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sabato 24 ottobre 2015

Nur

Sono passati quattordici anni, un soffio. Eri un piumino di seta nera, dal passo felpato e con una buffa coda di volpe a quota periscopio che esplorava tutti gli angoli più reconditi e irraggiungibili della casa.
Ci hai completamente stregato con il fascino del mistero e della riservatezza che ti caratterizza, con l'aria di sufficienza con cui ci osservi, mentre siamo intenti nelle nostre varie attività casalinghe, alle quali partecipi con azioni varie di disturbo e raid improvvisi, galoppandoci contro e sgommando sul pavimento, orecchie piatte sulla nuca, occhi a cinese e ruggito in gola.


Hai cominciato a comunicare non molto presto, non prima di aver studiato i nostri modi, il nostro carattere e approfittando dell'amore e delle attenzioni che ti dedichiamo ventiquattro ore su ventiquattro. Quindi sei passato a palesare verbalmente ogni tua richiesta, emozione, irritazione, modulando in maniera perfetta la tua voce e scegliendo come tuo referente babbo, lasciando per lui un posto speciale nel tuo cuore


Rido se penso alla forte attrazione che hai per i tessuti bianchi e odorosi di ammorbidente, sui quali ti adagi morbidamente con un lieve sospiro, coprendoti gli occhi con quella coda volpona "guatandoci" da lontano e di sottecchi. Del resto ti infili nei posti meno graditi da mamma, che dopo averti cercato per ore passando da una stanza all'altra, sotto i mobili, dietro le tende, in terrazza….ti trova dentro il pilozzo, mentre una singola goccia d'acqua ti cade a intermittenza in testa (non è forse un esperimento scientifico?). Per non parlare della magnetica attrazione per i letti….lì sì che ci si può stendere, ribaltarsi a pancia in su senza tema di disturbo, a meno che non sia una coperta fatta all'uncinetto, nel qual caso il disturbo è nostro.


Quando siamo seduti a tavola, colazione, pranzo o cena, hai il tuo posto accanto a babbo e di quando in quando, allontanandoti dalla tua postazione, girelli o promuovi manifestazioni di dissenso facendoti trovare sul tavolino di cristallo accanto ai soprammobili, sulla tastiera del computer, o sopra la tavola da stiro; certamente in quelle occasioni qualcuno si muove. In caso di nostra indifferenza passi all'azione graffiando tutto ciò che ti capita a tiro. 


Di casa nostra sai tutto, se uno di noi sta male lo assisti per giornate intere facendogli compagnia ai piedi del letto allontanandoti solo per un breve spuntino o un passaggio alla toilette.
Ma solo io posso prenderti in braccio come se tu fossi un bambino in fasce e cullarti mentre socchiudi maliziosamente gli occhi e un profondo, liquido rumore di fusa ci ipnotizza.


Per quanto tu sia casalingo, so bene che la tua natura è profondamente selvatica e se ti lasciassimo libero ti daresti alla macchia, come il leggendario brigante Tiburzi, o il più fantomatico "Nebbia". Prova ne è stata che il tuo istinto di cacciatore incallito, ti ha fatto volare dal quarto piano dietro uno stupido pipistrello, per fortuna senza gravi ripercussioni, e ti ha suggerito di nasconderti nel più isolato scomparto dell'armadio per mezza giornata mandando le nostre menti in pezzi.
In qualunque posto mi trovi, appena telefono a casa, la prima domanda è rivolta a sapere di te, cosa fai, dove sei, se ne hai combinata una delle tue e di solito l'esito è positivo con mio grande divertimento.


Ho scelto per te il nome che mi sembra rispecchiare al meglio il tuo carattere e le tue origini orientali, e ti ho chiamato Nur ed-Din, per gli amici Nur.
Ora nostro amatissimo amico riposi sereno sotto un manto di viole e ciclamini, all'ombra degli alberi nel bosco di Fenice Capanne con il cinguettio degli uccelli che ti fa compagnia.



domenica 13 aprile 2014

Mio nipote, la gioia della mia vita | Avventure di zia e nipote | Storie

Leonetto
Sono alla moda
Zia give me five
su un piede
  
Sono un marinaretto














Le parole non servono in questi casi, portare mio nipote in giro significa afferrare la felicità.

domenica 12 gennaio 2014

IN TRENO (parte prima)


Stamani dopo una lunga preparazione, sono partita perchè è giunto il momento di fare alcuni controlli iniziati durante il calvario della gambina e interrotti con l'intervento. Ma bisogna pur terminare ciò che si è iniziato. Non potendo ancora cimentarmi nella guida della mia amata Tiblisi (per chi ancora non lo sapesse è la mia macchina) è stato necessario utilizzare un altro mezzo di trasporto: il treno
Ora, è necessaria una breve digressione, i tempi lontani in cui usavo il treno erano gli anni beati dell'università, del pendolarismo del weekend, quando ancora non esistevano Italo e le Frecce. I treni erano ancora peggio di quelli di adesso, sbuffavano le littorine a gasolio, due vagoni e la motrice, oppure ti ritrovavi sui regionali, con quei gradini di salita e discesa per stare in equilibrio sui quali era necessario un brevetto da scalatore. I sedili spesso erano rotti e da essi fuoriusciva la gommapiuma, c'erano i vagoni per fumatori e i controllori non si distinguevano da comuni passeggeri, i biglietti non dovevano essere obliterati e molti pendolari in estate, mettevano i piedi sudaticci sui sedili di fòrmica.
Forse qualcuno potrebbe obiettare che anche oggi grandi differenze non ce ne sono, io affermo che pur nello sfacelo alcune cose sono migliorate. Eppure non è cambiata la gente, i viaggiatori, popolo del treno non cambia e non cambierà mai. O forse sono io che faccio sempre incontri molto strani, con personaggi caduti da altri mondi. Detto questo, stamani molto presto mi sono recata alla stazione con babbo, perchè ovviamente non potendo portare pesi e dovendo soggiornare in altro loco, la valigia qualcuno doveva pur portarla. Dato che per fare questi controlli, sono necessari alcuni giorni, e degli spledidi amici di famiglia mi ospitano, era inutile scomodare babbo per farmi accompagnare con la macchina. Così, l'opzione treno sarebbe andata benissimo. E sono iniziate le avventure, subito sul binario. Sì, perchè da un mezzo cartello strappato, appiccicato con lo sputo alla biglietteria, si evinceva che il binario numero uno era stato soppresso. Quindi, è stata per pura fortuna che, letto il cartello, ho avvertito un piccolo drappello di persone che altrimenti, sarebbe rimasto, valigie annesse, a guardare partire gli altri. E l'impiegato? Sbadigliava beato dietro il plexiglas della sua postazione. E non è finita qui......
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