Simply

mercoledì 13 marzo 2013

OGGI



Ho imparato a vivere l'oggi,
senza pensare al domani,
senza farmi domande,
senza se,
senza ma.
Solo l'oggi, con i suoi affanni,
le soddisfazioni,
i sorrisi.
Ho imparato a vivere l'oggi,
senza dire "se solo fosse vero";
Vero è oggi,
questo presente,
questo dì, con alba. giorno e tramonto.
L'oggi con le sue aspettative, le speranze,
l'oggi che basta a se stesso,
con l'egoismo che tutela il proprio io,
l'egoismo della sopravvivenza,
l'egoismo della conservazione.
Ho imparato che oggi è ciò che sono,
e che il domani non mi  appartiene,
se non quando mi sveglierò e sarà
ancora oggi.

martedì 12 marzo 2013

IL CORPO E IL DOLORE




Il dolore fisico è straziante,
stanca,
quello forte, lancinante, sordido, martellante.
Arriva alla testa, fa impazzire.
Ti scuote, come le convulsioni,
i muscoli si tendono fin quasi a strapparsi.
Ti fa contorcere, e non v'è sollievo.
Desideri quasi morire, purché cessi, purché si plachi.
Ma le sue frecce avvelenate lancia strali, precisi, potenti.
Non v'è sollievo, né di giorno né di notte.
E' invincibile il dolore fisico, demolisce la lucidità,
devasta la stabilità,
consuma lentamente.

martedì 5 marzo 2013

UNA CIOCCA DELLA TUA CRINIERA ROSSA














Ho preso una ciocca della tua criniera rossa,
l'ho toccata, a lungo,
gli occhi chiusi,
carezzando i crini a me così familiari.
Possenti e forti crini color del rame infuocato,
ondulati,
come le crespose onde del mare,
lunghi,
come le fiamme del fuoco che si allungano verso il cielo,
forti,
come le braccia d'Ercole.
Ho preso una ciocca della tua criniera rossa,
l'ho odorata,
per sentire il profumo del fieno, del cuoio, dell'erba,
per sentire il profumo dei fiori, dei campi, delle mele,
per sentire il profumo del tuo respiro regolare e profondo,
per sentire te.
Ho stretto la ciocca della tua criniera rossa nelle mie mani,
per sentire ancora quella simbiosi totale che, sulla tua groppa,
mi trasformava in centauro.

domenica 3 marzo 2013

MAGIA DI UN GATTO


Dovevo camminare, questo aveva detto la terapista, se volevo recuperare la sensibilità alla gamba, se non volevo aumentare le possibilità di perderla. Così cercavo di trascinarla, pur non sentendola, insieme all'altra, con la sensazione di cadere ad ogni passo, con la sensazione che non reggesse.
Non la sentivo, era come anestetizzata. La schiena mi faceva male. Ma camminavo, sul lungo mare, lentamente, guardando di fronte a me, ascoltando la parte del corpo che non collaborava. Camminavo, parlando al mio piede e al mio polpaccio, chiedendo loro di riacquisire la sensibilità perduta, parlavo alla schiena che urlava tagliente il suo dolore e che spezzava il mio corpo in due.
Ma andavo avanti; sul lungo mare non c'era quasi nessuno, e ne ero felice, così evitavo che gli sguardi delle persone fissassero il mio handicap. Tirava vento, il cielo era grigio, solo uno spruzzo di luce sull'isola d'Elba.
Sentivo la fatica, il dolore, ma andavo avanti. Avevo messo gli occhiali scuri perché non  si leggessero sul mio volto le smorfie della tensione.
Ero quasi arrivata al limite ultimo del lungo mare, laggiù in fondo, dove la strada asfaltata lascia il posto alla campagna, e lì, distrutta, mi sono seduta un attimo per riprendere fiato. Era freddo, ma ero sudata fradicia. Di fronte a me i bungalows del villaggio turistico ancora chiusi e immersi nel in quel surreale silenzio tipico dei villaggi fantasma, accanto, un boschetto che da anni ospita una colonia felina.
E proprio lì, ecco apparire tre gatti che, sereni, felpatamente passeggiavano.
Amo osservare i felini, il loro universo misterioso mi incanta. I loro occhi magnetici osservano il lato nascosto delle cose, e mi ipnotizzano, i loro movimenti fluidi ed armoniosi, mai scomposti, mi fanno pensare all'armonia del cosmo.
Dal gruppetto dei tre mici, se ne è staccato uno che, venendomi incontro, mi ha miagolato il suo pensiero, a cui io ho prontamente risposto, dandogli la buonasera. Il micio mi è saltato in collo, guardandomi con i suoi occhioni verdi, cui faceva da contorno un naso color confetto. Le sue fusa erano così forti che mi hanno fatto da mantra, entrando nella mia mente, spegnendo tutto.
Si è acciambellato sul mio grembo attaccandosi il più possibile alla mia pancia, mentre io mi beavo di quell'improvviso massaggio mentale, carezzando il pelo tigrato e morbido e scaricando tutta la mia elettricità. Sono rimasta in trance, dimenticandomi anche della gamba e della schiena, tanto potente era il mantra delle fusa del mio "selvatico" salvatore.
Non mi sarei staccata da lì per nessun motivo, RRRR RRRRR RRRRR, e la mia psiche era staccata dai sensi del corpo.
Si stava facendo buio, e io dovevo tornare a casa, la strada del ritorno era lunga e molto faticosa. Il micio ha intuito, come solo i felini sanno fare, del resto Allah creò il gatto perché l'uomo potesse accarezzare un piccolo leone; mi ha guardata con i suoi occhioni verdi, socchiudendoli leggermente: aveva capito. L'ho accarezzato in mezzo alle orecchie, e dalla sua bocca è uscito un tenerissimo musicale MIAO.
L'ho stretto ancora un momento e poi l'ho messo delicatamente giù. Mi sono alzata con fatica e lui è rimasto a guardarmi per un istante. Ho ripreso la strada verso casa trascinando la mia gamba e lui è sparito nel folto del boschetto.

lunedì 18 febbraio 2013

CANTANDO SULLE OSSA









Canto,
sulle ossa bianche e scarne,
sui cadaveri della mia mente.
Canto,
nell'intricata foresta fossile della mia psiche,
in luoghi ancestrali e cosmici.
Canto,
un canto magico,
le ossa torneranno in vita,
perché i lupi ritorneranno.
Canto,
perché la radice è ancora verde,  fiorirà,
perché il cosmo riceverà questa voce,
lamento di pastore errante,
che guida le ossa alla fine del mondo.
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