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domenica 1 novembre 2015

La piscina, scene dal precariato lavorativo, parte prima

Come già descritto nei posts precedenti, lo Uaisipiei era dotato di una bella piscina di acqua salata, intorno alla quale si snodava un bel bordo  in cotto.

I posti naturalmente, considerando i lettini e gli ombrelloni, erano limitati, e non tutti gli ospiti di Charlie potevano usufruirne contemporaneamente. Zoe si chiedeva spesso come ci fosse tanto accanimento per un posto in piscina, quando proprio lì a due passi si apriva una superba spiaggia e tutti gli ospiti di Charlie erano dotati di barca a vela, mezzo con il quale potevano veramente godersi il mare e navigare verso gli isolotti dell'arcipelago dove piccole calette di acqua limpida e verdazzurra li attendevano, fuori dalla confusione dei bagni, ma soprattutto, senza acqua artificiale.

Domanda questa che rimase senza risposta per tutti gli anni di permanenza di Zoe allo Uaisipiei.
Gli ospiti di Charlie potevano usufruire della piscina come e quando volevano, a partire dalle 10:00 del mattino fino alle 19:30 della sera, il bagnino Mitch vigiliava sulla loro incolumità, ma, come per tutti gli spazi comuni, vi erano alcune regole da rispettare.

Ed eccole di seguito: i lettini non potevano essere occupati permanentemente, ossia, se gli ospiti lasciavano il lettino per andare a pranzo, dovevano necessariamente liberarlo, e non lasciarvi i propri oggetti personali per tenerlo occupato ( secondo voi lo facevano?), in questo modo si poteva garantire il ricambio. Era vietato fare tuffi nel classico stile "mi butto in acqua come un selvaggio", o meglio, tipo palla lanciata da catapulta, prima di entrare in piscina era obbligatorio farsi la doccia, in piscina non si potevano portare bambini, e, se si usciva dalla piscina per recarsi al bar, era d'obbligo indossare un pareo (per le signore) o maglietta e bermuda (per i signori).

Chiunque volesse invitarvi amici o familiari estranei allo Uaisipiei, doveva necessariamente pagare un ticket per l'ospite aggiunto, passando, ovviamente, dal desk, quindi da Zoe.
Si dice che i napoletani siano maestri "nell'arte dell'arrangio", ma gli ospiti di Charlie, li superavano alla grande.

Del resto le regole sono fatte per essere infrante, molti ne fanno una filosofia di vita, e addirittura un lavoro (perchè non ci ho pensato mai?).
C'era in particolare un gruppetto di ospiti di Charlie che proprio non voleva saperne delle regole della piscina, e studiò i più fantasiosi sistemi per eluderle.


mercoledì 13 novembre 2013

LA TAC

TAC
 Oggi chissà perchè, mi è tornato in mente un episodio di cui sono stata protagonista qualche anno fa,  quando fui costretta a farmi una TAC, esame necessario in vista di un intervento chirurgico al ginocchio. Mi  recai presso la struttura ospedaliera di competenza, munita di richiesta del medico curante. Allo sportello per il pagamento del ticket si assiepava un numero imprecisato di persone, che però erano lì solo per il prelievo del sangue e quindi munite di numero, mentre tutti coloro (quindi io e qualche altra persona) che invece dovevamo sottoporci ad esami diversi, fummo dirottati presso lo sportello vicino, per il quale non era necessario munirsi di numero, il che  suscitò qualche polemica su chi c'era prima e chi doveva esser dopo. 
Sulla mia richiesta, la dottoressa aveva inserito il codice relativo all'urgenza  e che pensavo mi evitasse di compilare il modulo in cartaceo, invece no, tanto per perder tempo fui costretta  a ricompilarlo comunque. 
Con l'occhio all'orologio, mi diressi presso il reparto nel quale fare l'esame, consegnai la documentazione all'infermiera e feci per mettermi seduta in attesa del mio turno, ma la generalessa mi richiamò all'ordine dicendomi che dovevo passare dall'accettazione. Ritornai indietro, feci zoppicando due rampe di scale, mi recai presso il reparto di Radiologia, dove una indisponente ed annoiata infermiera mi fece compilare l'ennesimo modulo relativo alla privacy.......
Ritornai di nuovo giù e riconsegnai tutto alla generalessa, che nel frattempo aveva chiamato il marito per dargli indicazioni su come vestire la figlia (poi si dice la fortuna dei posti pubblici), il che  significò aspettare il termine della sua telefonata. Finalmente mi misi in pace ad aspettare, ma avevamo già sforato l'orario di almeno venti minuti, perchè? Voci di corridoio mi giunsero all'orecchio, aspettavano un interno che doveva fare la TAC, ma che non arrivava (informarsi?). La generalessa chiamò il reparto, e dopo un quarto d'ora di conferenza, chiarì a se stessa che il malato non arrivava, perciò potei passare io.
Il medico mi chiamò e mentre preparava sommariamente il lettino su cui dovevo sdraiarmi, parlava al telefono con un collega, ma per ottimizzare i tempi mi rivolse alcune domande: " Quale gamba le fa male?" mi chiese, e io prontamente: "La sinistra". "Non ha fatto terapie? Non ha preso farmaci antinfiammatori, antidolorifici?" 
"Ma certo, ho fatto di tutto, ma ormai non c'è più nulla che mi faccia effetto" spiegai tranquillamente. Intanto lui era preso dalla sua conversazione al telefono, mentre io non sapevo se dovevo mettermi sul lettino, o se  aspettare; nella stanza c'era un freddo "babbione", perchè la macchina doveva rimanere ad una certa temperatura altrimenti sarebbe andata in tilt, cosa per altro che non avrebbe evitato che mi venisse una bronchite.
Finalmente il medico finì di conversare al telefono, e mi si rivolse nuovamente: "Allora veniamo a noi, quale gamba le fa male?" 
Lo guardai attonita: "Le ho appena finito di dire che la gamba che mi fa male è la sinistra" e lui di rimando "Ma non ha fatto terapie farmacologiche o fisioterapiche?".
Non riuscivo a credere alle mi orecchie, ma c'era o ci faceva? Ripetei la solita cantilena e lui sembrò comprendere, quindi mi fece sistemare ed entrò nella stanza dei bottoni. Da quella stessa stanza uscì una collega (lo supposi io), mi si avvicinò sorridente, pensai che volesse controllare che tutto fosse a posto, e invece? Mi fece le stesse domande del medico! Ma dove ero capitata, nell'ospedale di Playmobil? Ma che si erano drogati di primo mattino?
Per l'ennesima volta risposi, sperando che in quelle zucche vuote risuonasse chiara la mia risposta e poi, alla fine, demmo inizio alla TAC.
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