostra sordida ansia ha prontamente ricacciato nel buio gelido del suo regno.


sabato 31 ottobre 2015

I tiranni

Al perverso gioco del caso non credo, credo piuttosto al fatto che il destino guidi in qualche modo la nostra vita, e che siamo chiamati ad affrontare delle prove. Noi siamo i concorrenti  e di fronte a noi uno scenario costituito da persone, luoghi, situazioni, cose. Vi è mai capitato di trovarvi, magari a distanza di tempo, in situazioni ricorrenti, nelle quali cambiano solo i protagonisti ma non la tipologia della situazione stessa? A me è  capitato spesso e mi capita ancora adesso, segno questo, che probabilmente non ho ancora trovato il verso giusto di affrontare un determinato tipo di situazione e relativi attori, dato che la storia si ripete ciclicamente.

Ho fatto caso ad una in particolare, è come bloccarsi ad un livello di un gioco a piattaforme, e non si riesce a passare a quello superiore, perchè non ottimizziamo il tempo, non riusciamo a raccogliere abbastanza crediti, non risolviamo un enigma, non abbattiamo il nemico.

A me succede con una determinata categoria di persone, esse cambiano, ma non la loro essenza, e più vorrei evitarle e più invece il destino le mette sulla mia strada, e mi costringe ad averci a che fare, a dovermi confrontare, in qualche modo a relazionarmici. Io le chiamo "I Tiranni". Esse sono il concentrato di ciò che non sopporto: maleducazione, ignoranza, prepotenza, arroganza, incapacità di chiedere scusa. Sono quelli che non perdono mai l'occasione di umiliarti davanti ad altri (per il semplice gusto di farlo) , di offenderti, di vessarti psicologicamente cercando di farti credere che sei una persona inutile. Ciclicamente sulla mia strada incontro un tiranno, e puntualmente il mio io interiore produce un fuoco dal profondo distruttivo, sì, ma che si ritorce contro di me e non mi permette di combattere una battaglia paritaria. 

Perchè? Me lo sono chiesta più volte, senza mai riuscire a trovare una risposta soddisfacente, e senza risposta mi sono trovata in balìa dei vari tiranni che ho incontrato. Ho deciso di concentrarmi e analizzare a fondo me stessa per trovare una risposta, anzi no, la risposta.  Pur controllando le mie reazioni istintive, ho capito che il mio io andava in pezzi e perdeva completamente le staffe, rendendomi totalmente confusa, troppa rabbia interiore, eccessivo senso di offesa alla mia persona, esagerata importanza personale. Eccola la risposta! L'esagerata concentrazione su me medesima. Questo a scapito della perdita di una qualità necessaria, l'unica arma a mia disposizione in grado di difendermi da questi personaggi: la spietatezza

Sì, ho capito che questa qualità dell'essere si raggiungere solo mettendo da parte l'importanza personale, ed è un lavoro durissimo, ma necessario, l'unica via attraverso la quale la spietatezza si fa strada e ci permette di guardare al tiranno con occhi ben diversi, freddi e non accecati dal fuoco interiore che lui stesso appicca al nostro io. Salire questo gradino comporta l'enorme sacrificio di lasciarsi inizialmente schiacciare dal tiranno, di fargli esprimere tutta la sua creatività, di gonfiare il suo ego a dismisura. 

E' il prezzo che si deve pagare perchè egli esponga il fianco, e ci mostri le sue debolezze. Perchè sia ben chiaro, il tiranno è un debole. Se riusciamo a fare questo lavoro su noi stessi, allora e solo allora saremo in grado di contrattaccare, e colpire là, esattamente in quel punto, il tallone d'Achille del tiranno. E' un colpo solo, mirato, preciso, che affonda fino all'elsa della spada che abbiamo deciso di usare, e la sua gigantesca figura scomparirà per sempre dalla nostra vita e soprattutto dalla mia.


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