Socchiusi
gli
occhi, era presto, forse le sei del mattino. I raggi del sole curiosavano
nella mia stanza, si appoggiavano lievi sulle canne di bambù della carta da
parati e danzavano sugli scaffali come se fosse la prima volta che si
affacciavano in quella cameretta: la mia.
Avevo dormito profondamente, un
sonno senza sogni, uno di quei sonni che si
fanno spesso da bambini, dopo che si è pianto molto. Mi guardai lentamente
intorno, osservai la mia
camera, la mia compagna di giochi dell'infanzia, il
mio mondo di
bambina, il mio studio durante il liceo, il mio luogo di
riflessione prediletto. Amavo quella stanza, sulle cui mensole riposavano
quiete e placide tutte le tappe della mia vita.
Rimasi per un po' a guardare incantata e ancora intorpidita dal sonno, il quadro
con il branco di cavalli selvaggi che da sempre al mio risveglio mi salutava
con un profondo e selvaggio nitrito (io quel nitrito lo sentivo tutte le
mattine); nonno mi aveva regalato quel quadro, già… mi si strinse la gola e gli
occhi mi si riempirono di lacrime (come vorrei che fossi qui, nonno, proprio
oggi, un giorno così importante per me!).
Mi sollevai lentamente e altrettanto lentamente sgusciai silenziosa in
corridoio, mamma e babbo stavano ancora dormendo e sulle punte dei piedi mi
diressi in cucina; chissà se
Nur, il mio gattone, era già sveglio. I felini non
si ingannano, vidi i suoi occhi che mi fissavano interrogativi ('che fai non mi
apri?') e un minuto dopo la sua coda di volpe mi avvolgeva morbidamente un
polpaccio in perfetta sintonia con le sue fusa. Insieme entrammo finalmente in
cucina, e senza por tempo in mezzo, offrii a Nur il suo consueto pacchettino di
carne cruda (mai dare a Nur le comuni scatolette!…Lui si sente un piccolo leone
e mangia solo carne di manzo cruda); poi preparai la
colazione.
Mamma e
babbo mi raggiunsero e mi baciarono, mi strinsero forte, e mi sentii al
sicuro, avvolta da un amore infinito e inesauribile; eppure quel giorno la mia
vita sarebbe cambiata per sempre, un capitolo della mia vita si chiudeva e uno
nuovo di cui non potevo prevedere gli
sviluppi, su cui non potevo fare
previsioni, ma di cui conoscevo bene impegni e responsabilità, si apriva: stavo
per sposarmi.
Cominciò la lenta e accurata preparazione, ma, per mio tassativo ordine, non
volli nessuno a casa che mi piroettasse intorno (i pochissimi invitati mi
avrebbero aspettato in chiesa) mentre immersa nei miei più profondi pensieri e
riflessioni mi affidavo alle mani esperte della mia parrucchiera. Non volevo
sentire chiacchiere inutili, non volevo ascoltare discorsi superficiali, volevo
che il silenzio di quella mattina non fosse interrotto. Mi concentrai solo
sulla luce del sole che ora, prepotente, inondava la mia stanza.
Ero pronta. Mi guardai allo specchio e non vidi né vestito né acconciatura né
trucco, guardai solo dentro di me, mi parve di scorgere un velo di
paura,
l'ombra del
dubbio…
Uno sguardo al quadro con i cavalli, girai su me stessa al centro della mia
camera.
Babbo era sulla porta e per la prima volta in tutta la mia vita vidi il bagliore
di una
lacrima nella rete delle sue ciglia; ci guardammo, non ci furono parole,
mi porse il braccio al quale mi appoggiai con emozione e trepidazione e ci
avviammo verso la chiesa: io andavo incontro all'amore della mia vita e lui mi
accompagnava.