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venerdì 28 agosto 2015

Dicevano che sognavo ad occhi aperti

Dicevano che ero una bambina dalla fantasia viva e fervida, lo dicevano perchè erano convinti che sognassi ad occhi aperti e per loro vedere una bambina che se ne stava ferma con lo sguardo perso nel vuoto e totalmente estraniata da ciò che la circondava, significava sognare ad occhi aperti. Di ciò che dicevano a me non importava nulla, credessero ciò che per loro era più comodo credere, purchè non mi disturbassero.

Una delle mie assenzeSebbene avessi tanta fantasia, quello che facevo io non era sognare ad occhi aperti, non mi perdevo certo in mondi colorati e ricchi di personaggi usciti dalle favole che mi venivano raccontate, anche se mi piacevano molto e alimentavano i miei giochi. No, quello che per loro era il mio sognare ad occhi aperti era invece per me quello che un occhio più acuto avrebbe definito "stato di consapevolezza intensa". Potrei definirlo un modo di meditare, di trascendere la realtà che mi circondava per raggiungere una dimensione che ritenevo molto più adatta a me e in cui stavo benissimo.

Potevo estraniarmi in qualunque momento, in ogni luogo e a qualunque ora, senza difficoltà alcuna, perchè per me era un'operazione del tutto naturale, non avevo bisogno di concentrazione, mi bastava semplicemente mettermi seduta e fissare un punto qualunque di fronte a me. Nei momenti di massima assenza, di quello che succedeva intorno io non percepivo nulla. Ma non sempre era così, molto spesso infatti riuscivo ad essere presente e assente nello stesso tempo: potevo seguire quello che accadeva intorno a me e contemporaneamente essere nella mia altra dimensione e questa operazione la mettevo in atto a scuola.

Fu la maestra ad accorgersi di tutto ciò e lo riferì a mia mamma, spiegandole che durante le ore di lezione io spesso non ero affatto in classe con la testa, ma se interrogata sulla lezione in corso rispondevo senza problemi in merito alla tematica trattata. Ed era vero, ma dato che il vociare della classe mi dava non poco fastidio, io cercavo rifugio dall'altra parte, in cui trovavo pace e tranquillità, pur non perdendomi mai una lezione.

Una precisazione: con i miei compagni di classe stavo bene e socializzavo con una gran facilità, partecipavo con entusiasmo alle attività di classe e ai lavori di gruppo, ma tutto doveva terminare al suono della campanella, poi io volevo stare per i fatti miei. Dei dopo scuola, del frequentarsi il pomeriggio non mi interessava affatto, a me interessava terminare i compiti il prima possibile e dedicarmi ai miei disegni, ai miei giochi, e alla mia dimensione.

In pratica stavo in equilibrio, con un piede nel mondo che noi tutti definiamo reale, quello che in questo momento mi vede scrivere questo post e un'altra dimensione, a questo mondo parallela, di cui però ho perso ogni ricordo, o meglio, anche a quei tempi se qualcuno incuriosito mi chiedeva dove mai ero stata, non ero in grado di rispondere perchè il rientro alla normalità, se così vogliamo chiamarla, era sempre troppo repentino.

Ho coltivato questa mia capacità fino ai primi anni del liceo, ma con il tempo essa è andata svanendo perchè la vita secolare bussava troppo spesso a quella porta della mente che avrei voluto tenere costantemente aperta. Così ad un certo punto, quella porta si è chiusa ed io oggi, non riesco che a vedere solo un piccolo spiraglio di luce che debole passa da una piccolissima fessura.



lunedì 24 febbraio 2014

AVVENTURE DI ZIA E NIPOTE: LEONETTO ALL'ASILO NIDO


Leonetto
Quando ho saputo che mio nipote Leonetto doveva fare l'inserimento all'asilo nido, ho provato una piccola stretta al cuore. E' troppo piccolo mi son detta, ha solo sei mesi, ed è il più piccolo di tutti i bambini iscritti. Che succederà? Si prenderanno cura di lui? Lo terranno in braccio? E che dire delle maestre? Se rientrassero in quella maledetta schiera di persone che maltrattano i bambini? 
Presa da questo vortice di pensieri semi infausti, progettavo piani punitivi verso le probabili diaboliche maestre, vedendomi già indossare i panni della vendicatrice mascherata (tipo Super Zia manga o roba del genere).
Inutili le parole con me, dovevo verificare di persona. Perciò son partita, e me ne sono andata allegramente da mio nipote, nidificando in casa sua per farla breve. 
Leonetto è piccolo sì, ma è un bambino molto acuto ed intelligente, dotato di una grande capacità di osservazione (che probabilmente ha ereditato nel suo corredo genetico da me medesima). Pur avendo sei mesi, si fa delle gran risate ed è perfettamente in grado di stare con tutti (altra caratteristica che ha preso da me....).  Per il suo inserimento all'asilo era stato dotato di un paio di fantastici pantaloncini in vellutino a coste mimetici e felpa color crema con Woodstock in prima linea. A completare il tutto il mio tocco creativo: pettinatura easy rider. 
Al nostro arrivo ci ha accolto una dolce maestra che, per il piacere dei miei occhi, indossava un bel grembiule a quadrettini tutto sgaleante. Intorno, un nugolo di bambinetti già grandicelli che guardavano Leonetto incuriositi. Ma questo ovviamente, non mi ha distratta dai miei proprositi di indagine e usando la mia vista da agente del KGB, ho analizzato la struttura nel suo complesso, controllando appendiabiti, battiscopa, piastrelle, finestre, tappeti, cuscini, tavolini, annusando l'aria per captare odori sospetti, scannerizzando l'ambiente per trovare microbi (controllo per altro già fatto dalla mamma a cui io ho voluto aggiungere il mio per forza). Ad un primo screening  tutto regolare. Dal canto suo Leonetto, già tombeur de femmes, si è profuso in sorrisi spaccacuore lasciandosi andare fra le braccia della maestra ormai colpita da uno strale di Cupido. Tempo di permanenza come da istruzioni, un'ora, giusto il tempo di andare a prendere un caffè e fare qualche commissione nei dintorni. Al nostro rientro per riprendere Leonetto, io e Simona ci siamo un attimo soffermate di fronte ad una porta finestra, dalla quale si vedeva il piccolo principe adagiato su una sdraìna a dondolo con la maestra inginocchiata di fronte a lui, tutta presa a parlargli. Proprio in quell'istante la maestra si è accorta della nostra presenza e guardando Leonetto ci ha indicate. Beh, lasciatemelo dire, mio nipote si è girato verso di noi, ha guardato attraverso il vetro e ci ha omaggiate di uno dei suoi più splendidi sorrisi senza denti che un bambino di sei mesi può fare. Lui può. Che felicità, che orgoglio....Lo abbiamo dunque preso e lo abbiamo portato a casa dove un compito ben più arduo ci attendeva: la pappina svezzamento e la sua maledetta consistenza.

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