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domenica 8 novembre 2015

La piscina parte seconda, scene dal precariato lavorativo

Il fazioso gruppetto studiò tutti i modi per infrangere a proprio vantaggio le regole di comportamento e accesso alla piscina.
Bosley se ne infischiava altamente di tutte queste manovre, ma Charlie no.

Zoe tutti i giorni faceva un giro di ricognizione per l'headquarter per controllare che tutto fosse a posto, questo giro comprendeva anche delle splendide sbirciatine in piscina, dove il povero Mitch, era costretto a fare anche da cameriere, purchè gli ospiti di Charlie non si presentassero al bar in costume, bagnati o sudaticci.

Una mattina Zoe, aveva visto passare circa cinque ospiti di Charlie che si recavano in piscina, i soliti che rispettavano le regole, ma durante il suo giretto di ispezione ne contò venti a prendere il sole. Dunque una differenza di quindici, e da dove erano passati? Interrogò Mitch, che le rispose che al suo arrivo li aveva già trovati lì, pensando che fosse stata Zoe a farli passare. Uhm, Zoe facendo finta di guardare le fioriere, fece tutto il giro della piscina e trovò un ospite di Charlie cavalcioni al cancelletto esterno.

"Ma che diavolo sta facendo in cima a questo cancello? Non solo è pericoloso, ma è vietato! Cosa credeva di fare?" E mentre Zoe stava di fronte all'ammutolito scalatore, ecco che alle spalle di quest'ultimo si affacciarono altri ospiti che, ignari della presenza di Zoe, lo incitavano a sbrigarsi perchè attendevano il loro turno.
Una scena campale! Calò un silenzio surreale, qualcuno cambiò colore. " Signori, mi meraviglio di voi", sentenziò Zoe, "non è un comportamento corretto, nei confronti del personale al desk, nè verso gli altri ospiti, vi prego ti tornare sui vostri passi e di passare dalla porta principale, recarvi negli spogliatoi, e poi in piscina!"

Mestamente "los rebeldes" si avviarono verso la porta principale, mentre Zoe disse a Mitch di stare all'erta, poi tornò al piano inferiore, dove li trovò stizziti, ma tuttavia non inclini a rinunciare al loro piano. Certo la faccenda non poteva passare sotto silenzio, quindi Zoe informò in maniera non ufficiale Charlie, che si disse pronto a combattere, rafforzando il personale di sentinella, compito questo che fu affidato ad alcuni camerieri dello staff di Re Sugo, ma che fallì, poichè questi ultimi facilmente corruttibili. 

Dunque alcune parti  dell'incriminato cancello vennero avvolte nel filo spinato. Ma questo non bastò a far desistere i partigiani pro "piscina autogestita", che nottetempo e armati di cesoie, tagliavano il filo spinato. Charlie fece installare una recinzione elettrica.
Questo scorno non fu digerito affatto, così alcuni cominciarono ad accamparsi nel praticello antistante il cancello elettrico, altri attuarono l'ammutinamento anti pagamento tickets, altri ancora misero in atto azioni di disturbo all'interno della piscina stessa.

Gli accampati furono tenaci, quanto gli iloti di Messenia nascosti sul monte Itome, monte dal quale non si riusciva a snidarli, tanto che ottennero un'area attrezzata con tavoli, divanetti e gazebo (per intercessione di Bosley, che aveva da guadagnarci); gli ammutinati dei tickets, tentarono la manovra di accesso alla piscina passando non dagli spogliatoi, bensì dal bar, volendo dar a bere a Zoe e alla collega che salivano solo per un caffè (ma dietro ai quali c'erano sempre  o Zoe o la collega, munite di blocchetto tickets) e furono costretti a pagare; lo squadrone guastatori dette spettacolo, meglio degli artisti del Circ du Soleil, con piroette e tuffi, schiamazzi e grida, accumulo di oggetti personali sui lettini, fino alla loro definitiva espulsione eseguita da Charlie stesso.

Fu una lotta intestina, che impegnò tutto lo staff dell'headquarter per un'intera stagione, ci furono perdite e guadagni da entrambe le parti, ma con un punto in più per Charlie, che con un colpo solo si liberò di quelle che lui definì: "Le vecchie cariatidi che ammiccano".





domenica 25 ottobre 2015

Harley, scene dal precariato lavorativo

Gli ospiti di Charlie avevano gli interessi o le passioni più bizzarre, del resto se lo potevano permettere.
Ma fra tutti la più spregiudicata era Lei, la centaura dello Uaisipiei, fanatica delle due ruote, amante del caratteristico rumore di scarico prodotto dal bicilindrico a V, con i cilindri inclinati di 45°, e  dalle bielle  vincolate ad un'unica manovella dell'albero motore della Harley Davidson.


Ora noi tutti nel visualizzare una centaura, pensiamo ad una splendida creatura dai lunghi femori, dalle forme perfette, con un generoso davanzale e chioma al vento.

Ma la realtà è sempre amara purtroppo, e Charlie ne era un osservatore acuto, perciò, lui come tutto lo staff, dovette rendersi conto che i sogni son solo sogni.
La nostra centaura non corrispondeva affatto al profilo succitato, come la definì Charlie? "Culotta Bassotta".

Certo non era una silfide, nè aveva una folta chioma, anzi era piuttosto rada, e in quanto ai femori non spiccavano certo per lunghezza.
Pur nonostante e per l'invidia di molti appassionati, Culotta Bassotta aveva una splendida 883, con cui girava in lungo e in largo con il tipico abbigliamento Harley, acquistato appositamente negli U.S.A.

Guanti, magliette, gilet, cinture, scarpe, giubbotti, bandane, orologi, occhiali.....forse anche la biancheria intima.
Così "apparecchiata", ella si presentava al desk e ogni volta che ci trovava Zoe, la intontiva di chiacchiere parlandole non a caso, di come si era appassionata alle moto, il perchè la Harley,  per lunghe interminabili ore, anche mentre Zoe faceva altro e seguiva altri ospiti.
A Zoe sembrava che volesse a tutti i costi far notare la propria posizione sociale, si sforzava di parlar forbito, di usare una mimica e una gestualità raffinate, ma il fisico non l'aiutava e nemmeno la sua limitata cultura, come disse Charlie: "Audentes fortuna iuvat"! Lasciandola senza parole e per una volta senza risposta.

Charlie non temeva nessuno, ma se poteva, cercava di evitare Culotta Bassotta, quella donna aveva il potere di innervosirlo, la trovava oltremodo ridicola e non perdeva occasione di tirarle qualche frecciatina, nei sui punti deboli naturalmente: la moto, il fisico e il suo senso di inferioirità mai colmato.
"Ha una nuova pezzuola oggi in testa? Che serpente borchiato in vita! Aggiunga uno strappo a quel gilet" soleva punzecchiarla Charlie quando la incontrava. E poi guardava Zoe facendole l'occhiolino.
Che disdetta non potersi smascellare dalle risate a quelle pungenti battutine che Charlie elargiva così generosamente, e che Bosley poi riciclava per i propri scopi.
Ma  l'apoteosi Charlie la raggiunse proprio la sera della storica cena sociale, evento al quale partecipavano tutti i suoi ospiti in pompa magna. Charlie in persona li riceveva all'ingresso dell'headquarter, con un cadeau per le signore.

Nel momento di massimo afflusso, arrivò anche la nostra centaura con il gentil consorte, questa volta in elegante abito da sera (come specificato nell'invito).
Charlie le fece il baciamano e le consegnò il cadeau, ma non riuscì a star zitto: "Allora dove ha parcheggiato il cavallo di ferro stasera?"
Zoe si abbassò facendo finta di prendere da uno scatolone altri cadeaux, Bosley comincò a salire al piano superiore, alcuni consiglieri guardarono il soffitto: gli ospiti di Charlie che affollavano la hall dell'headquarter  risero a crepapelle. La centaura trovò solo la forza di rispondere: " E' nel box!"
E iniziarono le danze.




sabato 17 ottobre 2015

L'intruso in auto, scene dal precariato lavorativo

Era uno dei soliti afosi pomeriggi presso l'headquarter, il turno stava per terminare e Zoe aveva anche una certa fretta, aveva delle commissioni da fare e sapeva che avrebbe trovato il solito traffico lungo la via del rientro a casa. Ovviamente Bosley le aveva chiesto di sbrigare delle incombenze anche per lui, dato che di lì a pochi giorni ci sarebbe stata la cena sociale, altro importante evento atto a festeggiare l'anniversario della fondazione dello Uaisipiei.

Che approfittatore Bosley, quanto godeva nell'essere servito e riverito, e poi fossero stati affari di lavoro..... E invece no, sempre grane sue personali da sbrigare: ritirare la sua divisa in lavanderia, portare qualche camicia in sartoria per il ricamo delle cifre ( per emulare Charlie naturalmente), prenotargli qualche controllo medico ( probabilmente non era capace di alzare la semplice cornetta del telefono e prenotare per conto proprio, abituato com'era ai suoi tecnologici Cursori) e via dicendo.
Certo Zoe avrebbe potuto rifiutarsi, ma se da questi favori dipende il tuo contratto di lavoro.......

In ogni caso Zoe non si perdeva mai d'animo, e quindi appena la collega giunse a darle il cambio,  raggiunse il parcheggio dove l'attendeva il suo rombante mezzo di trasporto (la sua Tiblisi, così Zoe chiamava la sua auto) e dopo aver imprecato contro il porsche cayenne di Mr Penguin (altro ospite di Charlie), che era sistemato bel bello tutto di sbieco e rendeva quasi impossibile fare manovra, partì. 

Per uscire dal porto sul quale si affacciava lo Uaisipiei, si doveva costeggiare per un tratto la banchina, poi svoltare bruscamente a sinistra. Proprio su lato sinistro, erano situati anche i cassonetti della spazzatura, suddivisi in base alla raccolta differenziata. 
Fortuna che Zoe era sempre molto prudente, perchè da dietro uno dei cassonetti sbucò fuori, come comparso dal nulla, Piccolo Bonaparte, anche lui facente parte della cerchia di Charlie. Zoe inchiodò, perchè Piccolo Bonaparte le si piazzò proprio davanti al cofano di Tiblisi.
"Madre Santa!" soffiò Zoe come un cobra dagli occhiali, " sta tentando di suicidarsi? Mi ha spaventata a morte, meno male che i miei riflessi sono vigili e pronti!"

Piccolo Bonaparte era longilineo, piuttosto magro e asciutto, il suo viso era scarno e per qualche aspetto spigoloso, non rideva quasi mai, ma era più che altro un atteggiamento che amava tenere, come amava fissare a lungo le persone (Zoe inclusa), per vedere che reazione avessero.
"La stavo aspettando" rispose serafico Piccolo Bonaparte, che indossava un paio di bermuda Prada, ma esibiva il suo torso abbronzato e asciutto al sole di quel pomeriggio di Luglio e anche all'intero porto.

"Ma cos.." stava dicendo Zoe, ma non fece in tempo a terminare la domanda, che si trovò Piccolo Bonaparte in macchina, e questa volta sorridente.
Indossò subito una polo (sempre Prada) e come se quella situazione fosse la più normale di questa terra, fissò Zoe e le chiese: " Mi dà un passaggio fuori dal porto? Dovrei arrivare alla chiesa, e so che lei deve fare per forza questo tratto di strada...."

Ora, nella testa di Zoe le domande nacquero spontanee: poteva Piccolo Bonaparte aver davvero necessità di un passaggio? Era tipo da rimanere a piedi? Decisamente no. Cosa ci faceva un uomo come lui, gran giocatore di scacchi, dietro un cassonetto di raccolta della carta? Mah.....la trama si infittiva.

Comunque Zoe non riuscì a stare zitta, del resto non era più dietro al banco del desk, si trovava nell'auto di sua proprietà e con un passeggero che "era entrato di secco e si era messo di chiatto" (come si dice a Napoli), un intruso insomma: " Lei è furbo come un serpente vero? Potrei sbatterla fuori dalla macchina, ma  siccome sono magnanima, le concederò l'ebbrezza di un giro sulla mia Tiblisi, che per altro non potrà mai eguagliare il dolce rombo della sua Ferrari".

Zoe non si preoccupò nemmeno che Piccolo Bonaparte si fosse allacciato le cinture, partì sgommando e volò fuori dal porto attraversando a tutta velocità la sbarra, per fortuna alazata, che regolava l'entrata e l'uscita al porto, salutando con un colpetto di clacson il vigilantes che la guardò sgomento. Imboccò la salita e fece i tornanti come solo un rallysta sa fare, mentre Piccolo Bonaparte era schiacciato sul sedile ed era in tutto somigliante ad un astronauta in fase di decollo sullo Space Shuttle.

Giunse sparata presso la chiesetta e frenò di colpo, aiutandosi con il freno a mano per fare una sgommatina fatta bene.
" Siamo giunti a destinazione" disse Zoe, sistemandosi la sua lucente frangia rossa " buon rientro in porto!"




sabato 10 ottobre 2015

Charlie e la scuola di vela, seconda parte - scene dal precariato lavorativo

Il tesseramento era la fase cruciale del processo di iscrizione dei ragazzi; poichè questo avveniva per via telematica, era facile che il sito fosse sovraccarico (come quello dell'INPS), o peggio ancora che il poppante in questione risultasse tesserato presso un altro circolo velico

Questo era un problema, un grosso problema, poichè era inevitabile dover comunicare all'impaziente procreatore, che era necessario avere il nulla osta del circolo di appartenenza per procedere con l'iscrizione.

La notizia aveva l'effetto devastante del napalm sul genitore già scocciato di dover aspettare i comodi del sito, la voce cominciava ad alterarsi, a mettersi in falsetto: " E allora, che problema c'è? Guardi le faccio una dichiarazione di mio pugno in cui io genitore mi prendo ogni responsabilità...."
" Ma guardi, che non si può fare così", rispondeva Zoe, " se il tesseramento è stato effettuato presso un altro circolo velico, e la tessera è scaduta, è necessario il nulla osta del circolo di appartenenza, perchè la F.I.V. fa continuamente controlli e se dovesse succedere qualcosa durante il corso, la responsabilità ricade sul circolo che ha effettuato in maniera non idonea il tesseramento".
Parole gettate ai porci,  fiato sprecato, diaframma usato inutilmente, la risposta era: " Lei non sa proprio nulla sul tesseramento, facciamo questa iscrizione che il bambino vuole le magliette della scuola vela!"

" Guardi evidentemente conosco le regole meglio di lei, anzi vedo che anche il certificato medico che ha portato è scaduto tre giorni fa, quindi non possiamo proprio fare nulla, chiami il suo circolo velico e si faccia mandare qui il nulla osta, e poi vada alla Asl a farsi fare un nuovo certificato, perchè siamo del tutto fuori regola".
" Si si intanto pago e poi le faccio avere tutto" esordì il parente. " No, non può pagare prima di aver consegnato il nulla osta e il certificato" diceva Zoe.

"Voglio parlare con il direttore, perchè con lei ragazza non si arriva a nulla, non sa chi sono io!"
A Zoe salì la pressione per quell'ostinata ignoranza o presunta tale e replicò: " Guardi non importa a nessuno di chi è lei, queste sono le regole e valgono per tutti, mi sono spiegata?"
"Voglio il direttoreeeeee!" urlò il bizzoso creatore del bambino, cercando di raccogliere consensi dagli altri genitori che imbufaliti dall'attesa, aspettavano davanti al desk con il naso attaccato all'isterico impastatore di bambini.
Bosley era uscito dalla porta di servizio e Zoe era sola con l'inferocito leader del gruppo "genitori contro la legge", come fare ad indurlo alla ragione?

Arrivò il direttore: Charlie in persona era piombato in ufficio cercando indarno Bosley, e, trovatosi di fronte agli insorti, guardò Zoe e le disse: " Bambina rossa dobbiamo fare il fax alla Capitaneria di Porto, fra poco parte la regata!" e, presala per un braccio la portò nel back office.
Il gruppo dei genitori urlò in coro: " Ma insomma direttore, ci siamo prima noi, e poi la ragazza non vuole tesserarci perchè facciamo parte di un altro circolo!"

" E ha fatto bene cari signori, ci vuole il nulla osta, il nulla osta! E ora andate via che qui ho io la precedenza" ridacchiò Charlie
" Ma lei caro direttore, non sa chi sono io......!!!" proferì il genitore.
" Non me ne importa un fico secco di chi è lei, le regole sono queste per lei e per tutti, e io continuo ad avere la precedenza".
E canticchiando queste simpatiche paroline, Charlie si portò Zoe a fare il fax e buttò fuori gli scapestrati genitori.


sabato 3 ottobre 2015

Charlie e la scuola di vela, prima parte

Charlie mal sopportava l'affollamento presso il desk dei genitori che iscrivevano i propri figli alla scuola di vela. I motivi erano plurimi: lo smodato vociare che facevano, il fatto che arrivavano a gruppi e mai scaglionati, che quasi mai portavano il certificato di sana e robusta costituzione benchè vieppiù volte sollecitati, che facevano polemiche varie in merito al tesseramento dei figli presso la Federazione Italiana Vela....

Anche da questo punto di vista Zoe e collega subivano degli attacchi degni della cavalcata delle Valchirie, roba che nemmeno Sigfrid (che pure uccise il drago), avrebbe potuto contenere.

La scuola vela era suddivisa in settimane, i corsi si tenevano la mattina e il pomeriggio, al mattino per i bambini dai sette ai tredici anni, il pomeriggio per adolescenti e adulti.
La prenotazione doveva avvenire via mail, a partire dal Febbraio dell'anno in corso compilando un form specifico, e il pagamento invece qualche giorno prima dell'inizio del corso.
Queste erano le semplici regole da seguire, e voi credete che venissero seguite e rispettate? No! 
Ecco perchè Charlie voleva abolire la scuola definitivamente.

Nessuno voleva compilare il form, perciò il telefono veniva intasato dalle molteplici telefonate, intasamento che impediva a Charlie di chiamare il desk, e che una volta lo indusse per disperazione a rispondere personalmente ad una telefonata: "Non c'è nessuno! Il desk non prenderà mai più prenotazioni telefoniche per la scuola!" a questo messaggio seguì dall'altro capo del telefono un altro messaggio vocale: "Non lo permetterò, la faccio licenziare!".
Per segnare le prenotazioni settimana per settimana, Zoe aveva dei registri con apposito datario, suddivisi per mesi e per settimane sui quali venivano segnati i nomi, i numeri di telefono e la forma di pagamento, tutto a lapis perchè ogni minuto si doveva cancellare da un lato e scrivere da un altro, altra faccenda che esasperava Charlie, che una volta nascose i registri nel suo ufficio chiudendocisi dentro e impedendo di fatto la trascrizione delle prenotazioni.

Ma il peggio del peggio si verificava al momento del pagamento, consegna certificato e tesseramento F.I.V. Era il momento topico, il culmine della tensione, dello scontro, della lotta continua,  era come trovarsi di fronte all'invasione dei barbari, nulla si può contro un genitore che vuol far passare avanti a tutti il proprio figlio. Charlie ogni fine settimana si appostava nel back office per seguire l'andamento dei pagamenti e dei tesseramenti e per far sì che tutto filasse liscio, dato che Bosley fuggiva a gambe levate per paura di un linciaggio.

Zoe si trovava di fronte almeno quattro coppie di genitori, tutti avevano fretta e tutti reclamavano di esser prima degli altri, ma come fare a capire chi era prima di chi, se erano entrati spintonandosi e mischiandosi tutti contemporaneamente? Niente paura, Charlie pose fine a questa guerriglia, sbucando fuori dal suo nascondiglio, sbattendo tutti fuori e urlando che lo Uaisipiei non era un mercato.

domenica 27 settembre 2015

Il vestito di seta rosso, scene dal precariato lavorativo

Agosto stava per volgere al termine, ma Bosley dopo una lunga opera di sfiancamento, era riuscito a convincere Charlie e il consiglio, a sponsorizzare una regata di fine stagione per barche da altura, valevole come tappa per il Campionato Italiano.

Zoe nel suo vestito di seta rosso
Ebbe la sua soddisfazione, perchè vi fu una grande partecipazione, cosa che gratificò non poco la vanità di Charlie che per una volta dovette ammettere che Bosley aveva avuto fiuto e che il lavoro da lui svolto era più che soddisfacente (l'ego di Bosley ne fu enormemente rafforzato).

Fu una settimana intensa, il tempo era splendido e la regata fu un successo, e per concludere in bellezza, venne organizzata anche una splendida festa sulla spiaggia, riservata ai regatanti tutti, alle autorità e anche allo staff, che tanto aveva faticato in quei lunghi giorni.  In programma una cena a buffet, partecipazione degli esercizi commerciali che avevano contribuito alla realizzazione dell'evento, musica dal vivo e vino a fiumi.

Charlie in persona distribuì allo staff gli inviti, giusto per alimentare il suo lato da mecenate, consigliando alle signore un abbigliamento elegante.
Naturalmente Zoe partecipò, non fosse altro per le bordate che aveva dovuto subire durante le precedenti manifestazioni da parte degli equipaggi e dagli armatori fuorilegge.
Charlie era stato chiaro, le signore dovevano essere eleganti, quindi Zoe fece mente locale sul contenuto del suo armadio, passando in rassegna i suoi vestiti e cercandone uno adatto all'occasione.
Zoe non era avvezza a fare vita mondana, nè partecipava a feste del genere succitato, il suo abbigliamento preferito era casual, comodo, sobrio, che rispecchiva la sua natura, il genere vamp, fashion, e "guardami guardami" non era stato considerato minimamente.

Stava già per rinunciare, quando le venne in mente che forse un abitino adatto all'occasione c'era, perciò cominciò la sua trasformazione da Cenerentola in principessa.
Poco tempo prima infatti, quando aveva deciso di far uscire fuori el rebelde che ruggiva indomito dentro di lei, aveva acquistato uno splendido abito di seta cinese rosso (il suo colore preferito), sul quale erano ricamate peonie e fenici, simboli di fortuna e prosperità. Era un abito senza maniche con il collettino alla coreana e l'abbottonatura obliqua, lungo alla caviglia e con due profondi spacchi  laterali.

Era vistoso, ma lei ci si sentiva a suo agio, non aveva bisogno di accessori,  ancora meglio per Zoe, che raccolse i suoi lunghi capelli rossi in una semplice coda di cavallo alta, infilò un paio di ballerine e andò in compagnia della collega.
La festa era già iniziata, la spiaggia brulicava di umanità, e la musica si spandeva armoniosa. Esibì alla vigilanza il proprio invito ed entrò, cercando di individuare la zona buffet, cosa che le risultò facile perchè le bastò osservare dove si affollavano le persone. Così si diresse in direzione delle vettovaglie, pronta a fare a gomitate per un paio di tartine e un piatto di pasta, e non si sarebbe accorta di nulla se la sua collega non le avesse dato una gomitata dicendole: " Santo cielo Zoe, ma non vedi che la gente ti fa ala? Stanno tutti a guardare te e il vestito, dimmi un po' ma dove l'hai comprato?"

Fu in quel momento che Zoe si guardò intorno e si accorse che la folla si era aperta in due e lei stava nel mezzo. Si sarebbe sprofondata sotto terra, e pregò che la terra la inghiottisse, ma ciò non avvenne, anzi, da un lato si levò una tuonante voce che coprì non solo il vociare, ma anche la musica: " Che spettacolo Bambina rossa, che spettacolo, sei uno splendore, dovresti venire sempre vestita così al desk, avremo ospiti a frotte!"

Era Charlie, che circondato da un piccolo gruppo di autorità umidificanti, la salutava alzando un calice di vino e, dopo averle fatto il baciamano urlò: " Un piatto per la Bambina rossaaaaaa!"
Zoe avvampò, fortuna che le sue guance imporporate sembravano soltanto riflettere il rosso del vestito, superò l'imbarazzo di quella improvvisa notorietà e cercò di michiarsi alla folla, ma non fu per molto, perchè si imbattè in uno dei più affezionati ospiti di Charlie che la bloccò e,  con le braccia tese verso di lei, come in preda ad un raptus le chiese: " Zoe cara fammi toccare il vestito, ti prego, è una seta bellissima, fammelo toccare!"
"Come ha detto scusi?" rispose stizzita Zoe "Che modi sono questi, come si permette queste confidenze?"

Lo sfacciato ospite non ebbe tempo di dare spiegazioni a quell'attacco di libidine (perchè di questo si trattava), nè di insistere, perchè sbucò Charlie che, accortosi dell'attacco di insania lo minacciò: " La Bambina rossa non si tocca, caro amico mio, la si può solo ammirare da lontano, non è più alla portata delle nostre fortune non credi?"




sabato 19 settembre 2015

L'armatore fuori legge, scene dal precariato lavorativo

Era una delle tante sere in cui Zoe era al lavoro fino alle 23:00, solito periodo di regate, stesso via vai di equipaggi, per fortuna senza strani accadimenti, del resto si era sparsa la voce dell'episodio dell'equipaggio anarchico- insurrezionalista e delle conseguenze cui era andato incontro.

Tutto sembrava tranquillo, la serata filava che era una meraviglia, quando quella pace fu interrotta dall'arrivo di un armatore iscritto alla regata.
Il nostro uomo manifestava un certo nervosismo, il suo viso era contratto, lo sguardo tagliente.
Zoe non potè fare a meno di pensare: "Ma perchè proprio a me? Insomma perchè devo esserci sempre io a dover affrontare questi individui?"

Avrebbe voluto  riflettere ancora, sviscerare l'argomento con se stessa, ma non le fu possibile, perchè l'armatore le espose l'urgente problema da risolvere.
Il nostro uomo aveva preso possesso del posto barca che gli era stato assegnato per i giorni della regata, poi era uscito con la sua imbarcazione per provare le vele nuove, ma al suo ritorno, il posto barca era occupato. 

Zoe rimase un po' perplessa e gli spiegò che questo era un problema che doveva essere risolto dalla società che gestiva il porto, ma si offrì di telefonare al capo degli ormeggiatori per capire cosa fosse accaduto. Naturalmente a quell'ora gli uffici erano chiusi, quindi Zoe dovette in ogni caso chiamare a casa il capo ormeggiatore, il quale non potendo intervenire chiese la cortesia all'armatore di far sostare la barca presso il distributore di benzina (non sulla terra ferma ovviamente...) e di presentarsi il mattino seguente presso gli uffici della Marina e avrebbero risolto il problema.

Ma il nostro pervicace e bizzoso armatore con grande meraviglia di Zoe, si mise a pestare i piedi e a battere i pugni sul bancone del desk, alzando la voce e pretendendo che la faccenda venisse risolta alle 22:30, perchè lui non avrebbe mai e poi mai ormeggiato presso il ditributore di benzina.
Allora Zoe con le sue solite buone e gentili maniere cercò di fargli capire che a quell'ora non si poteva fare altrimenti, e che pur essendo la situazione incresciosa, portasse pazienza fino al mattino seguente, e per cercare di convincerlo e farlo desistere da quell'assurdo intento, si spinse persino a disturbare Bosley, il quale mangiò la foglia e intuendo che il saltellante personaggio era una bomba ad orologeria, gli parlò personalmente, cercando di umidificarlo a dovere.

Ma evidentemente Capitan Fracassa aveva i neuroni orientati in un solo senso, ed esordì: " Senti tu, sei un'incompetente, io non mi muovo da qui finchè qualcuno non viene a risolvere la questione, intanto restuiscimi la quota di iscrizione, perchè domani me ne vado!"
Ancora una volta Zoe fu costretta a spogliarsi dell'educazione, che evidentemente era un abito di taglia stretta per molti, anche per Capitan Fracassa, e trasformò  se stessa e la sua voce, nella gemella portuale che albergava dentro di lei: " Mi ascolti lei" si rivoltò Zoe " questo problema non è di competenza dello Uaisipiei, ma della Marina, le ho fatto un favore prestandomi a chiamare nel privato delle loro abitazioni le persone che sono adibite alla soluzione di questo sciocco qui pro quo, e che saranno a sua disposizione domani mattina presto; e per quanto riguarda la sua stramaledetta quota di iscrizione, io non sono autorizzata restituirla, dovrà aspettare il segretario Bosley domani mattina, sono stata chiara?"

Ma il nostro Capitano, vistosi esautorato del potere che il dio Nettuno gli aveva conferito, comincò a prendere a calci il desk e a minacciare tutto e tutti, Zoe inclusa, che se non avesse avuto indietro la sua quota avrebbe bloccato la porta dello Uaisipiei e non avrebbe fatto uscire nessuno fino all'indomani.
A Zoe l'idea non piacque affatto, e non piacque nemmeno ad uno degli ospiti di Charlie che passava in quel momento e che fu testimone della squallida scena, tanto più che era un avvocato di fama e, messosi accanto a Zoe, pronunciò la sua arringa: " Zoe cara, mentre io parlo a questo maleducato individuo, vuoi chiamare la vigilanza? E quanto a lei, ci sta forse minacciando di sequestro? Ci sta minacciando? Perchè in questo caso possiamo parlarne in tribunale!"

Nel frattempo, attirati dalle urla del capriccioso navigatore, erano scesi altri ospiti di Charlie a godersi lo spettacolo di Capitan Fracassa che menava calci e pugni al desk, desk dal quale Zoe si era allontanata insieme all'avvocato per tutelare la propria incolumità.
In quel momento arrivò anche il vigilantes, con il maresciallo dei carabinieri, il quale, resosi conto che il capitano era in preda ad una crisi isterica, e offendeva pesantemente tutti, minacciando, sbatacchiando, sbraitando, lo mise di fronte ad una scelta: o cominciare a ragionare o trasferirsi al comando dei carabienieri di forza e rimanerci fino al mattino.

Intanto l'avvocato ospite di Charlie suggerì a Zoe di tenere bene tutto a mente e di stendere una relazione scritta che descrivesse l'accaduto, che sarebbe stata firmata da Zoe stessa e da tutti i testimoni, lui incluso, come prova per la denuncia ai danni dello schizofrenico lupo di mare (molto lupo e poco mare).
La prospettiva di un arresto e di una denuncia non piacque a Capitan Fracassa, che si calmò, pur soffiando come un mantice. Erano le 23:45, il maresciallo accompagnò fuori dallo Uaisipiei l'armatore fuorilegge, Zoe potè finalmente chiudere la segreteria e il desk e , insieme agli ospiti di Charlie, fu libera di tornare a casa.


sabato 12 settembre 2015

La ciurma anarchico-insurrezionalista, scene dal precariato lavorativo

Giugno era il mese più critico per tutto lo staff dello Uaisipiei, era il periodo delle regate e per tal motivo l'headquarter era gremito di armatori e relativi equipaggi.
I weekend in special modo richiedevano una totale dedizione da parte del personale al desk, sia al mattino che nel pomeriggio; per non parlare della sera.

Durante la mattina si svolgeva il consueto briefing per la definizione e illustrazione del campo di regata, il disbrigo della burocrazia relativa alle iscrizioni, il pagamento delle quote e la distribuzione dei gadgets, pratica questa a cui erano adibite Zoe e collega, protette per loro fortuna dallo spessore del desk, che le teneva al riparo dalle ciurme vocianti e indisciplinate. Charlie di solito si chiudeva nel suo ufficio e, unico segnale della sua presenza, erano le nuvolette di fumo prodotte dal suo sigaro che uscivano da sotto la porta. Bosley cercava di contenere la masnada urlante, facendo appello al bon ton, all'educazione e alla disciplina, ma la risposta alle sue preci di solito erano delle sonore pernacchie, seguite da una coprolalia diffusa che serpeggiava come un virus per tutto lo stabile. 

Solo quando si sentiva la porta dell'ufficio di Charlie sbattere di colpo, si faceva silenzio e gli occhi guardavano in un'unica direzione. Le ire di Charlie erano ben note a tutti, specialmente quando, uscito dall'ufficio, passava in mezzo a quello scalcagnato gruppo marinaresco e si metteva a guardarlo dalla scala che portava al piano superiore.....

Quell'uomo trasudava potere da ogni poro, e le sue vibrazioni erano potentissime.
Ma la vera onda d'urto si creava il pomeriggio, al rientro dei regatanti, che arrivavano affamati, spesso imbestialiti e con in mano i moduli di protesta ( per segnalare eventuali infrazioni al codice di regata di altre imbarcazioni), bagnati e salati come baccalà ma ancora pieni di energia per precipitarsi al desk a prendere le classifiche parziali della giornata: affrontare il mucchio selvaggio (noto gruppo di delinquenti del cinema) in confronto era una passeggiata. Il loro passaggio segnava il destino anche della povera Jamelia (la governante), che era costretta a faticosi straordinari e ad un uso smodato del bidone aspiratutto e della lucidatrice.

Ma bisognava anche considerare il serale, lasso di tempo piuttosto lungo durante il quale, e come descritto in precedenza, Zoe o la collega dovevano ricevere gli ospiti di Charlie che salivano a cena e porre in essere tutta una serie di controlli. In periodo di regate, il ristorante Re Sugo, stipulava delle convenzioni con gli armatori e gli equipaggi, dando loro la possibilità di cenare a prezzo fisso in un contesto esclusivo ed elegante ad un prezzo ragionevole, a patto che rispettassero le regole dello statuto dello Uaisipiei.
Charlie si era dovuto piegare a questo compromesso per tenere in piedi tutta una serie di relazioni diplomatiche, la rottura delle quali altrimenti, avrebbe comportato l'essere accusato di intolleranza, in Italia e all'estero, rischio che non poteva correre per mantenere alto il nome dello Uaisipiei (ma sarebbe stato meglio se avesse rischiato).

Una sera, durante il turno serale di Zoe, si avvicendarono svariati equipaggi a cena, fin dal mattino a tutti era stata data un'apposita circolare per informarli delle regole serali a cui attenersi, soprattutto per ciò che concerneva l'abbigliamento.
Zoe era concentrata nell'archiviazione di alcune ricevute, quando sentì tremare la porta dello Uaisipiei, che veniva scossa da due grandi mani, simili a pale meccaniche. Prima che la porta venisse scardinata Zoe aprì e si trovò di fronte una quindicina di marinai che sembravano sopravvissuti ad un naufragio in tenuta da spiaggia, bermuda variopinti e infradito alla moda, i quali, incuranti della sua presenza si avviavano beati al ristorante per estinguere la loro fame (per dirla con i livornesi: fame sintetica....).

Zoe li bloccò subito, spiegando molto gentilmente che quell'abbigliamento non era permesso dal regolamento,  invitandoli ad andare a cambiarsi e a tornare.
Ma i nostri maramaldi non avevano alcuna intenzione di collaborare e il loro corifeo apostrofò Zoe con queste parole: " Senti sfrantumacazzi, noi ce ne sbattiamo di ste regole da fighetti che avete qui, perciò smamma, noi andiamo a mangiare!"
Zoe abbandonò la sua educazione e anche le buone maniere, diventanto uno scaricatore di porto giusto per mettersi a pari loro e farsi capire con il loro stesso linguaggio: " Ascolta te, budello che un sei altro, hai caato fori dar vaso, piglia i tu amici e vatti a ripulì, artrimenti un passi, chiaro?"
Il nostro mozzo, perchè altro non era, strabuzzò gli occhi, forse credeva che Zoe non fosse in grado di rispondergli, ma non si fece intimidire: " Io fo il cazzo che mi pare, capito cocca? Vattelo a piglià nel culo!"

"Eh no, ce lo pigli te bamba,  ti vo in culo e porto tre, fuori da qui!" urlò Zoe inferocita, e fu un urlo ponente, perchè scese Charlie, che aveva sentito quell'abominevole sortita di suoni da un buco dentato, e aprì bocca lui con la ciurma.
" Non vi permetto queste volgarità e questa mancanza di rispetto nei confronti della Bambina rossa e di ogni altro dipendente di questa struttura, uscite da qui immediatamente, farò personalmente rapporto alla giuria di regata!"
E lo fece davvero, deferì tutto l'equipaggio alla giuria che non solo li squalificò, ma non li fece regatare per due giorni. Poi si complimentò con Zoe per la presenza di spirito e il colorito linguaggio con cui era stata capace di tener testa a quella ciurmaglia.


 


sabato 5 settembre 2015

Il Codice Mercury, scene dal precariato lavorativo

Charlie aveva il grande dono della parola e anche della scrittura, era un uomo poliedrico e volitivo, eclettico e colto.
Pur essendo un uomo che si avvaleva della tecnologia e degli strumenti che essa forniva, era ancora affezionato al cartaceo, al profumo della carta, al fruscio delle pagine dei libri, a quell'odore inconfondibile che la carta stampata emana. Per lui un'invenzione come Kobo non avrebbe mai avuto successo, e gli ebooks li bannava. 

Al contrario Bosley era proiettato come la nave spaziale Enterprise al futuro in digitale, ai touch screen, alle video conferenze e a tutto ciò che potesse (come nel Grande Fratello), spiare la vita altrui e farne parte, uno spasso per lui, la cui vita era piuttosto monotona.
Ma con Charlie non c'era molto da scherzare, lui aveva una sua propria carta da lettere intestata, sulla quale imprimeva con la sua penna stilografica, la propria indelebile firma.

Ogni qual volta Charlie doveva scrivere una mail, preparava prima il testo scritto di suo pugno e solo dopo lo riportava sull'account di posta e inviava la mail a chi indirizzata, Bosley incluso.
Se, a causa dei suoi numerosissimi impegni era impossibilitato a trasferire il testo direttamente sulla mail, incaricava Bosley, compito questo che Bosley odiava e ogni volta sbofonchiava sottovoce parole semi offensive, sfuffava, sbatacchiava violentemente le dita sulla tastiera, immaginando forse, di aver a che fare con la faccia di Charlie, anche perchè siamo sinceri: Bosley sognava di prendere il posto di Charlie, e galoppava nelle praterie dei sogni a spron battuto con questa fissazione. Bosley non sarebbe mai stato in grado di fare quello che faceva Charlie, nè per preparazione, nè per intelligenza, e tantomeno per savoir faire. Questo suo fuoco interno lo consumava, e la fiamma divampava ancor più in situazioni come queste, nelle quali Bosley si sentiva relegato a mero scribacchino, non sapendo che la storia ci insegna quanto fossero importanti gli scribi ai tempi in cui  i re erano analfabeti......

Di tanto in tanto Bosley chiamava Zoe o la collega chiedendo di interpretare una qualche parola scritta da Charlie, ma guardandosi molto bene  dal far leggere il contesto, si limitava solo a far vedere la parola incriminata. Bosley Bosley, che malfidato che eri, ma a chi vuoi che interessassero i contenuti di quelle lettere? E poi se i loro contenuti fossero stati criptati, Charlie, li avrebbe affidati a te? Parliamone.

Purtroppo per Bosley, i suoi frequenti errori sintattico-grammaticali fecero saltare gli equilibri psichici di Charlie, che prese la decisione di affidare ad altri i suoi preziosi scritti.
"Bambina rossaaaaaaa, ho un compito importante da affidarti" 
Zoe si precipitò nel sacro tempio di Charlie, attraversò il muro di nebbia che il suo cubano aveva prodotto, e che si attaccò alla sua divisa aromatizzandola dalla testa ai piedi, tossì non poco, fino a raggiungere Charlie, che, curvo sulla scrivania, finiva di scrivere con la penna presidenziale, un lungo testo.

Alzò la testa e sorrise a Zoe, le porse due fogli scritti fitti fitti e con la sua solita squillante voce le disse: "Bambina, trascrivi tutto su Word e poi rimandamelo, mi raccomando!"
Zoe si mise subito al lavoro felicemente tranquilla, perchè Charlie aveva dato disposizioni che nessuno la disturbasse.
Non fu facile, gli scritti di Charlie erano complessi, anzi, ad un primo sguardo l'insieme sembrava il tracciato di un elettrocardiogramma dove si alternavano aritmie, sistole, diastole, soffi e fibrillazioni.

Per decifrare quel codice Mercury, Zoe fece appello al suo autismo latente, guardò il testo che si andava decriptando riga dopo riga. Bosley si agitava sulla sedia, come se avesse avuto dei carboni ardenti sotto il sedere, e ogni tanto le passava alle spalle: forse recitava un mantra, o forse faceva solo una macumba. Ma nulla potè, Zoe portò a termine la missione: " Lo sapevo bambina rossa, lo sapevo, brava e bella!"




domenica 30 agosto 2015

Il torneo di burraco, parte seconda - scene dal precariato lavorativo

Durante il torneo di burraco si consumavano intestine guerre personali, che le nostre matrone portavano avanti, facendo terra bruciata al loro passaggio.
Ogni tavolo era costituito da quattro signore che giocavano a coppie, tutte accanite e incallite, tanto da sembrare dipendenti dal gioco stesso. Il torneo si teneva una volta a settimana e i giorni che intercorrevano fra una partita e l'altra venivano utilizzati per esercitarsi e creare affinità fra le coppie. 

Ma evidentemente questo non era sufficiente, perchè l'obiettivo era solo uno: accaparrarsi il primo premio e con i soldi delle quote di iscrizione che avanzavano, consumare una deliziosa cenetta presso il ristorante Re Sugo.
A Zoe non importava nulla di tutto ciò, senonchè dovette far fronte alla conventicola più bellicosa, a capo della quale c'era, naturalmente, Boccadifuoco, che si era incaricata anche di scegliere i premi fra i capi d'abbigliamento e l'oggettistica marcata Uaisipiei. 

Ogni settimana Boccadifuoco, seguita dalla compare Falaguerra  (moglie di Cinquemani e mano fredda di Boccadifuoco, aveva lunghi artigli laccati di rosso, o forse era il sangue delle sue vittime sacrificali) e Laraspata (la cui arma mortale era la lingua velenosa, che le conferiva un alito "ammazzacristiani" uguale, se non peggio a quello di Aigor), arrivavano al desk e torturavano per ore Zoe che, per aver salva la vita, doveva per forza aiutarle a scegliere i premi, e sotto minaccia, anche consigliarle, tirando fuori tutto quello che era disponibile e utilizzabile nell'headquarter, mandandola financo a frugare nel divino tempio di Charlie. Erano momenti topici, durante i quali persino Bosley si teneva alla larga dal desk, per paura di essere dilaniato dalle unghie di Falaguerra e immobilizzato dalla lingua di Laraspata. L'unica che era stata scelta per essere immolata a quelle predatrici era Zoe, con la scusa che sapeva tenerle a bada, e poi era una precaria, quindi se fosse caduta sul campo poco importava.

Zoe passava in media una mattinata intera con quelle donne bioniche, mostrando oggetti, scegliendo taglie, descrivendo caratteristiche, preparando pacchetti regalo e dando fondo a tutto il suo vocabolario per ammansire quelle belve affamate, quelle vampire energetiche che avrebbero sfiancato chiunque con il loro vociare di gruppo, intente come erano a prevalere l'una sull'altra.
Addirittura una mattina, mentre Zoe stava in bilico su uno scaleo a rovistare nel guardaroba, assediata dalle indemoniate dame, passò Charlie, che si appostò alle spalle del vociante vespaio assiepato attorno allo scaleo. Zoe stava tirando fuori dei pullover, che venivano fagocitati dalle tentacolari mani della muliebre ghenga, incurante di ogni altra presenza. Nel  voltarsi Zoe vide Charlie, che, incredulo, fissava con occhi di bragia quell'improvvisato suk. Si fece largo fra le "polipesse" e, con un tono di voce altissimo fermò quello sfacelo: "Donne, avete già abbastanza materiale per i premi, sic transit gloria mundi, il vostro tempo è scaduto! Vieni Bambina rossa ti aiuto a scendere, Bosleyyyyy tolga questo scaleo di mezzo!"

Zoe si sentì rinascere, che uomo Charlie, al posto giusto nel momento giusto. Non per Bosley, che da quel momento affibbiò a  Zoe il soprannome "la cocca di Charlie", nomignolo questo che si preoccupò di far conoscere a tutto lo staff, ospiti inclusi, ma che gli valse una velenosa battutina di Charlie: "Tutta invidia Bosley, tutta invidia!"


domenica 23 agosto 2015

Il torneo di burraco, parte prima, Scene dal precariato lavorativo

Allo Uaisipiei non mancavano certo le attività ludiche, atte a tenere allenate le menti degli ospiti di Charlie e a far loro passare serenamente il tempo all'interno dell'headquarter, durante gli interminabili pomeriggi d'Agosto caldi e torridi. A questo scopo uno dei più fidi consiglieri di Charlie, il Sig. Cinquemani (del resto aveva le mani in pasta ovunque come altro poteva chiamarsi?), si era incaricato di stilare una lista di possibili attività che coinvolgessero soprattutto le signore, mentre i mariti erano impegnati in prolisse discussioni politico-filosofiche.

Fra le tante proposte fu accolta con entusiasmo quella di dar vita ad un torneo di burraco, gioco di carte simile al bridge
Anche Zoe fu coinvolta nell'organizzazione, a lei spettò il compito di preparare un modulo per le iscrizioni delle coppie giocatrici, decidere con la rappresentante del team burraco le date e i premi da mettere in palio, riscuotere le quote di partecipazione e riuscire a convincere lo staff di Re Sugo a preparare per l'occasione un coffee break, all'uopo predisposto nei pressi della sala da gioco. Fu subito tensione tra lo chef de rang Ciucciovino e quella che Zoe definì senza ombra di dubbio la regina del burraco, altrimenti nomata Boccadifuoco. Boccadifuoco era alta, magra, dall'aria austera, con passo simile a quello di un guerriero spartano (passava lei e si incrinavano i muri....), ma ciò che le valse il comando del nutrito gruppetto di giocatrici incallite fu la sua voce. Di femminile quella voce non aveva nulla, forse non era nemmeno una voce umana, poteva definirsi un misto fra la voce di un soggetto posseduto da esseri satanici e quella di un coro di corvi gracchianti: AGGHIACCIANTE! In effetti Boccadifuoco fumava come una turca.

Volarono parole grosse fra Ciucciovino e Boccadifuoco, entrambi tiravano sul prezzo, cosa che non aveva senso considerando le possibilità economiche di quelle allegre sottane, ma arrivarono ad un entente cordiale.
Ovviamente Boccadifuoco si occupò anche del reclutamento delle giocatrici, imponendo a Zoe di fare al pc dei colorati volantini da distribuire all'interno dell'headquarter, e per di più senza chiedere il permesso a Charlie, che per reazione gridò all'attentato.

Fu come assistere alla battaglia delle Termopili, il peggio era per Zoe che stava in mezzo ai combattenti, e il cui compito era di fare da tramite diplomatico, diplomazia che avrebbe volentieri impiccato alla polena di una imbarcazione se avesse avuto un corpo solido.
Comunque sia, l'organizzazione riuscì, e le giocatrici arrivarono numerose, ma più che giocatrici, Zoe si trovò di fronte un esercito di bellicose femmine pronte a tutto per accaparrarsi premi e vettovaglie.
Iniziò il torneo, e le nostre comari dopo un breve e silenzioso inizio di partita, si scatenarono in una guerra verbale senza confini, i cui strali arrivarono fino al desk di Zoe, le cui orecchie, prive di tappi di cera, furono torturate dai peggiori insulti e dalle più basse offese che lingua umana potesse pronunciare.


sabato 22 agosto 2015

Come ebbe inizio il precariato lavorativo, Zoe parte quindicesima

Zoe si ritirò per riflettere, si prese un paio di giorni di totale meditazione con se stessa.
Quali erano le sue priorità? Che cosa voleva? E soprattutto, come assecondare, ma non troppo, el rebelde?

Era sdraiata sul letto, e guardava il soffitto, dove vedeva passare immagini confuse della sua esistenza, ogni tanto una battito di ciglia.
Cominciò a pensare che gli ingranaggi del suo cervello fossero inceppati, doveva lubrificare, e quindi se ne andò in facoltà per sbirciare nella bacheca alla ricerca di qualche annuncio di lavoro o di qualche corso specialistico.

Spulcia e sbircia, le cadde l'occhio su un bando di selezione per un Master in Gestione delle Risorse Umane, prese il numero della scuola, l'indirizzo mail e si informò.
Si presentò alla selezione, la superò e entrò alla scuola.
Fu così che scoprì che le riusciva molto naturale empatizzare con le persone, creare quel feeling che le permetteva di capire e cogliere le qualità caratteriali della gente.
Alla fine del Master venne scelta da una piccola agenzia che selezionava personale informatico e le fu data carta bianca.

Zoe era soddisfatta, si trovava benissimo,viveva in una città piena d'arte e musei.
Cominciava davvero a pensare al proprio futuro, a come avrebbe voluto impostare la propria vita a grandi linee, con qualche sogno in mezzo.
Non durò a lungo questa sua illusione, Zoe si sarebbe resa conto che le sue non erano altro che illusioni perdute, perdute prima ancora di trovare un posto nel quale adagiarsi.
El rebelde premeva, la sua catena si stava spezzando, e lo spazio che fino a quel momento si era creato non gli bastava più, voleva uscire fuori, ma Zoe non si sentiva ancora pronta ad affrontare una sortita tanto turbolenta, anzi violenta come quella del rebelde.
Una mattina al lavoro, vide arrivare un consulente aziendale ed ebbe la certezza che la sua avventura lavorativa sarebbe finita di lì a poco, si sentì affogare nelle sabbie mobili, una sensazione di angoscia si impadronì delle sue viscere, la bocca del suo stomaco si contorse in un doloroso spasmo, el rebelde ruggiva, in maniera ossessiva.

Ricominciò così a cercare, a mandare il suo curriculum, a rivolgersi lei stessa alle agenzie per il lavoro interinale e body rental, cercando di dare maggior continuità possibile ai contratti a tempo determinato che continuavano a susseguirsi, ben presto si rese conto che la stabilità che aveva sempre desiderato non l'avrebbe avuta mai, che non aveva raccomandazioni, come una volta si sentì chiedere ad un colloquio.

Il suo bagaglio di esperienze lavorative, le più svariate, cominciò ad essere piuttosto lungo, se non altro una gran virtù Zoe ce l'aveva, sapeva adattarsi a tutto, era capace di ricominciare ogni volta qualcosa di nuovo, e la sua flessibilità caratteriale la aiutava.
Ma quell'angoscia non l'abbandonava mai, si sentiva quasi un'emarginata, si guardava intorno e non vedeva futuro, le sembrava di correre sul posto. Allora era proprio questo il "fiume di merda" di cui la responsabile del Master aveva parlato, che diceva si doveva per forza attraversare a nuoto per giungere sulla riva sicura? Larghino questo fiume! Le pareva di dover attraversare il Rio delle Amazzoni a nuoto con i piranha alle calcagna.

Il tempo passava e la situazione non cambiava, un'empasse da cui non riusciva a schiodarsi.
Si pentì di aver studiato per anni, anni che avrebbe potuto sfruttare per lavorare; che se ne faceva della sua cultura, delle sue esperienze, se tanto non aveva possibilità alcuna di dimostrare le sue capacità in un qualsivoglia settore perchè non gli si forniva l'opportunità di farlo?
Le tempistiche dei contratti erano brevi, giusto il tempo per memorizzare in fretta e furia le mansioni e il contratto era scaduto.

A questa paradossale ed iperbolica situazione si aggiunse anche un madornale errore sentimentale che quasi uccise el rebelde e la devastò. Riuscì a rialzarsi, ma non fu più la stessa e non lo sarebbe stata mai più, si foderò di una corazza potente per mascherare quella deturpante cicatrice che l'aveva sfregiata, con un'unica certezza: sarebbe sopravvissuta a tutto. 
Preparò il suo bagaglio, un bagaglio bastante per lei sola, adatto alle sue necessità, se lo caricò in spalla e ricominciò a percorrere il suo cammino: tutto era cominciato con il precariato lavorativo.





domenica 16 agosto 2015

Scapai, scene dal precariato lavorativo

Bosley era un fanatico della telefonia e dei computers, non si perdeva una novità, fu uno dei primi ad installare sul suo pc in ufficio una web cam ultimo modello (per farne che, poi, in ufficio..), lui, sulla sua scrivania aveva un pc superaccessoriato, Zoe guardando quella postazione ebbe l'impressione di aver a che fare con il centralino dell'FBI, o forse sarebbe meglio dire del Pentagono.


Auricolari, pendrive, hardware esterni, mouse senza fili, bluetooh, connessione wireless, cavetti di connessione per i suoi amati Cursori che cambiava in continuazione, si susseguivano alla velocità della luce, non c'era modo di abituarsi ad uno che ne metteva un altro.
Per contro al desk stagnava un pc preistorico, lento e autobloccante (come i dadi della ferramenta), ma del resto a Bosley che importava? A lui stava a cuore solo la sua di postazione.

Siccome era anche un appassionato di trekking in bicicletta, Bosley studiò anche un metodo per riprendere le sue gite in campagna, lungo percorsi erti ed accidentati, nei boschi e lungo i torrenti, installando sul  caschetto che gli proteggeva la testa, una cam che riprendesse tutti i percorsi che faceva in bici,  che puntualmente scaricava sul pc dell'ufficio e che poi guardava con grande soddisfazione, mostrandolo anche ai meno interessati ( Zoe inclusa). A Charlie però non li mostrava mai: chiediamoci il perchè.....

L'era di internet poi lo fulminò del tutto, se prima inviare una mail era il non plus ultra, proprio perchè si poteva avere una risposta in tempo reale o quasi, i software attraverso i quali si poteva chattare lo fecero diventare un tossico dipendente del web.
Ogni tanto Bosley segnalava a Zoe e alla collega queste novità, spiegando di cosa si trattava, non sapendo che le due ragazze erano già avanti, il computer tecnologicamente avanzato a casa lo avevano entrambe, in più il babbo di Zoe era davvero oltre, ed erano state fra le prime ad iscriversi ai social networks che si stavano allargando a macchia d'olio. Fu allora che Bosley fu costretto a chiedere a Zoe notizie su Facebook e MySpace perchè moriva dal desiderio di farsi un profilo e ficcanasare nelle vite degli altri, anche quelle dello staff. Per tutelarsi Zoe fece in modo di bloccarlo per non fargli infilare il naso fra i suoi latinismi e relative riflessioni.

Ma questo non gli bastava, era in cerca di qualcosa di più emozionante, che smuovesse tutta l'adrenalina che aveva in corpo, che gli desse l'idea di avere le persone in loco. Non dovette attendere molto, infatti una mattina entrò sparato allo Uaisipiei con gli occhi lucenti, tutto in fregola si mise al pc a capo basso, sbatacchiò sulla tastiera per un pezzo, poi dopo circa venti minuti si alzò soddisfattissimo, ci chiamò a raccolta e, con aria saputa ci disse: " Ragazze, il mondo sta cambiando, da oggi sarà possibile chattare e videochattare in tempo reale, parlarsi come se fossimo gomito a gomito con il nuovissimo software SCAPAI!"
Zoe e la collega si guardarono basite: "SCAPAI?" esclamarono in coro. "Strano" disse Zoe "non ne ho mai sentito parlare,  conosco e ho scaricato SKYPE, ma di questo SCAPAI ignoro l'esistenza".
Bosley sbatacchiò le palpebre vieppiù volte e poi si schiarì la voce: "Appunto e io che ho detto? SCAPAI, Già lo conoscete?"

" Beh certo" replicò Zoe, che a stento tratteneva le risa " io lo uso per collegarmi con alcuni amici sparsi in qua e in là in Italia e all'estero, un risparmio notevole sulla bolletta telefonica!"
La collega di Zoe filò via con una scusa, tanto era rossa in viso per la risarella che le stava salendo alle labbra, mentre Zoe disse: " Bene bene io vado a prendere un caffè, prima che arrivino tutti gli ospiti".
Che scorno per Bosley, il suo ego ne risentì per giorni e giorni, mentre Zoe e tutto lo Uaisipei risero a crepapelle cantando SCAPAI, SCAPAI come se fosse il canto delle Baccanti danzanti intorno a Dioniso.






sabato 15 agosto 2015

La zampata post laurea, Zoe parte quattordicesima

Dopo quella cena anche l'atteggiamento dei compagni universitari di Zoe cambiò. Nei giorni seguenti in biblioteca, dove di solito si riunivano per studiare, si parlò molto di quella cena e dei suoi sviluppi.
A Zoe non importava un fico secco dei commentucci di quella conventicola, meglio per loro se avevano capito di che natura era fatta la sua personalità. L'esagerato controllo che Zoe aveva sempre esercitato su se stessa, nel rispetto dei principi che le erano stati insegnati, dell'educazione, e dell'umanità universale, l'avevano presentata al mondo come una persona debole, forse qualcuno aveva addirittura pensato che fosse stupida, senza carattere

Le carte in tavola erano cambiate, e cambiate le carte, cambiava anche il gioco e relative regole.
Ci sarebbero state altre occasioni che avrebbero scatenato il lato leonino, el "rebelde", come lo chiamava lei, e non aveva intenzione di tamponarlo, anche perchè non ne sarebbe stata capace, "el rebelde" era come un fiume in piena, e la forza di un fiume in piena non si argina.
Proprio in quel periodo Zoe stava pensando alla propria tesi di laurea, e, dato che l'indirizzo specialistico da lei scelto era il Diritto Internazionale, cominciò ad elaborare una serie di validi temi da proporre al professore a cui voleva chiedere la tesi. Perciò, mentre preparava gli esami specialistici, si rinchiuse presso il Dipartimento di Diritto Internazionale, sezione Studi Europei e si trasformò in una sorta di topo di biblioteca attirato solo dai trattati internazionali, entant cordial, diritto internazionale di guerra, politiche comunitarie e condomini internazionali.
Spulciò, scartabellò, consultò, fotocopiò, trascrisse, tradusse, inoltrò richieste al Consiglio Europeo, e finalmente, dopo mesi di lavoro, durante i quali non vide il sorgere e il calar del sole, ebbe fra le mani diverse bozze da proporre al professore.

Si presentò al ricevimento puntuale e decisa, davanti al professore, un docente forse ancora troppo giovane, pronto ad arrampicarsi sulla ripida scala della carriera universitaria e diplomatica, e per far questo sarebbe stato disposto a far terra bruciata intorno a sè (e come piromane non era granchè, e non era granchè nemmeno come diplomatico, dato che la diplomazia insegna che necesse est badare bene quali piedi si pestano e quali poteri si urtano per non incorrere in raid punitivi, o peggio trovarsi soli ad attraversare campi minati, dei quali si ignorano le mappe).

Il professore la guardò dall'alto in basso, con un'aria di sufficienza a cui sommò un gelido sguardo, che comunicò a Zoe un certo sprezzo verso il genere femminile. Ma Zoe fece finta di nulla,  sorrise gentilmente, fece la sua richiesta e propose i suoi argomenti.
Il professore guardò a lungo il soffitto del suo studio, sospirò semi annoiato, e poi dette la sua benedizione "urbi et orbi" al tema "L'attività dell'Unione Europea e il contributo dell'Italia alla ricostruzione del Sud-Est Europa (aspetti giuridici ed internazionali)". 

Fu così che Zoe iniziò la maratona per la preparazione della tesi. Le ci volle un anno esatto, considerando che ogni volta che il professore le dava un appuntamento per la consegna dei capitoli, poi lui all'appuntamento non c'era, perchè era all'estero a tamponare situazioni di crisi (questo almeno era quello che lui diceva), perciò, considerando le sue assenze, le successive correzioni da apportare ai capitoli, la ricerca dei materiali di approfondimento, le attese per la ricezione dei documenti da parte della Comunità Europea, i tempi si dilatavano e Zoe, insieme al "rebelde", bolliva come un geyser in attesa di eruttare.
Alla consegna dell'ultimo capitolo e relative conclusioni, Zoe tirò un sospiro di sollievo, poteva andare presso la segreteria universitaria, fare la richiesta e consegnare una volta per sempre il libretto universitario. E così fece. Poi tornò nuovamente dal professore che le aveva dato l'ennesimo ed ultimo appuntamento attraverso il quale le avrebbe più o meno detto come intendeva procedere durante la sessione di laurea. 
Finalmente Zoe si laureò, e intonò un inno ad Apollo Delfico, affinchè le concedesse ingressi migliori, poi sentì il bisogno di dare una repentina svolta alla sua vita e infatti si imbattè felicemente nel bando di un Corso per Operatori di Pace Internazionali che l'avrebbe portata dritta dritta in una delle tante sedi dell'Onu. Si recò presso la segreteria dell'Univesità, chiese informazioni e prese i moduli da riempire, era a dir poco entusiasta.

Compilò la parte che la riguardava e poi come da bando, si recò dal professore, poichè alcuni moduli dovevano essere compilati da lui, una sorta di presentazione e relative referenze.
Il professore recitò il suo solito copione: ascoltò indifferente, fissò il soffitto dello studio, inspirò ed espirò, poi pronunciò queste parole: " Non faccio fare questi tipi di corsi alle donne, siete troppo instabili a causa del ciclo mestruale, poi vi salta in mente di sposarvi e infine di mettere al mondo dei figli, questo comporta l'abbandono della carriera e quindi crea un posto vacante, perciò la mia risposta è no".

Nella testa di Zoe quelle parole risuonarono come una stilettata, per un momento le girò la testa, sentì il sangue, che copioso le affluiva alle tempie, che risuonavano come una gran cassa a causa della pressione sanguigna. Il circolo vascolare del suo cervello si bloccò, mentre "el rebelde" gonfiava la sua criniera, ruggiva e graffiava. Cercò di contenere l'eruzione di bile che le veniva dallo stomaco, ma sentì che non avrebbe potuto arginare nulla, perciò optò semplicemente per il controllo vocale e rispose: " Non sta a lei giudicare o decidere cosa voglio fare della mia vita, e nemmeno può sapere cosa mi rende instabile o meno, sempre che vi sia qualcosa che mini la mia stabilità psichica, tantomeno lei, caro professore, sa, ho letto la sua tesi e ho notato che è una lunga raccolta di documenti internazionali, interessanti, ma non vi è alcuna interpretazione del diritto internazionale, tesi di cui lei si fregia perchè l'ha fatta a Washington, distretto nel quale è arrivato grazie ad alte sfere, perciò mi permetta di rammentarle un proverbio che mi ha insegnato la mia saggia bisnonna: <<Non sputare dove mangi>>. La saluto".

Il professore guardò Zoe allibito, e rimase a bocca semi aperta, mentre con gesti fluidi Zoe si chiudeva la porta dello studio alle spalle. Zoe sapeva che non avrebbe mai più avuto chance nel campo della diplomazia, ma era felice di aver chetato quel bamba pieno di vento, e "el rebelde" faceva le fusa.




domenica 9 agosto 2015

L'ammiratore inopportuno, scene dal precariato lavorativo

Zoe aveva una memoria formidabile, conosceva a memoria tutti i nomi degli ospiti di Charlie, le loro voci, i loro volti. Quando rispondeva al telefono, non c'era bisogno che l'ospite di Charlie si identificasse, lei lo riconosceva.
Fra i tanti ospiti che frequentavano lo Uaisipiei, ve ne fu uno (Boris) che importunò non poco la nostra povera Zoe, la quale faticò parecchio per toglierselo di torno. 

Ma come ebbe inizio tutto ciò? Non è difficile da capire. Zoe era una ragazza gentile, sorridente, che si prestava volentieri ad aiutare gli ospiti quando poteva, ma molti di essi pensavano che avere soldi e potere significasse automaticamente disporre delle persone a loro piacimento. Pensiero poco edificante, privo di rispetto e di moralità, che la dice lunga su come sono certe persone.
Durante i momenti di pausa pranzo o cena, il desk rimaneva scoperto per circa un'ora, sul bancone veniva messo il cartello con la comunicazione apposita, il telefono veniva deviato sul portatile, e la porta che immetteva al vano desk chiusa a chiave. Ma probabilmente non erano ostacoli sufficienti a bloccare inopportuni molestatori

Zoe si accorse che Boris ciondolava troppo al desk a ciarlare e ciarlare, a chiedere, blaterare del più e del meno, cosa che la metteva a disagio, dato che in ogni caso lei non era in vacanza, ma stava lavorando e non poteva certo fare conversazione, se non per ciò che concerneva le questioni lavorative. 

Ma, come detto precedentemente, vi sono individui che se ne  fregano: "errare humanum est, perseverare autem diabolicum". Si accorse  anche che Boris, quando presente in sede, la seguiva, e la cosa le  urtò i nervi: ma che voleva quella piattola? Insomma, se Zoe era al desk Boris era lì, se stava mangiando Boris transitava liscio e unto proprio vicino al suo tavolo e sfrantumava le scatole con lisciviosi complimenti, che la nauseavano. Addirittura un giorno, mentre Zoe passava dal bar per un corroborante caffè si sentì strattonare il braccio, si voltò come se l'avesse pinzata una vipera del Gabon e vide Boris che la guardava con occhi languidi. Zoe si liberò da quella stretta con un movimento degno solo di un esperto di krav maga e lo fulminò, non aprì bocca perchè aveva le vene del cervello tappate, altrimenti di Boris non sarebbe rimasto nemmeno un capello con le doppie punte. Boris si finse sorpreso da quella reazione: "Zoe cara posso offrirti un caffe?". " No, non può!" rispose Zoe " devo lavorare, e non è permesso dal regolamento intrattenersi in conversazione con gli ospiti".

Si avviò al desk ma quell'insistente di Boris la seguì fin lì, e le propose un drink fuori dal lavoro. Zoe si controllò, ed educatamente rifiutò. Finito il turno se ne andò a casa e si preparò ad andare a fare una ripetizione di greco. Mentre era tutta presa a far entrare nella zucca al suo allievo i verbi in "mi", le squillò il telefono; rispose distrattamente, e all'altro capo del telefono chi c'era? Boris!
"Chi le ha dato il mio numero di cellulare?" chiese Zoe imbufalita - " Si dice il peccato, non il peccatore" rispose mellifulo lui. A Zoe calò un velo nero davanti agli occhi, ma come aveva fatto questo infido figuro ad avere il suo numero di cellulare? Apriti o terraaaaaaa! Riattaccò in faccia a Boris il telefono, e memorizzò il numero sotto il nickname di Sfrantumazebedei. Poi si concentrò su come quel losco individuo avesse potuto avere il suo numero. Passò in rassegna tutto lo staff, e si soffermò su Bosley, ma scartò l'idea, poi le venne un'intuizione geniale: sul bancone del desk proprio accanto al computer c'era la rubrica telefonica, la magic box, nella quale erano presenti i numeri di tutto lo staff. Bastava allungare un braccio da fuori, ci si arrivava benissimo. Ecco dove aveva preso il numero!

Boris iniziò a chiamare Zoe in continuazione, ma dato che Zoe non rispondeva mai, cominciò a chiamarla con numero privato, pensando di coglierla di sorpresa. Fortuna che Zoe era "scafata" e gli rese pan per focaccia, non rispose mai. Inoltre mise in atto altri espedienti per non farsi perseguitare e per far questo chiese aiuto alla collega che  accolse con gran entusiasmo la sua richiesta. La strategia era questa: appena Boris si presentava, Zoe veniva chiamata per qualche lavoretto in altre parti dell'headquarter, ma Boris si piazzava al desk e non si smuoveva per ore, non c'era verso di snidarlo da lì. Un giorno Zoe fu costretta a rinchiudersi nello stanzino di Jamelia (la governante) e restarci per due ore.....che incubo, fra scope e spazzoloni, con caldo opprimente, condito di umidità. Bisognava agire in altro modo.

Furono i giorni del condor quelli, e dopo aver dato delle sane craniate nel muro, a Zoe si aprì il terzo occhio e con esso si splancarono le porte alla soluzione del problema. Se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto. Zoe parlò ad uno dei suoi migliori amici, che diventò una bestia al solo sentire la storia ( ma in realtà un po' animale era già di suo), e non ci fu gran necessità di ragionare. Aspettarono il giorno in cui Zoe aveva il turno pomeridiano, che terminava alle 23:00. Boris come al solito si appostò nei pressi dell'uscita dello Uaisipiei, per seguire Zoe all'auto, ma quella sera appoggiata all'auto trovò una creatura inferocita che con modi persuasivi lo invitò a stare attento, perchè a lungo certi giochi possono essere dannosi, soprattutto per le ossa, e considerando che la creatura aveva una convenzione con la sala gessi del vicino ospedale........
Boris capì l'antifona, e non rivolse più la parola a Zoe che, libera dall'ammiratore inopportuno, potè ritornare alla sua consueta vita di Bambina rossa.


Il ruggito continua, fuori dal maneggio, Zoe parte tredicesima

Zoe tornò a casa confusa dopo quell'allenamento,  era malconcia fisicamente (puntine conficcate nella carne e muscolatura che produceva acido lattico a tonnellate) e psicologicamente, non credeva che avrebbe potuto essere così aggressiva se poi di aggressività si poteva parlare. Ma era soddisfatta, finalmente era riuscita a buttar fuori quella palla di fuoco e lava che le infiammava le viscere. 

Certo che, per vomitarla fuori, la provocazione era stata tremenda, protratta al limite della sopportazione umana, perciò si chiese: erano forse necessarie delle torture per far uscire dal sarcofago l'anima combattente?
In ogni caso sapeva che durante gli allenamenti a cavallo, da ora in poi, le cose sarebbero andate diversamente, quel muflone del suo istruttore era uno psicologo nato, riusciva a farle fare ciò che voleva, come un mago con la bacchetta magica. Se arrivavano cavalli nuovi, in un modo o in un altro riusciva sempre a convincerla a montarli che fossero alla sua altezza o meno. Durante gli allenamenti alzava gli ostacoli a suo piacimento pur sapendo il dissenso di Zoe a certe altezze, che lei riteneva non adatte alle sue tecniche ancora da affinare.

Ma Zoe sarebbe riuscita a traslare quella parte combattente anche agli altri campi della sua vita? Quell'esplosione provocata sapientemente dal suo muflonico istruttore, grazie alla sua perfidia, che conseguenza avrebbe avuto se si fosse manifestata altrove?
Non dovette attendere a lungo. Le si presentò un'occasione poco tempo dopo.
Ormai era pieno inverno, stagione che tra l'altro Zoe odiava, perchè non sopportava il freddo, ma che offriva ottime occasioni per stare insieme ai compagni universitari, in serate all'insegna dell'allegria e delle mangiate in compagnia.

Fu così che proprio con il suo nutrito gruppo di amici univesitari, di cui faceva parte anche F., Zoe andò a cena presso un ristorante dell'entroterra, per gustare piatti a base di pasta fatta in casa, cinghiale e polentina fumante.
La sala del ristorante era gremita, e la tavolata di Zoe e compagnia, numerosa. Zoe era seduta sul lato lungo del tavolo rettangolare, proprio in mezzo, accanto a lei, F.
Fu una cena gustosissima, si susseguirono crostini e primi davvero appetitosi,  caccagione e  funghi, l'armonia regnava sovrana. La conversazione verteva sugli esami da preparare e sui soliti pettegolezzi relativi ai professori, alle loro manie e tic, alle domande assurde proposte durante le sessioni d'esame, il tutto condito da sagaci battute al vetriolo e brindisi.

Zoe aveva mangiato con grande appetito e quando arrivarono i secondi era praticamente sazia da far paura. Vennero servite grigliate di carne miste, accompagnate dalle immancabili patatine fritte.
In quel momento F. chiese a Zoe se voleva le patatine, ma Zoe rispose che non ce la faceva ad ingoiare più nulla tanto era piena, F. però non convinto insistè: "Dai prendi due patate sono deliziose!" Zoe cortesemente rifiutò di nuovo: "No F. grazie non ce la faccio più"
Ma F. sembrò non udire la risposta, e continuò ad insistere: " Su via Zoe, non fare complimenti, prendi un po' di patatine...." 

E Zoe ripetè che non le voleva, ma nulla, F. sembrava un disco incantato.
La parte leonina di Zoe cominciò ad agitarsi, abbassò le orecchie e ringhiò, tese i muscoli e si preparò all'attacco. Zoe tentò di controllare quella forza oscura in tutti i modi, ma quando F., per l' ennesima volta tentò di mettere nel piatto di Zoe le patatine fritte che lei aveva vieppiù volte rifiutato educatamente e con il sorriso, il tappo del vulcano leonino saltò via.
" Ma insomma ci sentiiiiiii, sei sordooooo, sono almeno cinque volte che ti dico che non mi vanno, non le voglio, non le vogliooooooo! Ma ci sei o ci fai?" così urlò Zoe in faccia a F. esasperata dalla sua pedante insistenza, sfibrata dalla sordità del suo comprendonio.

Un silenzio di tomba gelò la tavola e tutta la sala del ristorante, tanta era stata la potenza della reazione di Zoe; F. si ammutolì e divenne verdino, gli amici, abituati alla gentilezza, alla grazia e soprattutto al suo super autocontrollo erano impietriti in svariate e comiche pose: chi a bocca aperta, chi con la forchetta a mezz'aria, chi con il boccone semideglutito, qualcuno con il bicchiere alle labbra. Sembrava che una magia li avesse incantati, lasciandoli lì, ancora presi dall'azione del momento. Momento per altro che parve interminabile, ma che si sbloccò appena Zoe ebbe passato il suo sguardo su tutta la conventicola, la quale cercò di superare l'imbarazzo facendo un brindisi alla faccia degli esami ancora da sostenere.

Anche il resto degli ospiti del ristorante riprese la propria attività mangereccia, ma con un tono lievemente più sommesso.
Per tutto il resto della serata F. non proferì verbo, nè Zoe gli rivolse la parola, concentrata com'era a sopire  le zampate che la sua gemella leonina continuava a sferrare, per liberarsi dalle ultime catene che la tenevano ancora prigioniera.
All'uscita del ristorante F. prese la parola: " Mi hai trattato come un pellaio davanti a tutti!" - " Ti ho detto almeno cinque volte che non volevo le patatine fritte, ma tu hai continuato ad insistere, insistere e insistere, mi chiedo se capisci il senso della negazione F." gli rispose Zoe con mini ruggito e un lampo diavolesco nello sguardo.
" Ma io credevo solo che tu facessi i complimenti...." - " Tu non devi credere F. devi ascoltare, se ti dico no, è no, chiaro? Hai capito bene?" sibilò Zoe.
E un altro tassello del mosaico era stato sapientemente incastrato.



sabato 1 agosto 2015

Il primo ruggito, Zoe parte dodicesima

Gli stivali rossi avevano socchiuso la porta, e Zoe cominciò a stare meglio. Continuò a cercare gli strumenti attraverso i quali poter fondere le sue due anime, gli stivali rossi da soli non bastavano. Erano stati il primo passo, aveva varcato la soglia, ma il cammino era lungo, la strada piena di insidie.

Quella parte leonina doveva venir fuori in maniera delicata, altrimenti avrebbe bruciato anche lei stessa. Sapeva di essere troppo silenziosa, ascoltava troppo e troppo poco esprimeva se stessa, il suo pensiero, le sue opinioni. Se ne era accorta improvvisamente un giorno, durante uno dei suoi interminabili allenamenti a cavallo.

Ricordava perfettamente  il suo istruttore, uomo poco incline alla pazienza, men che meno alla gentilezza, fanatico portavoce della disciplina militare da cui proveniva e di cui metteva in pratica le infinite sfumature. Era un gigante, alto e ben piazzato, dagli occhi penetranti, così penetranti che bucavano, dai quali Zoe si sentiva sempre trafitta. Il suo sguardo era vigile, attento e scrutatore, come quello di un agente del KGB, nulla gli sfuggiva, nemmeno la sfumatura di una smorfia di disappunto sul volto dei suoi allievi. Zoe ingoiava tutto, e ingoiare le urla e le critiche del suo istruttore sarebbe stata una ginnastica faticosissima anche per Giobbe.

Quel giorno Zoe era sfiancata, la lezione era incentrata sull'assetto perfetto in sella e si svolgeva senza l'aiuto delle staffe. I muscoli delle gambe di Zoe, che aveva ormai perso la cognizione del tempo, si contorcevano in crampi dolorosi, e le ginocchia che fino a quel momento erano rimaste saldamente aderenti ai quartieri della sella, come se i suoi piedi avessero poggiato sulle staffe, stavano cedendo.

Le arrivò dritto nelle orecchie un feroce richiamo: "Quelle maledette ginocchiaaaaa! Stai diritta, non vedi che stai andando avanti con le spalle? Svegliati bella addormentata!"
Zoe si morse le labbra fino a farsi male, mentre un fiotto di sangue le saliva alle tempie e il leone dentro di lei mostrava i canini;   cercò alla meglio di rimettersi diritta senza perdere il ritmo del trotto, ma i crampi si facevano sempre più dolorosi.

Ovviamente il suo istruttore se ne accorse, e la chiamò a centro campo. La fece smontare, tirò fuori di tasca quattro puntine e le attaccò (punta rivolta in alto naturalmente) alla paletta della sella con del nastro adesivo. Poi la fece rimontare e le disse: "Per punizione trotto sollevato senza staffe e ricordati, se ti siedi, ti ritroverai le puntine conficcate nella carne"
Zoe deglutì tutto il veleno che le era salito in bocca, non avrebbe mai abbassato la testa, mai! Piuttosto preferiva crepare ma dare un segno di cedimento, no!
Cominciò così a trottare stando sollevata, sostenendosi solo con la forza delle ginocchia, contraendo tutti muscoli del corpo, e non ve n'era uno che non le facesse male.
Il tempo che trascorse le parve infinito, il dolore era diffuso in tutto il corpo, e Zoe non piangeva semplicemente perché non ne aveva la forza, se avesse pianto le sarebbe venuto un infarto.
Improvvisamente un crampo le contorse tutta la coscia e Zoe si accasciò sulla sella; già, si accasciò, e le puntine le si conficcarono nella carne.

L'istruttore a quel punto disse: "Ti sta bene, non saprai mai stare in sella, vai a lavare i piatti!"
Fu a quel punto che Zoe non riuscì a trattenere il leone ruggente che le dilaniava le viscere, ma prima smontò di sella, dolorante, sanguinante, perché sapeva che apostrofare il proprio istruttore da cavallo le sarebbe costato essere appiedata per del tempo.
" Mi hai sfrantumato, brutto negriero, ma che t'hanno preso per il culo quando eri piccolo? Ma con chi ti credi di aver a che fare! I piatti forse dovresti lavarli tu che non conosci nemmeno le regole della buona educazione e la tua perfidia non conosce limiti!"

"Finalmente è uscita allo scoperto, la parte che mai si farà schiacciare, allora sei una guerriera, proprio come avevo sospettato ora sei proprio come il tuo cavallo. Ma quanto c'è voluto per farti uscire allo scoperto!" queste furono le parole dell'istruttore, che, da rigido militare, le voltò le spalle e aggiunse: "E ora dissella il tuo cavallo e preparalo per il box, ci vediamo domani".
Da quel giorno i capelli di Zoe diventarono del colore del mantello del suo cavallo: fulvi. E così il rosso diventò parte integrante della sua persona, e il leone interiore si rafforzò.
Ma non era finita, o meglio, era appena iniziata...



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