Nel 1873 vennero scoperte delle strane sferule metalliche, che ricoprono i fondali oceanici dell'intero pianeta. A molti appassionati del genere saranno già note come "noduli di manganese", grumi che contengono inoltre una serie di metalli preziosi e che i ricercatori sperano di poter raccogliere dai fondali oceanici. Alcuni scienziati tedeschi però potrebbero essere vicini alla soluzione del mistero che avvolge queste "palline" metalliche che ricoprono in tutta la sua vastità i fondali dell'Oceano Atlantico.
La “RV Sonne”, è una nave di ricerca tedesca, si trovava a diverse centinaia di chilometri ad est delle Barbados, quando, issando la rete adibita alla cattura di alcune specie marine, ha raccolto numerosi noduli del prezioso metallo. In seguito, una telecamera teleguidata ha rivelato che il fondo marino era letteralmente disseminato di queste sfere di metallo di dimensioni variabili da una pallina da golf a una palla da bowling.
Secondo quanto calcolato dai ricercatori sembra che i tassi di crescita di queste sfrule, pari a 1-5 millimetri ogni milione di anni, la loro età si aggirerebbe intorno a 10 milioni di anni. «Sono rimasto molto sorpreso, perché generalmente quest’area oceanica non è conosciuta per la presenza dei noduli», spiega a LiveScience lo scienziato Colin Devey a capo della spedizione. I noduli di manganese sono stati trovati in tutti gli oceani del pianeta, ma la quantità maggiore è stata riscontrata nell’Oceano Pacifico. Generalmente si trovano a circa 5 mila metri di profondità.
In merito alla loro formazione gli scienziati hanno fatto alcune ipotesi fra cui alcune reazioni chimiche che sarebbero alimentate dai microbi marini. Ma c'è anche la teoria secondo cui i noduli sarebbero il risultato della precipitazione di metalli nelle acque del mare, specialmente quelli espulsi dai camini termici di origine vulcanica. Le sfere sono costituite per la maggior parte da manganese, ma contengono anche ferro e altri metalli come rame, cobalto e zinco, e come tali vengono considerate come una possibile fonte di materie prime.
Ora, trovandosi a grandi profondità, il recupero o raccolta di queste sferule è tecnicamente molto complesso, per non parlare dei potenziali danni ambientali generati dal loro sfruttamento. Allo stesso tempo, l'interesse scientifico che suscitano è davvero grande, in quanto possono essere considerati dei veri e propri archivi climatici e ambientali, poichè, come si è visto, sono costituiti di strati sovrapposti, allo stesso modo in cui cresce la perla di una conchiglia attorno ad un nucleo originario.
Dal momento che i noduli crescono molto lentamente, possono fornire un record della storia climatica del nostro pianeta. Per ora i ricercatori vogliono analizzare i noduli più in dettaglio per capire esattamente come si sono formati. La comprensione della loro origine potrebbe fornire importanti informazioni sui cambiamenti climatici avvenuti nel passato del nostro pianeta, così da prepararci per eventuali cambiamenti futuri.
La “RV Sonne”, è una nave di ricerca tedesca, si trovava a diverse centinaia di chilometri ad est delle Barbados, quando, issando la rete adibita alla cattura di alcune specie marine, ha raccolto numerosi noduli del prezioso metallo. In seguito, una telecamera teleguidata ha rivelato che il fondo marino era letteralmente disseminato di queste sfere di metallo di dimensioni variabili da una pallina da golf a una palla da bowling.
Secondo quanto calcolato dai ricercatori sembra che i tassi di crescita di queste sfrule, pari a 1-5 millimetri ogni milione di anni, la loro età si aggirerebbe intorno a 10 milioni di anni. «Sono rimasto molto sorpreso, perché generalmente quest’area oceanica non è conosciuta per la presenza dei noduli», spiega a LiveScience lo scienziato Colin Devey a capo della spedizione. I noduli di manganese sono stati trovati in tutti gli oceani del pianeta, ma la quantità maggiore è stata riscontrata nell’Oceano Pacifico. Generalmente si trovano a circa 5 mila metri di profondità.
In merito alla loro formazione gli scienziati hanno fatto alcune ipotesi fra cui alcune reazioni chimiche che sarebbero alimentate dai microbi marini. Ma c'è anche la teoria secondo cui i noduli sarebbero il risultato della precipitazione di metalli nelle acque del mare, specialmente quelli espulsi dai camini termici di origine vulcanica. Le sfere sono costituite per la maggior parte da manganese, ma contengono anche ferro e altri metalli come rame, cobalto e zinco, e come tali vengono considerate come una possibile fonte di materie prime.
Ora, trovandosi a grandi profondità, il recupero o raccolta di queste sferule è tecnicamente molto complesso, per non parlare dei potenziali danni ambientali generati dal loro sfruttamento. Allo stesso tempo, l'interesse scientifico che suscitano è davvero grande, in quanto possono essere considerati dei veri e propri archivi climatici e ambientali, poichè, come si è visto, sono costituiti di strati sovrapposti, allo stesso modo in cui cresce la perla di una conchiglia attorno ad un nucleo originario.
Dal momento che i noduli crescono molto lentamente, possono fornire un record della storia climatica del nostro pianeta. Per ora i ricercatori vogliono analizzare i noduli più in dettaglio per capire esattamente come si sono formati. La comprensione della loro origine potrebbe fornire importanti informazioni sui cambiamenti climatici avvenuti nel passato del nostro pianeta, così da prepararci per eventuali cambiamenti futuri.