Simply

lunedì 3 agosto 2015

Vitamine, alcune precisazioni, vitamina B5 (acido pantoteico)

Rimaniamo nel gruppo B e occupiamoci oggi della vitamina B5 o acido pantoteico

VITAMINA B5 (acido pantoteico)
Svolge un ruolo importantissimo nel metabolismo cellulare. Come coenzima, al pari delle prime tre vitamine del complesso B, partecipa alla produzione di energia da carboidrati, grassi, proteine. C'è una stretta correlazione tra l'acido pantoteico presente nei tessuti e il funzionamento della corteccia surrenale. Esso stimola le ghiandole surrenali, aumentando la produzione di cortisone e di altri ormoni importanti per la salute di pelle e nervi.

 La vitamina B5 è essenziale per la sintesi del colesterolo, degli steroidi (componenti organici liposolubili) e degli acidi grassi, e favorisce l'utilizzazione delle altre vitamine, soprattutto la riboflavina. E' importante per mantenere il tratto digerente in buona salute. Può migliorare la capacità dell'organismo di sopportare condizioni stressanti, rafforzando anche il sistema immunitario sensibile algi ormoni dello stress, adrenalina e noradrenalina. E' utile nelle terapie di disintossicazione dall'alcol e può agire come immunostimolante.

Le fonti: è contenuta nell maggior parte degli alimenti, soprattutto legumi, germe di grano, cereali integrali, arance, noccioline, tuorlo d'uovo, fegato. Viene sintetizzata nell'organismo dalla flora batterica intestinale. E' instabile al calore (la cottura della carne comporta una perdita del 30% di vitamina B5, mentre perdite inferiori si hanno nella cottura dei vegetali che la contengono) e in ambienti acidi o basici.

L'integrazione di vitamina B5: spesso viene consigliata una sua integrazione (250 mg due volte al giorno) in caso di stress psicofisico, per il trattamento delle allergie e riequilibrare il sistema immunitario. La vitamina B5 è utile anche in caso di artrite reumatoide (2 g al giorno) e per abbassare i livelli di colesterolo e di trigliceridi nel sangue (300 mg tre volte al giorno). In quest'ultimo caso, è meglio somministrare la forma acido pantoteico nota come panteina.


Glicemia, diabete, obesità, utilizziamo la stevia

Finalmente con il plauso della FAO, dell'OMS e anche dell'Unione Europea arriverà in Italia, la stevia. Essa rappresenta una rivoluzione nel mondo della dolcificazione naturale. Cantiamo un inno di ringraziamento. Ora tutti coloro che hanno problemi di glicemia, diabete, obesità potranno utilizzare questo dolcificante naturale.
 
La stevia (Stevia rebaudiana) è una pianta dolcificante del tutto naturale, senza calorie, per la gioia di tanti consumatori con problemi di peso e glicemia o che cercano semplicemente una sana alternativa allo zucchero.  Ma cos'ha di tanto particolare la stevia? Per chi ancora non lo sapesse, Stevia rebaudiana è una pianta di origine sudamericana, le cui foglie possiedono un'elevatissima capacità dolcificante, 300 volte maggiore (sì, avete letto bene...) di quella del saccarosio, il comune zucchero da cucina. 

Questo enorme potere dolcificante della stevia è dovuto ai suoi principi attivi, innnanzitutto allo stevioside. Della stevia vengono impiegate sia le foglie (tali e quali o essiccate), sia loro estratti, che possono essere utilizzati non solo per dolcificare bevande, ma anche in cucina, nella preparazione di prodotti da forno e dolci vari. La stevia rappresenta così realmente una perfetta alternativa allo zucchero. Il vantaggio di utilizzare la stevia al posto dello zucchero è che la stevia è completamente senza calorie e non ha alcun valore nutritivo. La stevia non innalza la glicemia e non richiede quindi l'intervento dell'insulina, caratteristiche che fanno di quest'erba un'interessante opportunità per chi soffre di diabete, obesità, difficoltà a perdere peso

E ovviamente la stevia, a differenza dello zucchero, non provoca carie ai denti. La stevia è stata a lungo fuorilegge, per il sospetto che alcuni suoi costituenti fossero cancerogeni. Secondo molti estimatori del naturale, tuttavia, la ragione di tante lungaggini legislative e burocratiche nell'autorizzazione al commercio deve essere invece ricercata nel fatto che la stevia ha sempre rappresentato uno sgradito concorrente commerciale dei dolcificanti sintetici e degli edulcoranti artificiali (aspartame, saccarina, acesulfame ecc., questi sì non privi di effetti nocivi - dimostrati -, anche gravi). Sia come sia, da oggi anche i consumatori italiani potranno trovare questo prodotto sugli scaffali di negozi e supermercati. Via libera allora alla stevia nella nostra dieta

ATTENZIONE! Benché sia un prodotto del tutto sano, senza effetti collaterali se assunto a dosaggi ragionevoli e assolutamente preferibile rispetto allo zucchero e soprattutto ai dolcificanti sintetici, il messaggio biochimico che Stevia rebaudiana invia all'organismo non è dissimile a quello degli edulcoranti artificiali. Si tratta di un segnale di vero e proprio inganno metabolico, in grado di modificare negativamente il senso dell'appettito e di stimolare meccanismi di fame "fittizia" (che spesso interpretiamo erroneamente per fame nervosa). Nei bambini, per giunta, anche la stevia può falsare prepotentemente il senso del gusto, indirizzando fin dalla più tenera età alla ricerca dei sapori dolci. Un'abitudine che, da adulti, verrà pagata con gli interessi. La soluzione veramente naturale e fisiologica per dimagrire e per alimentarsi correttamente è allora imparare, anche con gradualità, a non dolcificare affatto, riscoprendo i veri sapori di cibi e bevande e salvaguardando nel contempo linea e salute. Senza fanatismi e con le inevitabili eccezioni alla regola.


domenica 2 agosto 2015

Canis a non canendo

Fra i miei tanti interessi non poteva mancare l'amore per la lingua latina, di cui, ai tempi del liceo, ho odiato fortemente la "consecutio temporum" e relativa sintassi, perchè, come è logico, quando si deve studiare, non sempre apprezziamo la sottigliezza e l'eleganza di certe materie.

Con il tempo poi, anzi diciamocela tutta, con la vecchiaia, ci si ammorbidisce e ci tornano alla memoria frasi e motti che ci hanno fatto penare a scuola, ma che poi ci sono risultati utili in seguito.

Uno di questi è Canis a non canendo ovvero chiamato cane perchè non canta (derivato da Marco Terenzio Varrone De lingua Latina), un esempio di etimologia cervellotica, per rimarcare una spiegazione paradossale e particolarmente poco credibile di un fatto.
Ovviamente qui non posso citare gli improperi che mi uscirono dalla bocca ai tempi in cui fui costretta a tradurre questo adagio; allora internet non c'era, esisteva solo il caro vecchio vocabolario, che pareva ripetere, mentre lo sfogliavo, le esortazioni della professoressa: "Coraggio ragazzi, sul vocabolario c'è scritto tutto, basta saper guardare"........


Erbe curative nella Cina delle dinastie

In Cina, a partire dal XXVII secolo a.C., si particava già una medicina scientifica e, ben prima che in Europa, già si affiancavano all'agopuntura, pillole e pomate. L'imperatore Giallo Huang Ti e il suo medico di corte Chi Po scrissero il "Nei Jing Su Wen", probabilmente il primio  testo cinese di medicina tradizionale.

 Esso presenta  dei principi considerati tuttora validi, tanto da essere studiati ancora oggi nelle Università cinesi, nei corsi ordinari di medicina. Ricordiamo che le conoscenze mediche di quell'antico popolo erano sbalorditiva se rapportate ai tempi. Ad esempio, documenti scritti, risalenti a due millenni e mezzo a.C., illustrano plasticamente come il sangue umano riceve impulso dal cuore e circola irrorando l'organismo. 

E prima di prescrivere una cura, i medici cinesi facevano la diagnosi rilevando le pulsazioni in undici differenti punti del corpo. Non solo: delle piante era documentata l'azione, l'efficacia e le controindicazioni come, ad esempio, dello zafferano, del rabarbaro, della segale cornuta, dello zenzero, del papavero ecc....

MEMENTO: Nelle pagine del Shen Nong Ben Cao (300a.C.-100d. C.) vengono studiate 365 piante divise in categorie: si descrivono preparazioni galeniche; si parla di dosaggi; si consiglia l'uso di piante calde per problemi freddi e di piante fredde per problemi caldi; si parla delle modalità e tempi di somministrazione; si specifica il trattamento di varie malattie.


Il ferro di cavallo

Il mio istruttore di equitazione mi diceva sempre di tenere gli occhi ben aperti quando cavalcavo, se Lifar avesse perso un ferro, avrei dovuto raccoglierlo immediatamente, pulirlo bene e poi appenderlo "braccia in alto" alla porta di casa, con un nastrino rosso. 

Si dice infatti che il ferro di cavallo sia fra quegli oggetti che portano fortuna a chi li possiede. Ma ci sarà stata una spiegazione no? Volli sapere. 
Tutto risale al Medioevo, e al rapporto che al tempo si instaurava fra i poveri contadini (servi della gleba) e i ben più fortunati cavalieri.

Se il cavallo di un cavaliere perdeva un ferro, il contadino che lo raccoglieva, poteva sperare di ricevere dal cavaliere una ricompensa aiutandolo a rimetterlo a posto o semplicemente restituendolo. Di solito il cavaliere dava al contadino qualche preziosa  moneta. Da qui la credenza che trovare un ferro di cavallo e tenerlo in casa porti fortuna, in ricordo di quel guadagno economico conseguito dai contadini.

Licenza Creative Commons
Quest' opera è distribuita con licenza Creative Commons Attribuzione - Non opere derivate 3.0 Italia.