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domenica 1 maggio 2016

La donna è come il maiale un si buttavia nulla, lamentarsi di gamba sana, lapotta, lampredotto, la novella dello stento

Oggi una carrellata di detti davvero interessanti, sulla donna, sul lampredotto, sulla novella dello stento....

LA DONNA E' COME IL MAIALE UN SI BUTTA VIA NULLA: è un modo di dire proverbiale livornese; grassoccio, sì, ma fondamentalmente ottimista

LAMENTARSI DI GAMBA SANA: lamentarsi senza motivo; essere incontentabili

LAMPOTTA: scherzosamente, e con malizia, in luogo di lampeggiare. Anzi, il modo di dire completo sarebbe: "Lapotta e piovicazzola"

Lampredotto

LAMPREDOTTO: è l'intestino del bue. Un tempo specialità povera delle  osterie fiorentine, come la trippa è diventato una ghiottoneria, o quasi, del neorealismo culinario

LA NOVELLA DELLO STENTO: è un discorso o una questione monotona, interminabile, che non finisce mai. Il modo di dire deriva da un vecchio giochetto irritante inventato dalle nonne per quando i nipotinichiedevano con insistenza un'altra novella, magari la ventesima della giornata, e le povere vecchie non sapevano cosa raccontare. Così attaccavano, ipocritamente invitanti: "La novella dello stanto che dura tanto tempo e non finisce mai, se vuoi che tela dica te la dirò". "Sì" rispondeva  felice il bambino. E la nonna, malvagiamente: "Nonsi dice di sì alla novella dello stento che dura tanto tempo e non finisce mai!". "No" si correggeva precipitosamente la creatura. E la nonnetta, implacabile: "Non si dice di no alla novella...." e così via fino a quando finiva la pazienza del bambino e il fiato della nonna. Perchè, una volta, non usava usava uccidere le persone anziane,specialmente in famiglia.


venerdì 16 ottobre 2015

Desinit in piscem

All'apparenza questa frase appare forse un po' sibillina, ma essa contiene un significato ben profondo. Come sempre poche parole che squadernano mondi interi, ed è interessante scavarne il fondo.

Desinit in piscem: Termina in pesce. La frase deriva da un passo dell'Ars Poetica, in cui Orazio parla di una donna che, "bella da un certo punto in su, finisce in uno scuro pesce": esempio di disarmonia e incoerenza, contrario, per il poeta, alle leggi dell'arte. Oggi la frase è usata per indicare qualcosa che finisce male, o comunque molto meno bene di quanto prometteva all'inizio.





venerdì 14 agosto 2015

Tertium non datur

Ditemi cari lettori, siete persone che si solito concedono una seconda possibilità a chi sbaglia? Di solito lo si fa, a meno che non ci si trovi di fronte a qualcuno che ostinatamente persevera nell''errore, ma di questo parleremo un'altra volta. 

Tertium non datur, In Publio Siro abbiamo: Aut amat aut odit mulier, nil est tertium non datur (una donna o ama o odia, non c'è una terza possibilità).

In filosofia indica il principio del terzo escluso, derivato dalla logica aristotelica per cui una proposizione deve essere vera o falsa, senza che ci sia una terza possibilità.

martedì 14 luglio 2015

Gli oli essenziali, la teoria dello yin e dello yang

Secondo la filosofia cinese l'universo è retto dalla legge degli opposti, sintetizzata dal simbolo cinese del Tao. Essa si basa sul costrutto filosofico di due polarità complementari, dette yin e yang, che devono essere mantenute in equilibrio per raggiungere l'unicità. In origine il carattere  che significa yin indicava il lato in ombra di un pendio, mentre lo yang indicava il alto opposto, illuminato dal sole. Allargando il concetto, qualità come il freddo, il riposo, la luna, la notte, l'acqua, la passività, l'oscurità, sono considerate yin; mentre il sole, il giorno, il fuoco e qualità come il calore, il movimento, la luce sono considerate yang. 

Ma nel concetto di yin e yang non ci sono assoluti: benchè opposte queste forze non esistono l'una senza l'altra e si bilanciano per mantenere l'armonia dell'unità. Questi due aspetti fondamentali della realtà si mescolano tra di loro in modo variabile e sono legati l'uno all'altro in modo indissolubile, si completano e si delimitano a vicenda. Una data cosa non è mai totalmente yin o totalmente yang, ma soltanto più yin o più yang rispetto ad un'altra: si tratta di due concetti relativi. Così anche se l'uomo è yang rispetto rispetto alla donna che è yin, ciascuno contiene l'altro e tutto è fatto sia di yin che di yang. La teroia yin-yang è illustrata dal trazionale simbolo taoista nel qual il cerchio che rappresenta la totalità è diviso in una parte nera (yin) e in una parte bianca (yang). I cerchi più piccoli di colore opposto indicano che all'interno dello yin è contenuto un elemento yang e viceversa. 

La curva dinamica che separa le due aree indica che queste due forze sono in continuo flusso: esse si controllano e si trasformano a vicenda. Applicata agli oli essenziali, la teoria dello yin e dello yang rappresenta una utile classificazione per inquadrare l'attività prevalente di ogni singola essenza nei confronti dell'organismo: un'essenza con azione energetica prevalentemente yin avrà un effetto più sedativo, rinfrescante, emolliente e a livello del sistema nervoso neurovegetativo sposterà l'equilibrio verso il sistema parasimpatico; un'essenza con prevalente azioneenergetica yang sarà più stimolante, eccitante, astringente, antisettica e sposterà l'equilibrio vegetativo dell'organismo sul versante ortosimpatico. Va comunque ricordato che queste non sono qualità assolute: in relatà ogni essenza possiede caratteristiche sia yang che yin e il suo effetto dipende prevalentemente dalle circostanze di applicazione.


lunedì 28 gennaio 2013

PER SIMONA














Hai dischiuso le labbra in un sussurro,
l'hai detto piano, quasi con timore:
nuova vita sta crescendo in te.
Ti ho guardata, nel profondo degli occhi,
giù,
in fondo all'anima.
Incredula e commossa io,
un po' smarrita tu.
Nuova consapevolezza,
cambiamento,
sei un nuovo corpo,
che si trasforma,
protegge, nutre, ama.
Vento di emozioni,
canto della vita,
ninna nanna,
sonno innocente,
stupore del mondo.
Sarà il primo sorriso,
il primo sguardo,
il tuo nuovo essere donna,
il tuo essere mamma.
E in un centimetro,
batte insieme al tuo cuore,
tutto l'amore del mondo.

lunedì 10 dicembre 2012

LA DONNA SELVAGGIA parte quinta: L'UOMO SELVAGGIO: MANAWEE

Fino ad ora la Dott.ssa Estes si è soffermata a parlare della donna. Ma è giunto il momento di parlare anche dell'UOMO. 
Pensate forse che LA DONNA SELVAGGIA sia votata ad una vita solitaria ed ascetica? Niente di più errato.
Esistono anche "uomini selvaggi", disposti ad incontrare la donna selvaggia a metà strada, ma soprattutto disposti a capire.
Per aiutarci nella ricerca dell'uomo giusto e per aiutare l'uomo a trovarci e a capire, ci racconta la storia di MANAWEE.
C'era una volta un uomo, di nome Manawee che corteggiava contemporaneamente due sorelle gemelle. Ma il padre delle ragazze era stato chiaro: Manawee doveva indovinarne i nomi se voleva sposarle, altrimenti le avrebbe perdute. E Manawee tentava, ma invano. Un giorno portò con sè il suo cagnolino, il quale si accorse che una sorella era più graziosa e l'altra più dolce. A lui piacevano moltissimo entrambe, anche perchè le ragazze gli offrivano delle leccornie e gli sorridevano. Anche quel giorno però Manawee non indovinò i nomi e tornò tristemente a casa. Ma il cagnolino tornò correndo alla capanna delle giovani e le spiò, finchè le sentì chiamarsi per nome. Felicissimo  corse verso casa per dire al suo padrone i nomi delle giovani, ma sul sentiero che lo conduceva a casa, fu distratto da un saporitissimo osso lasciato lì da un leone a cui non seppe resistere.
Se lo sbafò tutto, ma all'improvviso si ricordò della missione da compiere: ma aveva dimenticato i nomi.
Corse di nuovo alla capanna delle ragazze che, in quel momento, sembrava stessero preparandosi per una cerimonia. Memorizzò nuovamente i nomi e corse verso casa, ma da alcuni cespugli gli arrivò un golosissimo odore di noce moscata, che lui amava più di qualunque altra cosa al mondo. Seguì estasiato l'odore e arrivò ad una torta appena sfornata che inghiottì avidamente. Ma anche questa volta aveva dimenticato i nomi delle gemelle. Tornò sui suoi passi, alla capanna delle ragazze con gran risolutezza e si avvide che le giovani stavano proprio preparandosi per le nozze. Doveva sbrigarsi! Si ficcò bene in testa i nomi e corse verso casa. 
Per strada intravide della cacciagione, ma questa volta la ignorò, gli parve di sentire ancora l'odore della noce moscata, ma non vi prestò attenzione, lui correva a casa dal suo padrone per rivelargli i nomi.
D'improvviso fu preso per la collottola da un estraneo tutto nero che lo scosse brutalmente e gli urlò: "Dimmi i nomi, i nomi delle giovani, così vincerò io la sfida!"
Ma il cagnolino saldo nel suo proposito lottò con tutte le sue forze: ringhiò, soffiò, graffiò, e morse l'uomo tutto nero, finchè fu liberato. Tutto trafelato e malconcio corse a casa da Manawee e soprattutto non aveva dimenticato i nomie li disse al suo padrone. Così Manawee con il cagnolino con le spalle corse al villaggio delle giovani e disse i nomi al padre di queste. Le giovani erano già vestite per mettersi in viaggio con lui, perchè non avevano mai smesso di aspettarlo. E così furono felici per molto molto tempo.

sabato 1 dicembre 2012

LA DONNA SELVAGGIA parte quarta: RIVELAZIONE

Cosa rappresenta dunque Barbablu? Egli è un complesso di profonda reclusione, un predatore della psiche che attende paziente la sua occasione: quella di sopraffare l'Io istintuale.
I predatori desiderano superiorità e potere sugli altri.
Perciò ogni donna deve riconoscere che, sia all'interno (di se stessa), che all'esterno, c'è una forza che agirà in opposizione all'Io istintuale e le nostre prime azioni devono essere volte a RICONOSCERLO, PROTEGGERCI, PRIVARLO della sua energia sanguinaria.
La sposa (la minore delle sorelle) è la donna ingenua (e quale donna non lo è stata?), che in un primo tempo sarà fatta prigioniera ma poi ne uscirà diventando più forte e consapevole.
La sorella minore ha ceduto alle lusinghe della cavalcata nel bosco, a lei molto gradita, senza ascoltare con attenzione la voce che, come quella le sorelle, la invitava a prestare attenzione ai sospetti. Del resto nella vita reale molte donne cadono vittime di predatori, uomini che pur promettendo che diventerà una regina, libera nel suo ruolo, in realtà poi ne soffocano la personalità e le sue potenzialità. Per non incappare in questo errore necessitiamo di una CHIAVE: la chiave della conoscenza.
Nella favola, il sangue nella stanza rappresenta la decimazione degli aspetti più profondi e legati all'anima della vita creativa (la donna perde energia per creare, di qualunque aspetto si tratti: dalla vita di tutti i giorni, al lavoro, alla personalità). Gli abiti che indossa e quelli nell'armadio sono macchiati. L'ABITO non è altro che la nostra presenza esterna, cioè la maschera con cui ci presentiamo al mondo (chi non ne ha una?). Ma la chiave stessa nella favola è un contenitore, perchè contiene il sangue quale memoria di quanto si è vissuto e si sa.
Allo stesso modo l'uccisione delle mogli rappresenta l'uccisione del femminino, perchè le ossa sono ciò che è indistruttibile.
E indistruttibile è l'ANIMA.
Perciò se ogni donna vuol ritrovare la sua vera natura deve: trovare i corpi, seguire gli istinti, vedere quel che si vede, risvegliare il muscolo psichico, smantellare l'energia distruttiva. Non a caso la sposa di Barbablu, chiede al marito di potersi raccogliere in preghiera: cioè raccogliere le energie nei muscoli per sferrare il colpo contro il predatore. Questa energia ci serve per sopraffare il predatore che si tratti di una famiglia soffocante, una cultura che ci va stretta, i nostri stessi complessi.
Ecco che entrano in gioco i "fratelli", che non sono altro che i fratelli psichici, ovvero la forza che può agire. Loro arrivano in un vortice di vento e polvere, che equivale a richiamare la nostra forza combattiva.
Si può dire che la sposa ha fatto ricorso alla sua energia maschile interiore. Jung lo chiamava "animus" e rappresenta l'aggressività
Se questa natura è sana, alberga felicemente nella nostra psiche. Se l'animus è forte, la donna manifesterà con agio e stile le sue idee, il suo lavoro nel mondo esterno.
Alla fine Barbablu viene ucciso: ciò significa che la donna deve consentire alla natura VITA/MORTE/VITA di  PESCARE il predatore, PORTARLO fuori, TRASFORMARLO e RIPORTARLO di nuovo alla vita.
Facciamo dunque attenzione nella vita esterna alle persone che ci circondano, e se ci accorgiamo che appartengono, o sono indifferenti alla nostra vita profonda, non fanno altro che alimentare il predatore interiore. 
Cerchiamo dunque di tenerle lontane!

giovedì 29 novembre 2012

LA DONNA SELVAGGIA parte terza: BARBABLU

Per spiegarci meglio come riconoscere il predatore interno, quello della psiche, ma anche i predatori esterni, quelli della vita di tutti i giorni, la dott.ssa Estes ci racconta la storia di Barbablu.
"Si racconta che una matassina di barba sia conservata in un convento di monache lontano sulle montagne. E come vi sia arrivata nessuno lo sa, come non si sa perchè le monache conservino tale reliquia. Pare però che siano state le monache a seppellire ciò che restava del corpo di Barbablu.
Barbablu corteggiava contemporaneamente tre sorelle, ma le ragazze erano spaventate dal colore della sua barba così strana. Per convincerle della sua mitezza le invitò a fare una passeggiata nel bosco. Arrivò con cavalli ornati di nastri e campanellini, vi sistemò le ragazze e la loro mamma, e si avviarono nel bosco. Fecero una splendida cavalcata, poi si fermarono sotto un albero annoso e Barbablu le intrattenne raccontando loro storie e offrendo loro uno speciale pic nic.
Le ragazze tra sè e sè pensarono che poi Barbablu non doveva essere così cattivo come si diceva.
Tornarono a casa e molto parlarono della giornata, ma i timori e i sospetti delle sorelle maggiori riaffiorarono e queste ultime decisero di non rivederlo mai più. La sorella minore invece, pensò che un uomo così affascinante non poteva essere così cattivo. Infatti quando Barbablu chiese la sua mano, lei accettò con orgoglio. Andarono a vivere nel castello di Barbablu nei boschi. 
Un giorno Barbablu disse alla moglie che doveva partire per un viaggio e star via qualche tempo, perciò la invitò a far andare nel castello le sue sorelle a tenerle compagnia per passare il tempo e inoltre le consegnò le sue chiavi, quelle che potevano aprire tutte le porte, ma fu molto chiaro nel vietarle di usare la chiave più piccola fatta a spirale: per nessun motivo. Partì. 
Arrivarono dunque le sorelle e tutte insieme in allegria cominciarono ad esplorare il castello. Passarono da una stanza all'altra, ammirarono i tesori, le cucine, le scuderie.....infine giunsero in cantina. Avevano usato tute le chiavi tranne la piccola chiave a spirale, ma sembrava che non vi fossero più porte da aprire, quando.....un cigolio attirò la loro attenzione. 
Proveniva da una porticina piccola piccola. Senza riflettere infilarono la chiave nella toppa e la porta si aprì, ma era così buio che non si vedeva nulla. Accesero una candela ed entrarono. Orrore! La stanza era un lago di sangue e ossa di cadaveri giacevano ovunque, negli angoli i teschi erano impilati come piramidi. 
Terrorizzate chiusero la porta, sfilarono la chiave, ma si accorsero che era macchiata di sangue. Inutili furono tutti i tentativi della sposa di Barbablu di togliere il sangue dalla chiave, essa continuava a stillare piccole gocce di sangue macchiando tutto.
La sposa decise dunque di nasconderla in un armadio.
Quando Barbablu tornò dal suo viaggio, chiese alla moglie come era andata in sua assenza e lei rispose che tutto era andato bene. Allora Barbablu chiese la restituzione del mazzo di chiavi, e si accorse che mancava la piccola chiave a spirale. Si infuriò così tanto che la moglie fu costretta ad aprire l'armadio dove l'aveva nascosta e nel quale la chiave, continuando a stillare sangue aveva macchiato tutti i vestiti di seta.
Barbablu afferrò la moglie per i capelli e la trascinò in cantina dove la porticina si aprì sotto il suo sguardo. Lì giacevano i cadaveri di tutte le sue mogli precedenti. La sposa faceva resistenza, e lo implorò di lasciargli un po' di tempo per raccogliersi in preghiera e prepararsi alla morte e lui le accordò questo ultimo desiderio. La sposa si ritirò nelle sue stanze, ma nel frattempo aveva mandato le sorelle sui bastioni del castello per vedere se dalla pianura sottostante arrivavano i  fratelli a salvarla. All'inizio le sorelle non vedevano nulla, ma a poco a poco cominciarono ad intravedere prima un piccolo puntino , poi un polverone che si avvicinava. 
Intanto Barbablu la chiamava a gran voce, il tempo era scaduto e lui stava salendo a prenderla per decapitarla. Sotto i suoi passi il palazzo tremava tutto. Per fortuna i fratelli erano arrivati e si erano precipitati nel vestibolo del palazzo e salivano le scale di gran carriera. E mentre Barbablu con le mani tese stava per afferrare la moglie, i fratelli entrarono nella stanza e gli si avventarono contro, armati di spade. A forza di menare fendenti uccisero Barbablu e salvarono la sorella."
Ora chiediamoci: che cosa rappresenta questa favola? Quale insegnamento ne dobbiamo trarre? 
Il seguito nella prossima puntata.

domenica 25 novembre 2012

LA DONNA SELVAGGIA seconda parte



Come ben descritto nel libro, citato nel precedente post, a tutte le donne è capitato di sentirsi aride, depresse, affaticate, appiattite, zittite, volatili. 
E' una pessima sensazione svegliarsi bloccate, prive di creatività, con la sensazione di rischiare nella scelta dei compagni, di essere incapaci di darsi degli obiettivi, un ritmo, o semplicemente di capire che stiamo vivendo al di fuori dei propri cicli. Ma soprattutto di aver paura di cercare una guida, paura di rivelarsi, di mostrare il proprio lavoro imperfetto, di essere prese da angoscia.....
E' qui che entra in gioco la Donna Selvaggia, come guida, alleata e modello, poichè essa è il nostro intuito e quest'ultimo la nostra stella polare.
Grazie a lei possiamo, come i lupi, ritrovare il nostro territorio, il nostro branco, riprenderci i propri cicli.
E' lei che dall'interno bussa a ciò che noi siamo fuori, un fuori che non corrisponde a ciò che noi siamo in realtà. 
Come si rivela la Donna Selvaggia? Spesso nei sogni, e soprattutto nei nostri incubi. Credo che sia capitato a tutti di sognare di essere inseguite, braccate, di non riuscire a trovare la strada per scappare, di non essere in grado di fare una telefonata e via dicendo.......perchè? Quale può essere il significato di quell'incubo che ci ha fatto svegliare in preda all'ansia? E' la nostra psiche che ci chiama: qualcosa deve essere cambiato. 
Il primo passo è recuperare e mettersi in contatto con gli aspetti morti e smembrati di noi, della vita medesima. Richiamare questi aspetti significa rimettere in moto cicli vecchi di milioni di anni. 
Poniamoci per cominciare, alcune fondamentali domande: cosa è accaduto alla voce della mia anima? Quali sono le ossa sepolte della mia vita? In che condizione si trova la mia relazione con l'Io istintuale? Quand'è stata l'ultima volta che ho corso libera? Come posso far sì che la vita torni ad essere viva? Dov'è andata la mia LOBA
C'è stato un preciso momento della mia vita nel quale, sulle righe questo libro, ho scritto queste domande e le ho lette più e più volte. Poi ho cominciato a rispondere.
Lo avete mai fatto voi?

martedì 20 novembre 2012

LA DONNA SELVAGGIA


Viaggio spesso all'interno di quel bosco buio, fitto e pericoloso che è la mia psiche. Vi trovo cadaveri della mia natura più vera, quella che troppo spesso ho sacrificato alla logica, alla razionalità, alla necessità,  lasciando che la mia voce interiore venisse spenta in nome del "fare buon viso a cattivo gioco", o ancora peggio cercando di uniformarmi a regole che mi facessero apparire così come gli altri volevano  che fossi. 
Le ossa di quei cadaveri sono sempre lucide e bianche e risplendono lo stesso nella tenebra del bosco, lasciandosi osservare a lungo. Ed è da questa attenta osservazione che ho capito che non è così che funziona. Ma non funziona per me come non funziona per tutte le donne. 
Dentro ognuna di noi risiede, nascosta, braccata, ghettizzata, fatta oggetto di dannazione e condannata dalla nostra stessa inquisizione, una voce interiore, una LOBA (una lupa), una BABA JAGA (una strega maga) che governa da millenni la nostra istintualità. 
E' lei quella vocina flebile flebile che sentiamo dentro di noi, quella che ci avverte per metterci in guardia e che altrettanto spesso ignoriamo facendo sì che il nostro io rimanga monco.
La natura istintuale della donna è stata emarginata nel corso della storia e la storia stessa ce lo dimostra, dedicando ben poco spazio se non in rari casi alle donne. 
Siamo ancora oggetto di schiavitù, nonostante ci si illuda di aver fatto grandi progressi nel campo dell'autodeterminazione, dell'indipendenza e della parità. 
Siamo tutt'ora trattate come oggetti, e come tali subiamo violenze di ogni genere: fisiche e psicologiche.
Ne ho preso formalmente coscienza scorrendo le pagine di un libro interessante: "Donne che corrono coi lupi" di Clarissa Pinkola Estes, studiosa che, nel corso di un ventennio, ha raccolto un patrimonio di fiabe, miti, racconti popolari costruendo un'interessante interpretazione psicoanalitica, elaborando una serie di archetipi femminili e volendo in questo modo aiutare tutte le donne a recuperare l'istintualità e la capacità di vedere oltre, propria della natura femminile. Vediamo come. Siete d'accordo?
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