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lunedì 25 gennaio 2016

Come la campana del Bargello, Come la campanella dello Strozzi

COME LA CAMPANA DEL BARGELLO: si dice di persona maldicente. A Firenze la campana del Bargello, o Palazzo del Podestà, suonava ogni volta che i condannati venivano esposti alla gogna o condotti al patibolo, e si diceva che suonava sempre a "vituperio"


COME LA CAMPANELLA DELLO STROZZI: "Che la doveva venire ma la 'un veniva mai". Si dice di qualcosa tanto attesa ma quasi impossibile a realizzarsi. Questa proverbiale campanella è una di quelle penzoloni all'esterno del Palazzo Strozzi, a Firenze.

Si racconta che un tale, una volta, si mise a tirarne una con tutte le sue forze, aggrappandosi con le due mani esclamando di tanto in tanto: "Eppure l'ha a venire!". Naturalmente si raccolse una piccola folla incuriosita per questo tipo strambo che pretendeva di sbarbare il grosso arnese di ferro da una delle più massicce costruzioni della vecchia città; e intanto alcuni, sempre pronti alla battuta e ad approfittarne di un divertimento alle spalle altrui, lo incoraggiavano a tirare  di più. Finalmente questo ometto, che sembrava al massimo dello sforzo, sparò una fragorosa scoreggia.

E mentre tutti quanti, colti di sorpresa, erano ammutoliti, esclamò trionfante: "Lo dicevo che la doveva venire!".


domenica 19 luglio 2015

Il piacere d iscrivere una lettera

Mi sono chiesta da quanto tempo non scrivo una lettera, un gesto che mi era così familiare e caro, che sembra sepolto sotto una coltre millenaria di polvere ma che ha scandito anni interi della mia vita.

Una lettera, un gesto  perduto, quasi dimenticato, a qualcuno forse addirittura sconosciuto. Ma la lettera no, essa è un profumato documento su cui l'inchiostro ha fissato permanentemente attimi del fuggevole tempo, emozioni, ricordi, turbini di sentimenti e poesia. Ad una lettera si possono affidare parole che non si direbbero mai a voce, poichè essa non arrosisce.

Un semplice foglio di carta, che sia pregiata o meno, con una sua propria voce, il fruscio delle parole non dette, il cui complemento è l'inchiostro della penna,  che traduce il flusso dei nostri pensieri, ideogrammi svolazzanti dal caratteristico odore. Di fronte alla carta da lettere tutto si ferma e tace, è lo spazio tempo del "non fare", cuore, mente, intelletto che si fondono insieme e creano questo piccolo arcano capolavoro. Sono i dialoghi interiori che prendono forma, diventando tangibili, perchè scrivere una lettera altro non è che una forma di meditazione con noi stessi verso gli altri, un dar voce a nuove vibrazioni d'energia della nostra luminescente anima, liberandola dalla standardizzazione delle catene tecnologiche che troppi paletti hanno messo al libero sviluppo del nostro pensiero.

Soffermarsi a scrivere una lettera è come rilassare il corpo dopo un duro allenamento, significa sentire tutto il nostro essere come sentiamo tutto il nostro corpo, in ogni sua singola parte, che, per quanto piccola, ha la sua fondamentale importanza. E' il gusto dell'attesa della risposta, che focalizza il nostro pensiero, il nostro desiderio e la nostra speranza su chi la riceverà, e con gesti di un tempo che sembra ormai perduto, troverà la sua nicchia per leggerla, creando così quel canale energetico spirituale che funziona meglio di qualunque sms, email o hangout. 

No, non è perdita di tempo, anzi è un guadagno, spirituale e tattile, rievocazione e continuità di gesti che sono radicati nel nostro genoma come la nostra stessa evoluzione. Non occorre esser poeti, grandi scrittori, la grandezza sta nel permettere alla nostra anima di palesarsi sulla carta da lettere, e di far sì che diventi, per chi la riceverà, il noumeno della nostra esistenza.


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