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venerdì 25 marzo 2016

La Pietra di Dashka: una mappa in 3D degli Urali vecchia 120 milioni di anni

Alcune teorie archeologiche espongono la tesi che, nel passato, vi siano stati cataclisimi che hanno completamente spazzato via dalla faccia della terra civiltà fiorenti e molto avanzate. A testimonianza di questa teoria, vi sono artefatti molto particolari la cui complessità non può far altro che confermare questa ipotesi. Uno di questi non molto noto in occidente è la la Pietra di Dashka, nota anche come Mappa del Creatore. E io ogni volta mi convinco sempre di più che noi non abbiamo fatto altro che ereditare queste avanzatissime conoscenze, in certi casi non solo le abbiamo ereditate male, ma non le abbiamo sapute comprendere e nemmeno sfruttare.

Un gruppo di scienziati della Bashkir State University sono convinti che le prove dell'esistenza di civiltà dalle avanzatissime conoscenze e proprietarie di tecnologie molto avanzate, si troverebbero su una grande lastra di pietra scoperta nel 1999, sulla quale sarebbe impressa una mappa tridimensionale realizzata con una tecnologia sconosciuta. E' stato il professor Alexandr Chuvyrov, docente di fisica e matematica presso la Bashkir State University,  che,  mentre era alla ricerca di circa 200 lastre di pietra riportate nei resoconti di alcuni archeologi del 18° secolo e che avrebbero fornito la prova dell’immigrazione cinese sugli Urali, si ritrovò invece fra le mani la Pietra di Dashka.

La lastra fu portata all’università, e una volta liberata dalla terra residua, lasciò i ricercatori a bocca a perta. “A prima vista, mi sono reso conto che non era un semplice pezzo di pietra, ma una vera e propria mappa, e non una semplice mappa, ma una mappa tridimensionale”, spiega Chuvyrov. La Pietra di Dashka (così chiamata in onore del nipote dello scopritore) misura 1.48 m di lunghezza, 1.06 m di larghezza, conta uno spessore di 16 cm ed un peso di almeno di una tonnellata.

La particolarità di questa lastra è che essa presenta tre livelli topografici, notevolmente simili alla geografia unica di una precisa area dei Monti Urali. Lo strato più superficiale è costituito da uno strato di calcio porcellanato, apparentemente destinato a proteggere gli strati sottostanti dall’usura. La base della mappa è costituita da uno di dolomite, mentre la mappa è realizzata in diopside, un materiale talmente duro che sarebbe impossibile da scolpire senza l’aiuto di moderne tecniche di intaglio. Sulla base delle indagini radiografiche, è stato confermato che le incisioni sono state eseguite artificialmente con strumenti di alta precisione.

In un primo momento, il team dei ricercatori ha ipotizzato che l’antica mappa potesse essere stata realizzata dagli antichi cinesi, proprio per le iscrizioni verticali. Ma, dopo un particolareggiato esame dei caratteri, i ricercatori non sono riusciti a  decifrare le iscrizioni, abbandonando così la pista cinese. I segni geroglifici attualmente non sono stati ancora decifrati. Ma ciò che è più sorprende di questa misteriosa mappa in rilievo, è che gli esami utilizzati per datare la roccia hanno restituito un’antichità pari a 120 milioni di anni.

 “È stato difficile determinare un’età anche approssimativa della lastra. In un primo momento, la datazione al radiocarbonio ha restituito risultati diversi, lasciando poco chiara l’antichità della roccia”, ha dichiarato Chuvyrov. “Tuttavia, durante l’esame abbiamo trovato due gusci sulla superficie. L’età di una, era pari a 500 milioni di anni, mentre la seconda (Ecculiomphalus princeps) era di circa 120 milioni di anni”, epoca in cui, secondo Chuvyrov, è stata realizzata la mappa”. Anche i geologi sono d'accordo sul fatto che la mappa rappresenti la regione degli Urali conosciuta come Bashkiria, rimasta invariata dal punto di vista geologico per diversi milioni di anni. In particolare, la zona geografica specifica rappresentata sulla roccia è la regione di Ufa, e descrive in maniera minuziosa la ricchezza idrografica della zona, compresa tra i fiumi Sutolka e Ufimka.

Identificare i luoghi non è stato facile, in quanto la mappa è antichissima, ma la fortuna ha voluto che il territorio della Bashkiria non sia cambiato di molto nel corso degli ultimi milioni di anni ha spiegato Chuvyrov. Il canyon di Ufa è stato il punto cruciale delle prove effettuate: una volta condotti gli studi geologici è stato scoperto che la sua morfologia corrisponde a quella tracciata sulla mappa. Ma è pur vero che, benché la mappa sia grandemente somigliante con la zona che presumibilmente identifica, mostra anche notevoli differenze. Infatti secondo gli studiosi, alcuni tratti mostrati nella mappa sembrano indicare opere mastodontiche di ingegneria civile: un sistema di canali che si estende per circa 12 mila km, con chiuse e 12 potenti dighe.

Non lontano dai canali, sono incisi motivi a forma di diamante il cui significato è tuttora sconosciuto. Secondo quanto rivelato dalla mappa, il fiume Belaya sembra un’opera di ingegneria, piuttosto che una formazione naturale. Alcuni scienziati, colleghi di Chuvyrov sono propensi a credere che la mappa potrebbe essere solo il frammento di una mappa più grande. Altri ancora pensano addirittura che questa lastra sia solo la punta dell’iceberg di un’intera mappa della Terra realizzata in scala. Ma, a fronte di tutto ciò rimane la domanda che ormai spesso ci facciamo: chi ha creato una mappa tridimensionale tanto accurata oltre 100 milioni di anni fa? E quali informazioni rivelano i geroglifici scolpiti lungo il suo lato?

Per non scadere in ipotesi che sminuirebbero il significato di una tale scoperta, l’autore della mappa è stato chiamiato semplicemente "Creatore". E' chiaro però che chiunque abbia realizzato la mappa, dovesse essere in possesso di tecnologia aerea per mappare l’intero territorio. Ai nostri giorni, la realizzazione di topografie tridimensionali richiede l’utilizzo di computer dalla elevata potenza di calcolo e indagini aerospaziali di tipo satellitare. Allora chi ha relaizzato un artefatto così tecnologicamente avanzato 120 milioni di anni fa? Ci sono ancora molte domande senza risposta che circondano la Pietra di Dashka, ma di sicuro essa indirizza la nostre riflessioni  verso un modo alquanto differente ciò che tradizionalmente abbiamo sempre pensato del genere umano: dobbiamo darci del tempo per abituarci a questa nuova concezione della nostra storia ed evoluzione.

domenica 20 marzo 2016

La Piramide di Edfu, un mistero dell'antico Egitto

4600 anni fa, presso l'insediamento di Edfu, nell'Egitto del sud, si stagliava, magnifica, una piramide a gradoni. Essa, riportata alla luce da un gruppo di archeologi, è di circa un paio di decenni in anticipo rispetto alla Grande Piramide di Giza.

A differenza delle altre piramidi però, questa, non ha camere interne, perciò gli archeologi hanno dedotto che non è stata utilizzata per la sepoltura. Il suo vero scopo, quindi, è un autentico mistero. Il team degli archeologi sapevano dell'esistenza della struttura sepolta ad Edfu,  ma non era mai stata riportata alla luce prima che la squadra guidata da Gregory Marouard, ricercatore associato presso l’Oriental Institute di Chicago, cominciasse gli scavi nel 2010. Come è accaduto a molte piramidi famose, anche la piramide di Edfu, rimasta sepolta sotto uno spesso strato di sabbia, è stata saccheggiata di numerosi suoi blocchi.

A dire il vero, nessuno pensava che si trattasse di una piramide. Anche gli abitanti di un villaggio vicino pensavano fosse la tomba di uno sceicco, un santo musulmano locale. Da quanto emerso durante gli scavi per riportarla alla luce, la piramide è stata costruita con blocchi di arenaria estratti da una cava a circa 1 km di distanza e con malta di argilla. Come spiega Marouard: "La costruzione riflette una certa cura e una vera e propria esperienza nella padronanza della costruzione in pietra, in particolare per l’adeguamento dei blocchi più importanti".

 Nel momento in cui è stata riportata alla luce, l'altezza della piramide era solo 5 metri, ma in base alle analisi effettuate  essa doveva innalzarsi  per quasi 13 metri. Lo stile architettonico è molto simile a quello della piramide a gradoni costruita da Djoser (2670-2640 a.C.), il faraone che secondo la cronologia classica ha costruito la prima piramide d’Egitto, all’inizio della terza dinastia. Questa tipologia di piramide si ritrova un po' in tutto l’Egitto,  nei pressi dei più importanti insediamenti. Non avendo camere interne e non essendo destinate alla sepoltura, la loro funzione  rimane ancora un mistero. L'ipotesi più accreditata è che avessero una funzione simbolica, forse un qualche ruolo rituale come l'affermazione del potere del faraone nelle provincie meridionali.

Queste piramidi "provinciali" si somigliano incredibilmente, quindi è logico pensare che fossero accomunate da uno scopo comune. Sulle facciate esterne, sono stati trovati una serie di geroglifici, e tali  iscrizioni sono situate accanto ai resti di neonati e bambini che sono stati sepolti ai piedi della piramide. I ricercatori però, pensano che le iscrizioni e le sepolture risalgano a molto tempo dopo la costruzione della piramide, dato che la struttura non era originariamente intesa come luogo di sepoltura.

domenica 20 aprile 2014

I giganti sono davvero esistiti? | Oggi nella mia rubrica

Ricordate il mito dei  nefilim, giganti o angeli caduti, di cui si parla nella Bibbia, detti anche Titani, se si fa riferimento alla mitologia? Ebbene, nel secolo scorso, ci fu un periodo in cui sui giornali delle principali cittadine nordamericane, comparvero numerosi articoli relativi al ritrovamento di scheletri e ossa di uomini giganti e di città sepolte in cui questi misteriosi abitatori della Terra avrebbero abitato.
Sarà vero che sono esistiti realmente? E questi giganteschi scheletri altrimenti a chi potrebbero appartenere?

Uno degli articoli più famosi è apparso nell’edizione del 5 aprile 1909 del giornale The Arizona Gazette, con il titolo “Explorations in Grand Canyon”. In questo articolo è descritta la scoperta da parte di un certo G.E. Kinkaid di una ‘immensa cittadella sotterranea’, mentre faceva rafting sul fiume Colorado. L’uomo si imbatté in un tunnel che si estendeva per quasi due chilometri sottoterra, dove erano presenti numerose tavolette incise con un certo tipo di geroglifici e una statua di pietra che l’uomo descrive come simile ad un Buddha. Diverse armi di rame rivestivano le pareti, ma l’aspetto più intrigante di questa antica dimora (forse un luogo di culto o di sepoltura) erano le mummie, completamente avvolte in un tessuto di colore scuro. Incredibilmente, secondo il testimone, le mummie conservate nella cavità erano alte più di tre metri.  Un articolo comparso sul New York Times dell’8 aprile 1885, si riporta la scoperta di una città sepolta nel Missouri: una strana scoperta in una miniera di carbone nei pressi di Moberly. La scoperta è avvenuta ad opera di un gruppo di minatori che, dopo aver scavato un pozzo di più di 100 metri, si è ritrovato in quella che sembrava una meravigliosa città sepolta. I minatori descrissero che il soffitto della cavità era sostenuto da archi di pietra che incombevano sulle strade della città, regolarmente disposte e racchiuse da muretti in pietra. Gli operai tornarono ad esplorare il sito insieme a David Coates, sindaco della città di Moberly e al suo sceriffo George Keating. Il gruppo di esploratori trovò una sala ampia 10 metri per 30, con all’interno una serie di panche in pietra e numerosi attrezzi. Inoltre, gli uomini videro diverse statue e incisioni fatte di un materiale molto simile al bronzo. Continuando l’esplorazione, il gruppetto scoprì in una vasta corte una fontana di pietra ancora funzionante, dalla quale sgorgava acqua perfettamente limpida. Ma quello che attirò l’attenzione degli uomini era ciò che giaceva vicino alla fontana: “Situati accanto alla base della fontana, giacevano parti dello scheletro di un essere umano. Il femore misurava quattro piedi e mezzo, la tibia quattro piedi e tre pollici, mostrando dimensioni fino a tre volte più grandi delle ossa di un essere umano comune”. Secondo l’articolo, il cranio dell’uomo gigante era stato frantumato. Utensili di bronzo, martelli di granito, seghe metalliche e coltelli di selce erano sparsi tutto intorno. “Non si trattava di utensili perfettamente lucidati, né accurati come quelli eseguiti dai  migliori artigiani, ma abbastanza sofisticati da provare l’esistenza di una civiltà avanzata del passato davvero meravigliosa”. Gli esploratori trascorsero dodici ore nella città sepolta, riemergendo solo dopo che l’olio delle loro lampade si era quasi esaurito. Secondo l’articolo, di lì a pochi giorni si sarebbe organizzata un’altra spedizione per continuare l’esplorazione, ma la vicenda, come molte altre, è finita nell’oblio della storia, semplicemente dimenticata, oppure, come pensa qualcuno, definitivamente cancellata.
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