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mercoledì 3 febbraio 2016

In un relitto di 2600 anni fa, trovato un insolito metallo: l'oricalco

2600 anni fa una nave cargo affondò al largo delle coste meridionali della Sicilia, probabilmente a causa di un forte tempesta. E non c'è niente di strano direte voi, quante navi nell'antichità sono colate a picco a cusa di tempeste improvvise? Ma ciò che desta l'interesse dei ricercatori è il carico che essa conteneva: ben 39 lingotti di un insolito metallo che con probabilità venivano dalla Grecia o dall'Asia minore e destinati ai laboratori di Gela, in Sicilia appunto.

Sebastiano Tusa, direttore della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali del Mare della Regione Sicilia spiega:  “Il relitto risale alla prima metà del 6° secolo. La nave si trovava a circa 300 metri dalla costa ad una profondità di circa 3 metri”. Ma i lingotti sono stati la fonte di interesse poichè  si tratta di un metallo composto da una lega di rame, zinco e piccole percentuali di nickel, piombo e ferro.


“Non è mai stato trovato nulla di simile in precedenza”, dice Tusa, che si psinge ad affermere che potrebbe trattarsi del mitico oricalco, il metallo misterioso che secondo Platone era prodotto ad Atlantide. “Sapevamo dell’oricalco da testi antichi e alcuni oggetti ornamentali”. L’esistenza, l’origine e la composizione dell’oricalco sono stati oggetto di ampio dibattito da parte dei ricercatori. Descrivendo di Atlantide  Platone diceva che risplendeva della “luce rossa dell’oricalco”, il quale aveva un valore secondo solo all’oro.

Sempre secondo quanto descritto da Platone, il metallo prodotto ad Atlantide era stato utilizzato per ricoprire le pareti interne, le colonne e i pavimenti del tempio di Poseidone. Il nome del metallo deriva dalla parola greca “oreikhalkos”, che significa letteralmente “montagna di rame”. Gli antichi greci tramandavano che l’oricalco era stato inventato da Cadmo, un personaggio mitologico greco-fenicio, fondatore e primo re di Tebe. Nella sua Eneide, Virgilio scrive che la corazza di Turno era composta da “oro e oricalco bianco”, il che ha fatto ipotizzare che si trattasse di una lega di oro e argento. Il metallo è menzionato anche nelle Antichità Giudaiche di Tito Flavio Giuseppe, uno storico di origine ebraica del 1° secolo d.C., secondo il quale la navi che decoravano il Tempio di Salomone erano di oricalco.

martedì 27 maggio 2014

Teorie sulla Pietra di Ingà, parte seconda | Varie

La domanda è sempre quella: come due culture tanto lontane possono aver condiviso la comune origine del linguaggio e della scrittura? Secondo l'archeologo Baraldi,  questa è una prova dell’esistenza di una grande civiltà globale esistita più di 10 mila anni, cioè Atlantide. D’annunzio Baraldi, nel settore della ricerca archeologica, è infatti considerato uno degli ultimi grandi atlantologi. Secondo la sua teoria, alcuni gruppi umani originari del mitico continente scomparso, sarebbero sopravvissuti al catastrofico cataclisma avvenuto nel 9500 a.C., spingendosi verso est, in Europa, e verso sud-ovest, in Brasile. In base a quanto da lui elaborato, i glifi della Pietra di Ingá racconterebbero proprio della grande catastrofe che causò la distruzione della civiltà di Altlantide.

Se questa ipotesi è corretta, allora la Pietra di Ingá rappresenta un messaggio che gli antichi superstiti di Atlantide hanno lasciato ai posteri, come memoria del passato e come monito per il futuro. Questo significherebbe  non sono stati i nativi americani ad incidere i glifi sul monolite.  A sostegno di questa teoria ci sarebbe la somiglianza dei glifi della Pietra di Ingá con la scrittura utilizzata dagli antichi abitanti della remota Isola di Pasqua, il Rongorongo. L’Isola di Pasqua (in lingua nativa Rapa Nui, letteralmente “grande isola/roccia”) si trova nell’Oceano Pacifico meridionale. Si tratta di una scrittura con andamento bustrofedico (che non ha una direzione "fissa" ma procede in un senso fino al margine scrittorio e prosegue poi a ritroso nel senso opposto, secondo un procedimento "a nastro", senza "andate a capo") e che, al momento, è stata solo parzialmente decifrata.


La civiltà dell’isola di Pasqua è l’unica, nell’area del Sud Pacifico ad aver sviluppato nella propria storia una scrittura propria. Ma non si tratta di una scrittura che utilizza geroglifici. La scrittura rongorongo non fu mai decifrata completamente e per molti decenni rimase incompresa. E' stato solo grazie agli studi condotti dal tedesco Thomas Barthel e alla scoperta di una tavoletta che riportava un calendario lunare (oggi conservata nell’archivio dei SS Cuori a Grottaferrata nei pressi di Roma), la cosiddetta tavoletta Mamari, che si poté parzialmente decifrare alcuni simboli.

In tutto il mondo esistono soltanto 26 tavolette, in buone condizioni ed autentiche al di là di ogni dubbio, scritte in rongorongo. La somiglianza dunque, potrebbe avvalorare l’ipotesi che gli abitanti primordiali del Brasile, della Mesopotamia e dell’Isola di Rapa Nui discendessero tutti da un’unica cultura globale spazzata via da un cataclisma? Fatto è che  la Pietra di Ingá rimane uno dei reperti archeologici più importanti e misteriosi e il suo studio, e la sua eventuale decifrazione, potrebbero svelare un passato ben diverso del nostro pianeta da come lo abbiamo ipotizzato, raccontandoci di un tempo in cui i nostri antenati vivevano in un grande villaggio globale chiamato Atlantide.
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