Come è nata la storia della teoria della “
scimmia acquatica”? Le radici di questa teoria si perdono nel 1942, quando il biologo tedesco
Max
Westenhofer, in un suo libro, ipotizzò che i primissimi stadi dell’evoluzione umana
fossero avvenuti in prossimità dell’acqua. Ecco cosa scrisse: “Postulare
un modo di vita acquatico in una fase precoce dell’evoluzione umana è
un’ipotesi sostenibile, per la quale si possono produrre ulteriori
indagini e elementi di prova”. In realtà la paternità della teoria appartiene al biologo marino
Alister Hardy che, già
nel 1930, aveva ipotizzato che gli esseri umani potessero aver avuto
antenati acquatici.
Egli però, divulgò questa teoria nel 1960 in occasione di un discorso tenuto al British Sub-Aqua Club di Brighton.
Secondo questa tesi, un gruppo di scimmie primitive, costrette dalla concorrenza con i propri simili e dalla
scarsità di cibo, si spinse fino alle sponde del
mare per andare a
caccia di crostacei, molluschi, ricci di mare, ecc., nelle acque poco
profonde al largo della costa.
Il biologo suppone che questa specie di proto-scimmie acquatiche, spinte dalla
necessità di rimanere sott’acqua per diverso tempo – proprio come è
capitato per molti altri gruppi di mammiferi – si sia adattata
all’ambiente acquatico fino a rimanere in acqua per periodi
relativamente lunghi, addirittura in maniera definitiva. Hardy esplicitò
definitivamente le sue idee in un
articolo apparso su
New Scientist il
17 Marzo 1960. Con la pubblicazione dell’articolo, la teoria godette di un certo credito per diverso tempo, ma poi fu progressivamente ignorata dalla
comunità scientifica. Fu
Desmond Morris,
nel suo libro “
La Scimmia Nuda“, in cui si trova per la prima volta
l’utilizzo del termine “scimmia acquatica”, a rispolverare la tesi di Hardy e la scrittrice
Elaine Morgan, dopo aver letto il libro di Morris, divenne
la principale sostenitrice e promotrice della teoria. E fu proprio Elaine, a dedicare 6 libri alla divulgazione
dell’ipotesi di Hardy.
Nel 1987, si tenne un simposio scientifico a Valkenburg, Olanda, per
discutere la validità della teoria della Scimmia Acquatica. Dagli atti
del convegno, pubblicati nel 1991 con il titolo “Aquatic Ape: Fact or
fiction?” (Scimmia acquatica: realtà o finzione?), si evince che gli
scienziati non se la sentirono di sostenere l’idea che gli antenati
dell’uomo fossero acquatici, ma che vi sarebbero alcune prove in merito allo sviluppo dell’
abilità natatoria per alimentarsi nei fiumi e nei
laghi, con il risultato che l’
homo sapiens moderno può godere di brevi
periodi di tempo in apnea.
Questa è solo una delle versioni “deboli” della teoria, utilizzata dai
ricercatori per spiegare alcune caratteristiche umane che gli scienziati non sono ancorain grado di spiegare concretamente, quali la perdita del
pelo cutaneo, la capacità di
apnea, il grasso sottocutaneo e la capacità istintiva a nuotare dei
neonati.
Sebbene l’ipotesi della Scimmia Acquatica spieghi abbastanza bene il
sorgere di queste caratteristiche, la maggior parte dei paleoantropologi
tende a rifiutare la teoria, non accettandola tra le principali
spiegazioni dell’evoluzione umana.
Una lettura estrema della teoria di Hardy ha portato alcuni ricercatori
indipendenti a ipotizzare l’
esistenza attuale, di
umanoidi acquatici
intelligenti che vivono in società complesse nel fondo dell’oceano.
L’esistenza di queste timide creature sarebbe all’origine delle leggende
sulle sirene, decantate anche da Omero nella sua Odissea. Ma è
possibile ipotizzare l’esistenza di questi Umanoidi Acquatici?
Potrebbero esserci delle prove?