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domenica 18 ottobre 2015

Le scaramucce di Nerina: ovvero di un piano quasi perfetto

C'è stato un periodo della mia vita in cui sono stata impiegata presso uno splendido agriturismo, delicatamente appoggiato su una collinetta antistante il mare. Vi sono rimasta un paio d'anni, sempre in balia del solito precariato lavorativo, abbarbicatomisi addosso come una sanguisuga.

Di avventure ne sono capitate tante, tutte esilaranti, fra queste ne ho scelte alcune, da condividere con voi.

Un Sabato pomeriggio, mentre ero intenta a mettere in ordine la contabilità dell'ufficio, ho sentito una serie di nitriti provenire dalla zona sottostante del parco.


Un atroce sospetto si è insinuato dentro di me.....che siano scappate le cavalle?
Ho afferrato velocemente il telefono portatile, elemento indispensabile per essere sempre rintracciabili anche fuori ufficio, e mi sono avviata verso i paddocks; in realtà già sapevo di dover andare in direzione del paddock di Lifar, il mio cavallo. A metà della discesa i suoni si sono amplificati e si sono tradotti in un linguaggio a me ben noto: Lifar stava dando fondo al suo repertorio di poesie amorose.

Al termine del sentierino, mi sono trovata davanti quella sfacciata di Nerina, cavalla dalle curve pericolose, che con la criniera selvaggia al vento, passeggiava con fare provocatorio lungo la staccionata di filagne di castagno (staccionata che in quel momento  mi sembrava stesse in piedi con lo sputo). Dall'altra parte Lifar, fuori di senno per la provocazione perpetrata da quell'insolente morella, si era impennato e rampava, con l'intenzione di distruggere l'incomodo divisorio
Ho assunto un'aria molto solenne (anche se dentro di me ero veramente divertita da quel buffo teatrino) e, con tono deciso e indice puntato ho intimato: "Nerina! A casa tua!" Dal canto suo la fatalona, vistasi scoperta, si è avviata a piccoli passetti verso la sua dimora, mentre io, senza dover ricorrere alla longia, la accompagnavo. 

Arrivata davanti al cancello, si è fermata e si è girata a guardarmi, aspettando ovviamente che aprissi il medesimo per farla entrare a casa sua, dove, quelle "bischere" di Viola ed Estrella (le sue coinquiline che non riescono mai a seguirla) ci osservavano stizzite. 
Ho fatto un giro su me stessa e ho ripreso il sentierino per tornare da Lifar che, indispettito perchè li avevo colti in fallo, sbuffava come un drago inferocito e mi guatava da lontano. Per calmarlo un po', gli ho offerto un paio di mele e una manciata di pellet, poi ho controllato la staccionata in tutta la sua lunghezza accompagnata dalla fida Camilla (che in tutto quel trambusto, aveva abbaiato come una pazza) e alla fine sono tornata in ufficio, sempre con l'orecchio teso in attesa di una nuova fuga d'amore.


domenica 9 agosto 2015

Il ruggito continua, fuori dal maneggio, Zoe parte tredicesima

Zoe tornò a casa confusa dopo quell'allenamento,  era malconcia fisicamente (puntine conficcate nella carne e muscolatura che produceva acido lattico a tonnellate) e psicologicamente, non credeva che avrebbe potuto essere così aggressiva se poi di aggressività si poteva parlare. Ma era soddisfatta, finalmente era riuscita a buttar fuori quella palla di fuoco e lava che le infiammava le viscere. 

Certo che, per vomitarla fuori, la provocazione era stata tremenda, protratta al limite della sopportazione umana, perciò si chiese: erano forse necessarie delle torture per far uscire dal sarcofago l'anima combattente?
In ogni caso sapeva che durante gli allenamenti a cavallo, da ora in poi, le cose sarebbero andate diversamente, quel muflone del suo istruttore era uno psicologo nato, riusciva a farle fare ciò che voleva, come un mago con la bacchetta magica. Se arrivavano cavalli nuovi, in un modo o in un altro riusciva sempre a convincerla a montarli che fossero alla sua altezza o meno. Durante gli allenamenti alzava gli ostacoli a suo piacimento pur sapendo il dissenso di Zoe a certe altezze, che lei riteneva non adatte alle sue tecniche ancora da affinare.

Ma Zoe sarebbe riuscita a traslare quella parte combattente anche agli altri campi della sua vita? Quell'esplosione provocata sapientemente dal suo muflonico istruttore, grazie alla sua perfidia, che conseguenza avrebbe avuto se si fosse manifestata altrove?
Non dovette attendere a lungo. Le si presentò un'occasione poco tempo dopo.
Ormai era pieno inverno, stagione che tra l'altro Zoe odiava, perchè non sopportava il freddo, ma che offriva ottime occasioni per stare insieme ai compagni universitari, in serate all'insegna dell'allegria e delle mangiate in compagnia.

Fu così che proprio con il suo nutrito gruppo di amici univesitari, di cui faceva parte anche F., Zoe andò a cena presso un ristorante dell'entroterra, per gustare piatti a base di pasta fatta in casa, cinghiale e polentina fumante.
La sala del ristorante era gremita, e la tavolata di Zoe e compagnia, numerosa. Zoe era seduta sul lato lungo del tavolo rettangolare, proprio in mezzo, accanto a lei, F.
Fu una cena gustosissima, si susseguirono crostini e primi davvero appetitosi,  caccagione e  funghi, l'armonia regnava sovrana. La conversazione verteva sugli esami da preparare e sui soliti pettegolezzi relativi ai professori, alle loro manie e tic, alle domande assurde proposte durante le sessioni d'esame, il tutto condito da sagaci battute al vetriolo e brindisi.

Zoe aveva mangiato con grande appetito e quando arrivarono i secondi era praticamente sazia da far paura. Vennero servite grigliate di carne miste, accompagnate dalle immancabili patatine fritte.
In quel momento F. chiese a Zoe se voleva le patatine, ma Zoe rispose che non ce la faceva ad ingoiare più nulla tanto era piena, F. però non convinto insistè: "Dai prendi due patate sono deliziose!" Zoe cortesemente rifiutò di nuovo: "No F. grazie non ce la faccio più"
Ma F. sembrò non udire la risposta, e continuò ad insistere: " Su via Zoe, non fare complimenti, prendi un po' di patatine...." 

E Zoe ripetè che non le voleva, ma nulla, F. sembrava un disco incantato.
La parte leonina di Zoe cominciò ad agitarsi, abbassò le orecchie e ringhiò, tese i muscoli e si preparò all'attacco. Zoe tentò di controllare quella forza oscura in tutti i modi, ma quando F., per l' ennesima volta tentò di mettere nel piatto di Zoe le patatine fritte che lei aveva vieppiù volte rifiutato educatamente e con il sorriso, il tappo del vulcano leonino saltò via.
" Ma insomma ci sentiiiiiii, sei sordooooo, sono almeno cinque volte che ti dico che non mi vanno, non le voglio, non le vogliooooooo! Ma ci sei o ci fai?" così urlò Zoe in faccia a F. esasperata dalla sua pedante insistenza, sfibrata dalla sordità del suo comprendonio.

Un silenzio di tomba gelò la tavola e tutta la sala del ristorante, tanta era stata la potenza della reazione di Zoe; F. si ammutolì e divenne verdino, gli amici, abituati alla gentilezza, alla grazia e soprattutto al suo super autocontrollo erano impietriti in svariate e comiche pose: chi a bocca aperta, chi con la forchetta a mezz'aria, chi con il boccone semideglutito, qualcuno con il bicchiere alle labbra. Sembrava che una magia li avesse incantati, lasciandoli lì, ancora presi dall'azione del momento. Momento per altro che parve interminabile, ma che si sbloccò appena Zoe ebbe passato il suo sguardo su tutta la conventicola, la quale cercò di superare l'imbarazzo facendo un brindisi alla faccia degli esami ancora da sostenere.

Anche il resto degli ospiti del ristorante riprese la propria attività mangereccia, ma con un tono lievemente più sommesso.
Per tutto il resto della serata F. non proferì verbo, nè Zoe gli rivolse la parola, concentrata com'era a sopire  le zampate che la sua gemella leonina continuava a sferrare, per liberarsi dalle ultime catene che la tenevano ancora prigioniera.
All'uscita del ristorante F. prese la parola: " Mi hai trattato come un pellaio davanti a tutti!" - " Ti ho detto almeno cinque volte che non volevo le patatine fritte, ma tu hai continuato ad insistere, insistere e insistere, mi chiedo se capisci il senso della negazione F." gli rispose Zoe con mini ruggito e un lampo diavolesco nello sguardo.
" Ma io credevo solo che tu facessi i complimenti...." - " Tu non devi credere F. devi ascoltare, se ti dico no, è no, chiaro? Hai capito bene?" sibilò Zoe.
E un altro tassello del mosaico era stato sapientemente incastrato.



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