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venerdì 7 agosto 2015

Piccoli accorgimenti per fare la spesa

Spesso e volentieri andiamo a fare la spesa in fretta e furia, proprio quando usciamo dal lavoro, ed è già tardi, e sappiamo che a casa ci sono mille cose da fare. Il tempo è contato e quindi dobbiamo ottimizzare. Ottimo dico io, ma possiamo però organizzare in anticipo questo momento e risparmiare sia tempo che soldi. Come? Non è necessario affidarsi a studi e indagini, e nemmeno ricorrere alla consulenza di esperti, basta usare solo un po' di logica.

Analizziamo le nostre abitudini: 
  • se facciamo la spesa giorno per giorno, sarà bene farsi in anticipo una lista di ciò che dobbiamo acquistare, io per esempio ho sempre con me un piccolo taccuino e una penna su cui scrivo ciò che manca in casa
  • se invece siete abituati a fare la spesa durante il weekend, dovrete solo aver cura di fare la vostra lista durante la settimana
  • in entrambi i casi non arriviamo al supermercato senza buste in cui sistemare la spesa, ce le fanno pagare, e pur se centesimi, perchè spenderli? Nella mia borsa io ho sempre con me almeno una busta in tessuto (cotone, iuta) che mi serve anche per altri fini. Se ogni giorno mettete da parte i circa 10 centesimi del costo di una busta vi accorgerete a fine mese quanto avrete risparmiato, ho calcolato a fine anno un rispermi che si aggira intorno ai 55 euro
  • come dice il proverbio: "il tempo è denaro", quindi facciamo tesoro dei volantini che i supermercati ci mandano a casa con le offerte, e compariamo i prezzi, a parità di marca troveremo dove risparmiare anche pochi centesimi, pratica che nel lungo periodo si rivela davvero sorprendente
  • fate caso che, vi sono catene di supermercati nei quali è più conveniente acquistare certi tipo di prodotti piuttosto che altri, ebbene teniamoli presenti
  • cercate di pagare la spesa in contanti, capisco che carta e bancomat siano più comodi, ma  rischiano di aumentare vertiginosamente la propensione al consumo: chi le usa, infatti, non tocca con mano – contandole – le banconote su cui è ben visibile il loro valore economico. Questo fatto concorre spesso a far perdere al soggetto la percezione della cifra realmente spesa, con conseguenti sorprendenti delusioni nella lettura dei movimenti di conto corrente. Quando poi viene utilizzata la carta di credito – che dilaziona la data di pagamento – si rischia di perdere il controllo delle uscite di cassa.
  • siate accorti nella ricerca di ciò che vi serve, sappiate che le strategie di vendita nei supermercati puntano a far acquistare determinati prodotti e relative marche esponendole in un certo modo sugli scaffali, ad altezza occhi per intendersi. Siate voi a scegliere, cercate ciò che più si conforma alle vostre tasche
Sono semplici accorgimenti, che molti di voi conoscono e mettono in pratica da chissà quanto tempo, ma come dicevano i latini "repetita iuvant", buona spesa!

domenica 17 novembre 2013

MONNA VANNA DETTA GINA


Monna Vanna, detta Gina, era la mia professoressa di greco e latino ai tempi del liceo. Donna tutta d'un pezzo, di grande sapere e altrettanta disciplina. Severa, anzi severissima, era il terrore di tutti gli studenti. Il suo passo risuonava per i corridoi, come fosse quello del boia che stava andando a giustiziare il condannato, quando entrava in classe, la salivazione di noi ragazzi si azzerava totalmente, e una strana sensazione si impadroniva dei nostri corpi. Era la paura. Molti di voi si domanderanno: il terrore era legato alla coscienza sporca di chi non aveva studiato? No, era semplicemente legato a lei.
Potevi aver studiato di tutto e di più, ma lei incuteva comunque terrore, e sapete perchè? Perchè era in grado di parlare il greco antico come parlava italiano, la sua lingua madre.
Traduceva qualunque cosa, anche un solo verbo buttato lì, aveva una memoria incredibile, ed era in grado di recitare in greco antico Iliade, Odissea e lirici greci in metrica.
Ora, di fronte ad una donna così, ma che dico donna, forse essere di un altro mondo,  proveniente direttamente dal V secolo avanti Cristo, voi come vi sentireste? 
I suoi medoti erano semplici, ma avevano pur sempre il sapore delle torture della Santa Inquisizione spagnola. Lei, a differenza degli altri professori, interrogava a spron battuto tutti i giorni, e la cerimonia pre interrogazione era un lento stillicidio di sofferenza per noi alunni.
Apriva il registro, nel silenzio sepolcrale che lei stessa aveva creato entrando in aula, si sentivano solamente il fruscio delle pagine e il lieve colpetto di tosse con cui si schiariva la voce. Prendeva la sua penna personalizzata, alzava la testa per scrutare tutti noi, che, statue di cera, la fissavamo in trance, con il sangue che pulsava nelle tempie e il cuore in gola.
Poi con grande concentrazione cominciava a scorrere i nostri nomi dall'alto al basso e dal basso in alto, aiutandosi con la penna: non si sapeva mai per quanto tempo lo facesse, era imprevedibile. 
Durante quegli interminabili minuti nelle nostre teste si sentiva solo il suono di un pendolo, sì quello che scandiva le ultime ore di un condannato a morte. DON, DON, DON.......
Poi con un gesto fulmineo come l'attaco di un cobra dagli occhiali, la punta della penna cadeva su un nome e lei lo pronunciava. Il chiamato al sacrificio si alzava, senza alcun controllo su se stesso, mentre gli altri, madidi di sudore freddo, appoggiavano la fronte sul banco per qualche secondo, poi iniziava l'interrogazione. Stessa cosa accadeva il giorno del compito in classe, greco o latino che fosse. Lei arrivava con il suo incedere, la fotocopia della versione per noi tutti in mano. Spostava sapientemente i banchi, distanziandoli, in modo tale che fosse impossibile la comunicazione verbale e non, distribuiva la versione, e poi la leggeva. Era il momento topico, bisognava stare ben attenti all'inflessione della voce, dove faceva una pausa, lì bisognava mettere una virgola o fare un segno, poteva essere la svolta per capire il senso della versione. Poi il nulla per due ore, tranne qualche sospiro disperato, e il rumore delle pagine del vecchio Rocci o del Badellino-Calonghi che scorrevano fra le nostre dita. Al termine delle due ore, sui nostri volti i segni di quella tremenda pugna, e le relative conferenze che ne scaturivano.
Poi iniziava l'attesa, sì, quella del giorno in cui avrebbe riportato i compiti corretti. Erano giorni in cui l'Inferno si materializzava sulla terra, i peggiori dubbi tormentavano le nostre anime, ma ormai ciò che era stato fatto non si poteva cambiare. Quando entrava con i fogli protocollo sotto il braccio, molti chiedevano il permesso di andare in bagno, e ho detto tutto. Ma quell'amaro calice non poteva esser allontanato, Monna Vanna consegnava sempre a me il fascio dei fogli protocollo e a me toccava consegnare i compiti corretti, sistemati in ordine crescente, quindi dal voto più basso a quello più alto. Sono passati ventidue anni, e ancora oggi, nei periodi in cui sono maggiormente sottoposta a stress, ricevo le visite di Monna Vanna, detta Gina, nei miei sogni, con la penna in una mano e i compiti nell'altra. Eppure dopo tutti questi anni, di fronte ad un testo greco o latino, sono ancora in grado di tradurre.
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