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giovedì 5 novembre 2015

Procul, o procul este, profani



Se vi volete distinguere parlando, eccovi un modo di dire adatto ad ogni occasione e per tutti i gusti. Un modo di dire universale che farà rimanere di sasso i vostri interlocutori, o per mancanza di conoscenza latina o perchè non sapranno cosa rispondere.

Procul, o procul este, profani: lungi, lungi di qui, profani. Eccolo, sempre lui, il caro, vecchio Virgilio e la sua Eneide, VI, 258. Sono le parole che la Sibilla Cumana rivolge ai compagni di Enea, quando questi intraprende il viaggio negli Inferi: formula che usava per tener lontani dai misteri coloro che non vi erano stati iniziati. Oggi si dice appunto, per differenziarsi dai gusti e dal comportamento della massa.

domenica 11 ottobre 2015

Candidior nive


Questa frasetta latina breve, semplice ed elegante mi è cara perchè estrapolata da un contesto relativo ai cavalli, quindi per istinto la mia ippomania l'ha fatta sua. 

Ovviamente fuori dal contesto può essere utilizzata a piacimento, tenendo sempre presente che si riferisce al colore bianco con il suo comparativo di maggioranza (Monna Vanna detta Gina docet).

Candidior nive: più bianco della neve. Il passo di Virgilio, Eneide, suona Qui candore nives anteirent (che fossero superiori per bianchezza alla neve) e intende rappresentare i cavalli di Turno.

mercoledì 9 settembre 2015

Parce sepulto

I latini avevano senza dubbio il dono della sintesi, due parole e si apre un mondo. Anche questo adagio di raro utilizzato, rivela la profondità del pensiero filosofico dell'epoca, un profondità che non ha perso la sua modernità e contemporaneità.

Parce sepulto: risparmia chi è sepolto (Virgilio, Eneide 3, 41). Ciò che si sente rispondere Enea tagliando dei ramoscelli per un sacrificio. Gli alberi erano nati dai giavellotti che avevano ucciso Polidoro, figlio di Priamo.

Si usa con riferimento a chi, pur avendo causato danni, è già stato punito dalle circostanze e, comunque, non è più in condizione di nuocere.

martedì 1 settembre 2015

Adgnosco veteris vestigia flammae

I sintomi dell'amore, come quelli di una malattia, sono i più strani da decifrare, a volte sembrano così palesi, ma altre sono come un codice, geroglifici da decriptare, su cui riflettere, studiandone colori, forme, effetti, precedenti, e non si finisce mai di imparare. 

Didone ed Enea
Fin dall'alba dell'uomo l'amore e i suoi effetti collaterali sono stati variamente filosofeggiati, poetati, saggiati, narrati, trovando infinite combinazioni di interpretazioni. Ma alla fine si giunge sempre allo stesso risultato, e nella loro razionale logica i latini ne hanno tratto un semplice assioma.

Adgnosco veteris vestigia flammae: conosco i segni dell'antica fiamma, cioè riconosco i sintomi dell'amore, che ho già provato in altra occasione (detto da Didone, quando confida alla sorella di essersi innamorata di Enea, Virgilio, Eneide, IV, 23)



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