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sabato 6 settembre 2014

GLI UNTORI DEI SUPERMERCATI OVVERO ASSAGGIO SCONFEZIONAMENTO

Ed eccomi di nuovo qui, a dare seguito al post di ieri in cui ho espresso il mio disappunto nei confronti della maleducazione perpetrata all'interno dei supermercati. Fra le varie categorie di persone maleducate che vi si possono incontrare mi ero totalmente dimenticata di uno speciale gruppo che io definisco "gli untori".

Con il termine untori si definivano coloro che ammorbavano di peste intere popolazioni, ma in questo caso specifico per me sono coloro che, nei supermercati, utilizzano le loro mani a piovra per smarmicciare tutto. Si aggirano in ogni corsia, davanti ai banchi di frutta e verdura, a quelli della carne e del pesce e lì iniziano il loro instancabile lavoro.


Prendiamo i banchi di frutta e verdura: i nostri untori lavorano alacremente a maturare la frutta ammaccandola in vario modo o addirittura assaggiandola, quella che contribuiscono a maturare però poi non la comprano ma la lasciano in dotazione agli altri, quella che assaggiano appare invece semisbucciata, nel caso dell'uva si trovano ad esempio grappoli semi vuoti o addirittura i raspi, nelle cassette delle ciliegie noccioli, in caso di albicocche alcune metà e così via.

Lo stesso vale per la verdura, che appare defogliata, come i cesti d'insalata, i finocchi, i carciofi, anzi a molti cadono a terra e le reazioni sono due: o vengono lasciati a terra o raccolti e riposti nella cassetta ad uso e consumo di altri.

Passiamo alla carne confezionata: decine di mani che prendono le confezioni con i vari tagli di carne che vengono tastati a più non posso fino a creare un bel buco nella confezione e per tal ragione rimessi al loro posto per passare ad un'altra confezione. Ci sono stati casi di persone che hanno aperto la confezione e hanno messo il pezzo di carne in tasca (l'ho visto con i mei occhi). E la catena continua nella zona pescheria, dove i più tocchicciano il pesce fresco per assicurarsi che sia fresco davvero, che controllano cozze e vongole, alici e rane pescatrici, polpi e seppie.

Poi si passa allegramente alla roba confezionata, e parlo di mozzarelle fatte a pezzi, salumi confezionati semiaperti, forme o pezzi di fomaggio scartati, yogurt sbafati a ufo, latte bevuto fresco. Per non parlare di quelli che rompono i biscotti, spezzano pasta, rovesciano zucchero, mangiano patatine e poi lasciano la confezione sullo scaffale, si prendono solo qualche bustina di tè invece che l'intera confezione, qualche saccottino per uno sputino o i cioccolatini perchè non è fame, ma più voglia di qualche cosa di buono.

Questo è ciò che fanno molti senza rispetto alcuno per chi tiene sempre un comportamento corretto ed educato dimostrando agli altri le semplici regole del vivere civile.





martedì 2 settembre 2014

Reni e reumatismi, come usare gli oli essenziali per stare meglio | Salute

RENI

Gli oli più attivi sui reni sono: Achillea, Arancio amaro, Cedro, Garofano chiodi, Mandarino, Pepe
nero, Pompelmo. Bisogna leggere le indicazioni di ciascuno e scegliere quelli che meglio si adattano al profilo della persona. Sono tutti utilizzabili con le modalità consuete, dall'inalazione al massaggio,
dal bagno all'uso interno.

Per favorire la diuresi: Angelica, Cedro, Cipresso, Finocchio dolce, Pepe nero, Pompelmo. Anche
questi oli possono essere utilizzati con tutte le modalità consuete, compreso l'uso interno.


REUMATISMI

Inalazione secca e diffusione ambientale: Abete rosso, Benzoino, Canfora, Cipresso, Elicriso, Garofano chiodi, Ginepro bacche, Incenso, Issopo, Limone, Menta piperita, Niaouli, Pino cembro,
Rosmarino, Zenzero.

Massaggio e bagno: scegliere tra le stesse essenze elencate sopra per l'inalazione secca, avendo
cura tuttavia di sperimentare oli diversi. Per il bagno, non dimenticare di provare anche con il sale
del Mar Morto come vettore per gli oli essenziali.

Impacchi e impiastri, da applicare sulle zone dolenti: per gli impacchi utilizzare come vettore
prevalentemente aceto di vino o di mele, per gli impiastri le argille e il fango del Mar Morto. Dopo
aver stemperato uno o più oli nel vettore aggiungere acqua sufficiente a creare una soluzione
liquida in cui bagnare la garza da impacco, oppure una miscela fluida per l'impiastro di argilla. Nel
caso del fango del Mar Morto di solito non si aggiunge acqua, poiché si tratta di un composto già
di per sé sufficientemente fluido. Utilizzare sempre acqua di buona qualità contenuta in bottiglia
di vetro, come l'acqua Humana Amorosa reperibile in farmacia. Essenze consigliate: Abete rosso,
Canfora, Cannella foglie, Cipresso, Galbano, Garofano chiodi, Ginepro bacche, Incenso, Lavanda,
Limone, Pino cembro, Timo rosso, Zenzero.

Pediluvio e maniluvio, soprattutto se il disturbo interessa le articolazioni di piedi e mani: Abete
rosso, Canfora, Cipresso, Elicriso, Garofano chiodi, Ginepro bacche, Issopo, Limone, Niaouli, Pino
cembro, Timo rosso.

Uso interno: Achillea, Angelica, Basilico, Cipresso, Coriandolo, Galbano, Ginepro bacche, Issopo,
Limone, Menta piperita, Rosmarino, Zenzero.

GLI STABILIMENTI BALNEARI: IL CONVEGNO DEI CERVELLI MINCHIA

Sono anni che non frequento gli stabilimenti balneari poichè non amo gli affollamenti umani sulle spiagge, ma questo è stato un anno particolare, e per andare incontro alle esigenze di mio nipote Leonetto, è stato necessario usufruire di attrezzature più consone alle sue esigenze.

Perciò sono approdata nuovamente agli stabilimenti. Niente da dire sulle strutture e sui servizi, con spazi appositi per i passeggini, docce e bagni, bar e ristorante, ma il trauma che mi hanno procurato le persone me lo sono dovuto metabolizzare.


Son terreni fertili per studi sociali in cui immergersi per capire dove stiamo andando a finire. Continuo a ripetermi che il terzo millennio non è l'epoca che fa per me, e parlo di mentalità, di mode, di cultura, di educazione, tutti aspetti della vita che sono tanto importanti quanto calpestati.

Giungo in spiaggia e sistemo i miei effetti personali presso l'ombrellone, sistemando tutto l'occorrente per mio nipote, ma mi sento osservata, e quindi, dietro i miei occhiali da sole, scruto tutto intorno e vedo gruppuscoli di bagnanti che ridacchiano della mia quasi inesistente abbronzatura, mentre si guardano compiaciuti un colorito di cui vanno fieri, ma che mette in risalto solo una pelle esposta nella maniera sbagliata al sole.

Rinnovo la protezione solare e, dal vicino ombrellone una signora di una certa età mi dice: "Se continui a usare codesta crema solare non prendi nemmeno un raggino di sole". Calo un attimo gli occhiali sulla punta del naso, la guardo. Non c'è stato fra noi alcun verboso scambio di parole, forse perchè l'energia del mio pensiero le è arrivata dritta dritta a rimbombare nella sua scatola cranica ormai vuota: " Signora, pensi alla sua pelle ormai distrutta, al suo ridicolo bikini tigrato, ai suoi cinquemila braccialetti e a quel tatuaggio che ha sulla spalla, ormai in declino come tutto il suo corpo, che lei vuol imporre alla mia vista come se fosse quello di una ventenne".

Porto mio nipote a sgambettare nell'acqua,  e sul più bello, mentre ci diverdiamo un mondo a fare i passettini sulla riva,  ecco l'amica della signora tigrata, che sfoggia una chioma rosso fuoco, un rossetto in tinta, un ombretto verde acqua che avrebbe spaventato anche Diavolozoppo e una cavigliera che (perdonatemi), si trovava su una gamba la cui muscolatura non esisteva più da tanto tempo e mi si piazza davanti. Cerco di aggirarla, ma nulla, lei si sposta, allora le giro le spalle e cerco di portare mio nipote altrove.

La sento aumentare il passo, sciacquettando,  mi si affianca e mi chiede: "Ho notato che ha una cicatrice sulla schiena, che ha fatto?". So di essere introversa, e nella mia introversione ci sto come un papa intronato, ma a lei signora che cavolo gliene frega se io ho una cicatrice sulla schiena?  Per caso io sono venuta  a chiederle perchè lei assomiglia ad uno scaldabagno vestito da zebra?

Prendo in braccio mio nipote stando attenta ad usare le ginocchia e non la schiena, la guardo e le rispondo: "E' evidente signora che ho avuto un intervento, necessita di altre informazioni?". Credevo avesse colto le sfumature sottintese, ma mi sbagliavo. Rincuorata dalla mia risposta ha continuato:
"Le ho visto fare una smorfia di dolore mentre camminava"

Se non ci fosse stato mio nipote, probabilmente l'avrei colpita con un pugno, così da farle ottenere gratuitamente l'intervento del giovane bagnino dietro al quale sbavava, ma conscia del fatto che i bambini sono attenti agli esempi che diamo loro, e che l'educazione viene prima di tutto, ho scartato questa ipotesi, ho respirato a lungo e poi ho risposto: "Vedo che non riesce a farsi gli affari suoi signora, quindi sarò breve: purtroppo il dolore me lo porterò dietro fino alla tomba, contenta?"

Indi mi sono avviata all'ombrellone credendo di trovare un po' di pace e di poter giocare con il mio adorato Leonetto, ed invece no, forse c'era stato un passaparola, o forse mi trovavo nel paese del pettegolezzo imperante, perchè dall'ombrellone difronte, ecco affacciarsi un'altro alto intelletto che non potendosi trattenere: "Con quegli occhiali che le coprono mezza faccia non riuscirà ad avere un colorito unifome sul viso".

Ma dove ero capitata, al convegno dei cervelli minchia? "Crede che sia troppo per lei farsi una palata di affaracci suoi?" rispondo tappando le orecchie a mio nipote. Silenzio di tomba. E finalmente, ho turato quei buchi dentati ricoperti di melanina.



lunedì 1 settembre 2014

Le diverse opinioni | Come diventare saggi | Varie

Bellissimo esempio questo, di come gli uomini convinti delle loro teorie si fossilizzano sul particolare, mancando totalmente di una visione d'insieme. Essi si fossilizzano ostinatamente, chiudendo la mente al tutto, a quella visione d'insieme che permetterebbe loro di acquisire la conoscenza.  Si danno contro, gli uni con gli altri, offendendosi reciprocamente, ciechi, come nel racconto qui riportato. E potremmo forse riassumere questo concetto in un sola e chiarissima frase: "Ognuno vede quello che vuole vedere".

Un tempo il Beato si trovava presso Savatthi, nel bosco Jeta, nel parco di Anathapindika. Una grande folla di monaci e brahmani seguaci di varie dottrine entrò a Savatthi per elemosinare cibo. Ciascuno di loro la vedeva diversamente, talunti erano inclini a questa o quella teoria, talaltri ben disposti nei confronti di questa o quell'idea.

Alcuni, per esempio, affermavano che il mondo è eterno, e che tutte le altre idee sono vane. Altri invece erano convinti che il mondo non è affatto eterno, e che questa è l'unica verità. Alcuni affermavano che il mondo è limitato, altri che è illimitato.... Certi dicevano che il principio vivente è il corpo, certi altri che il corpo e il principio vivente son odue cose distinte, e così via. Per cui, già per natura litigiosi e rissosi, si insultavano l'un l'altro, dicendo: " Il Dharma (la dottrina) è così, o non è così, è o non è...".

Ora capitò che un altro gruppo di monaci, muniti di ciotole e indossate le vesti, entrò a Savatthi per elemosinare cibo, e una volta compiuto il giro si recò dal Beato e gli disse: "Signore, attualmente a Savatthi c'è una folla di monaci e brahmani ognuno dei quali sostiene cose differenti....".

E il Beato rispose: "I monaci che sostengono varie teorie sono ciechi, non sanno vedere, non sanno ciò che è vantaggioso e ciò che non lo è. Non sanno cos'è il Dharma e ciò che non è il Dharma. Ignorando tutto questo, non fanno che litigare sostenendo tutte le loro teorie....Anticamente qui a Savatthi c'era un certo re, il quale chiamò un uomo dicendogli: "Brav'uomo, raduna tutti  i nati ciechi che sono a Savatthi". "Così farò Sire", rispose l'uomo, e fece come gli era stato detto.

Poi tornò dal re e gli disse: " Sire, tutti i nati ciechi di Savatthi sono riuniti". " Allora, brav'uomo, mostra loro un elefante". "Lo farò Sire", disse l'uomo. E infatti così fece. E disse ai ciechi: "Ciechi, questo è un elefante", e ad uno presentò la testa, a un altro l'orecchio, a un altro la zanna, a un altro la proboscide, a un altro la zampa, a un altro la schiena, a un altro la coda, e a un altro il ciuffetto della coda, dicendo a ciascuno che quello era l'elefante, tornò dal re e gli disse: "Sire, ho presentato ai ciechi l'elefante. Ora fa ciò che vuoi".

Allora il re andò dai ciechi e chiese a ciascuno di loro: " Ebbene, hai visto l'elefante?". " Sì Sire". " Allora dimmi: che genere di oggetto è un elefante?". Quello a cui era stata presentata la testa disse:    " L'elefante è una specie di orcio". Chi aveva sentito l'orecchio disse: " Sire, l'elefante sembra un setaccio". Chi aveva sentito una zanna disse: " E' un aratro". Chi aveva sentito solo il tronco disse: " E' un granaio". Chi aveva toccato la zampa, che era una colonna, chi aveva toccato la schiena che era un mortaio. Chi aveva toccato la coda che era uno scopino. E poi i ciechi cominciariono a litigare:     " L'elefante è quello", " No, non lo è!". "ma sì che è questo!" finchè arrivarono a picchiarsi. E il re si divertì molto vedendo questa scena. Proprio così sono quegli asceti che sostengono altre teorie, sono ciechi, ignoranti di quello che è conveniente e di ciò che non lo è. Non sanno cos'è il Dharma nè cosa non è. E a causa di questa ignoranza sono rissosi e litigiosi, ciascuno sulle sue posizioni. E intuendo il significato di questo, il Beato disse un verso ispirato: " Come sono attaccati alle loro teorie i vari monaci e brahmani, così, chiusi nel loro particolare, litigano gli uomini che vedono solo un lato della realtà".

sabato 30 agosto 2014

L e cinquecento ninfe, come diventare saggi | Varie

Ecco un esempio di come i desideri effimeri della materialità possono inquinare un percorso di purificazione spirituale. Se vogliamo elevarci spiritualmente, dobbiamo liberarci dalla spina del desiderio e per farlo dobbiamo capire profondamente quanto il mero materialismo sia evanescente. Ciò che rimane è la purezza dello spirito, il solo che possa elevarci verso una totale comprensione del mistero della vita. Il percorso è disseminato di trappole, per questo il nostro intento deve essere fermo e risoluto, staccarsi significa annientare l'illusione.


<<Un tempo il Beato si trovava presso Savatthi, nel bosco Jeta, nel parco Anathipindika. E il venerabile Ananda, cugino del Beato, figlio di sua zia, disse ad un gruppo di monaci: "Cari signori, io pratico la castità con sofferenza. Non sopporto la vita di asceta. Voglio abbandonare la disciplina per tornare nel mondo".

Un certo monaco avvicinò il Beato e gli ripetè le parole del venerabile Ananda. Allora il Beato chiamò un monaco e gli disse: "Convoca il monaco Ananda, digli: Ananda, amico mio, il Maestro ti convoca". "Sì Signore" rispose il monaco. "D'accordo" disse Ananda, e venne dal Beato. Ed egli disse: "E' vero Ananda, che tu hai parlato a dei monaci dicendo loro: io pratico la castità con sofferenza, e così via?". " E' vero Signore".

"E perchè la vita di asceta non ti piace affatto, vuoi tornare al mondo?". " Quando ho lasciato la casa una ragazza dei Sakya, la più bella ragazza della regione, mi ha rivolto uno sguardo pieno di promesse e mi ha detto: che tu possa tornare presto, giovane signore. E io ci penso continuamente, soffro per la castità, non sopporto la vita da asceta e voglio tornare nel mondo". Allora il Beato lo prese per un braccio e sparì in un batter d'occhio dal bosco Jeta per ricomparire in mezzo a trentatrè dei. Ed ecco apparire anche cinquecento Ninfe leggiadre, dette "Piè di colomba".

Allora il Beato disse: "Vedi queste cinquecento Ninfe?". " Sì Signore". "Dimmi, cosa ne pensi Ananda: chi è la più bella e piena di fascino, la ragazza dei Sakya, la più bella della regione, o queste ninfe?". " O Signore, di fronte a queste ninfe dette Piè di colomba la ragazza dei Sakya non vale nulla. Non può esservi paragonata, come se fosse una scimmia con il naso e le orecchie mozzati. Queste cinquecento Ninfe sono di gran lunga più belle e affascinanti".

Ciò detto, il Beato prese per il braccio il venerabile Ananda e in un batter d'occhio si dileguò dal paradiso dei trentatrè dei per ricomparire nel bosco Jeta. E fra i monaci cominciò a girare la voce: " Si dice che il venerabile Ananda conduca una vita di ascesi in compagnia delle Ninfe. Si dice che il Beato gli ha assicurato che potrà avere tutte per sè cinquecento Ninfe dette Piè di colomba. Allora i compagni di Ananda cominciarono a dire di lui che era un mercenario, e un domestico: " Il venerabile Ananda è un mercenario e un domestico. Egli pratica la carità stando accanto alle Ninfe. Il Beato gli ha garantito la conquista di cinquecento Ninfe Piè di colomba".

Perciò il venerabile Ananda, infastidito e umiliato dalle dicerie sul suo conto, mentre invece viveva solitario, pieno di fermezza, concentrato e distaccato, avedo rafforzato se stesso, comprese fino in fondo le ragioni per cui è giusto che un giovane nobiluomo abbandoni la sua casa per la vita errabonda, e capì anche qual è lo scopo estremo dell'ascesi: "Distrutta è la nascita, vissuta è la vita, compiuto è ciò che si doveva compiere, non è più necessario essere qui". Così il venerabile Ananda divenne un Arhat, un meritevole.

Allora uno spirito celeste, illuminando con il suo splendore tutto il bosco Jeta, sul finire della notte andò a far visita al Beato e gli disse: "Beato, il venerabile Ananda, pur stando in questo mondo ma comprendendo pienamente grazie alla visione interiore, ha ottenuto il non attaccamento e la liberazione dello spirito". E il Beato seppe che era così. E quando, prima dell'alba, Ananda venne da lui e gli disse: "Signore, ti sciolgo dalla promessa che hai fatto di farmi possedere le cinquecento Ninfe Piè di colomba", il Beato rispose: " So quello che vuoi dire. Uno spirito celeste mi ha informato. E poichè il tuo spirito è libero da vincoli, Ananda, anch'io mi sento sciolto dalla promessa". E intuendo il significato di tutto ciò disse questo verso ispirato:

"Il monaco che ha attraversato la palude, cha ha distrutto la spina del desiderio, che ha saputo annientare l'illusione, non è più scosso dalla felicità nè dal dolore".
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