Sindrome metabolica: un aiuto dai mirtilli neri, che come dimostrato da uno studio, grazie all'alto contenuto dei polifenoli, migliorano la resistenza dei vasi sanguigni, contrastano l'intolleranza al glucosio e riducono il rischio di sviluppare il diabete.
Sindrome metabolica: un aiuto dai mirtilli neri |
I frutti di bosco, dai colori intensi ed invitanti: more, lamponi, fragole e mirtilli. Buoni da gustare in qualsiasi momento della giornata, e in molte preparazioni culinarie (con l'aceto balsamico per esempio).
I mirtilli neri in particolar modo, hanno delle qualità straordinarie, dimostrate da uno studio fatto da un gruppo di ricercatori dell'Università del Maine (Stato Uniti), e coordinato dal Dipartimento di Scienze degli Alimenti e Nutrizione Umana, dalla dottoressa Dorothy Klimis-Zacas. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Applied Phisiogogy, Nutrition and Metabolism. I polifenoli dei mirtilli neri proteggono l'organismo dalla sindrome metabolica e posso addirittura aiutare a ridurne i sintomi.
Gli scienziati hanno infatti scoperto che nutrire ratti obesi con quantità di mirtilli corrispondenti al consumo quotidiano di due tazze di questi frutti di bosco permette di migliorare le capacità di contrazione e rilassamento dei vasi sanguigni, compromesse dall'obesità. Questo effetto, riscontrabile dopo 8 settimane di consumo regolare di mirtilli, contribuisce a migliorare il flusso sanguigno e a ridurre la pressione sanguigna. Ciò significa che i mirtilli possono aiutare a limitare i danni alle pareti dei vasi sanguigni e a contrastare l'intolleranza al glucosio che può portare al diabete.
La dottoressa Klimis-Zacas ha spiegato che molte sostanze presenti nel cibo possono aiutare a prevenire la sindrome metabolica, condizione in cui sono presenti contemporaneamente diabete, pressione alta e obesità. Nel caso specifico dei mirtilli i loro polifenoli contribuiscono a normalizzare i livelli di infiammazione e a migliorare la funzionalità dei vasi sanguigni. Attenzione, però: la cottura può ridurre significativamente le quantità di queste molecole. Il consiglio degli esperti è quindi di mangiarli crudi, prestando però attenzione alla loro provenienza.