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venerdì 18 luglio 2014

Dolci da forno, consigli casalinghi | Varie

Ecco a voi alcuni consigli pratici per una buona riuscita dei vostri dolci fatti in casa, risparmio e qualità.

Infilate la mano in un sacchetto di plastica per ungere o imburrare uno stampo o una teglia: le mani resteranno pulite.

Per controllare la cottura di una torta, infilate uno stecchino al centro. Se lo estraete pulito, la torta è pronta per essre sfornata. Oppure fate una leggera pressione con il pollice nel centro: se la superficie è elastica, e il dito non ha lasciato nessuna impronta, la torta è cotta.


I dolci fatti con albumi montati a neve, pan di spagna, soufflé ed altri, tendono ad abbassarsi quando si raffreddano. Per ovviare a questo inconveniente, rovesciate lo stampo non appena esce dal forno e lasciate raffreddare così il dolce. Non preoccupatevi, non scivolerà giù dallo stampo: tutti i dolci a base di albumi aderiscono allo stampo e occorre staccarli con lalama del coltello. Megli oancora se usate uno stampo con il buco centrale: capovolgetelo sul collo di una bottiglia per lasciarlo raffreddare.

I dolci cotti nel forno a microonde sono spesso ataccaticci, non lievitano in maniera uniforma e non si dorano: sarà perciò opportuno cuocere i nquesto tipo di forno solo i dolci da ricoprire con glassa, creme o altre guarnizioni

Per decorare un dolce, trasformate un sacchetto di plastica del congelatore in uan tasca da pasticceria, versateci la glassa, richiudete, fate raffreddare in frigo finchè il dolce non è pronto. Poi tagliate un angolino del fondo e spremete. Per decorazioni più raffinate inserite nell'apertura un beccuccio da pasticceria.

Usate un centrino di carta traforato come stampino per decorare il dolce: appoggiatelo sul dolce e spolveratelo con lo zucchero a velo. Sollevate poi delicatamente il centrino.

Torte, ciambelle e biscotti si conservano bene per due settimane se mantenuti al fresco, avvolti nella carta stagnola. Se contengono frutta secca, consumateli più in fretta per chè rischiano di irrancidire.



Baccalà | Parole e verbi in disuso

BACCALA': come sia potuto succedere che dal primitivo significato di merluzzo essiccato e conservato sotto sale si sia arrivati, in Toscana, a chiamare BACCALA' un miscredente, un ateo, è un po' misterioso. Secondo qualcuno, l'etimologia sarebbe da attribuirsi al "baccalaureato o baccelliere, "licenziato in legge che già coronavasi con alloro fornito di bàcchere. Questi baccellieri filosofavano a lor posta, e il volgo gli teneva come saggi sì ma alquanto miscredenti" (così il Pirro Giacchi).

Il conte Fossombroni
E' abbastanza logico, invece, l'accostamento scherzoso che i vecchi Pisani facevano fra il baccalà secco e inteccherito con la giubba a coda delle guardie municipali di un tempo.
Baccalà a Siena, è il rimprovero, la ramanzina. In Versilia si usa dire, sempre col significato di indifferente in materia di fede, baccalàre. "E' un baccalàare che non crede gnanco nel pan che mangia".

La "baccalaràta", ossia un pranzo fatto esclusivamentedi baccalà, usava una volta specialmente nel Pisano dopo una cerimonia funebre. A questo proposito, e a proposito del baccalà cibo plebeo e snob al tempo stesso, è noto in Toscana il sonetto che il conte Vittorio Fossombroni, primo ministro dle Granducato nel 1815 e grande estimatore della buona tavola, scrisse quattro ore appena prima di morire:
Lodi chi vuole il dentice, l'ombrina,
lo storion, l'aligusta, il tonno, il ragno;
e quanti pesci son nel fiume, o stagno,
e quanti vengon mai dalla marina.
Io dico che è vivanda peregrina
il pesce baccalà ch'èstato in bagno,
perchè del buon nasello egli è compagno
e molto nel sapor gli s'avvicina.
o ch'egli a lento fuoco sia lasciato
perchè lesso divenga, io nol condanno,
o che sia fritto, avver d'erbetta ornato,
solo posso asserir, lungi da inganno,
che fatto in cento guise è sempre grato
e buono è il baccalà per tutto l'anno.
E di lì a poco l'ineffabile conte rimaneva secco come un baccalà.

mercoledì 16 luglio 2014

Avere i Francescani, avere la bottega aperta, avere la voglia dell'anguilla


AVERE I FRANCESCANI: essere affetto da una malattia venerea. E' un curioso modo di dire pisano.

AVERE LA BOTTEGA APERTA: eufemismo, o quasi, per "avere i pantaloni sbottonati davanti". "Tu hai la bottega aperta" dice uno. "Bah", fa l'altro, abbottonandosi senza fretta "tanto i' padron gli è un bischero". Inutile sottolineare il doppiosenso di BOTTEGA e di BISCHERO.

AVERE LA VOGLIA DELL'ANGUILLA: a Pisa si dice così di chi non sta mai fermo. E' un modo di dire scherzoso che trae origine da una malattia nervosa volgarmente chiamata "male dell'anguilla": chi ne è affetto si contorce e si agita continuamente; secondo la credenza popolare questi ammalati cercano la vicinanza dell'acqua perchè è l'unico rimedio che dà loro tregua.


martedì 15 luglio 2014

Aver bevuto l'acqua di Fontebranda, avere il capo nei licci, avere il fuoco al culo | Varie



AVER BEVUTO L'ACQUA DI FONTEBRANDA: nel senese significa "aver un ramo di pazzia, qualche rotella fuori posto". Fontebranda è una fontana di Siena la cui acqua, secondo un vecchio pregiudizio, avrebbe il potere magico di far diventare strana la gente.

AVERE IL CAPO NEI LICCI: modo di dire lucchese per esprimere indecisione, confusione di idee. I LICCI sono dispositivi per i telai da tessitura, per alzare e abbassare i fili dell'ordito e aprire il passaggio alla navetta. In Garfagnana sono anche i fili, le cordicelle

AVERE IL FUOCO AL CULO: quando qualcuno smania per fare qualcosa o per partire, si dice ha "il fuoco al culo". "E questo", precisa il professor E. Giuseppe Salvini nei suoi Modi proverbiali (1900), con beneplacito della società Protettrice degli Animali, "ci richiama alla mente la maniera che si pratica col cavallo restìo, al quale, per farlo muovere, si caccia sotto le natiche un fascetto di paglia accesa"

lunedì 14 luglio 2014

Crampi, consigli casalinghi | Salute

MENTRE SI CORRE

Se accusate una fitta all'addome, rallentate sia il passo sia il respiro; se necessario, fermatevi. Il dolore cesserà quando la respiarazione sarà tornata normale.
Per alleviare il crampo al polpaccio o alla coscia, fate un allungamento contro una parete: a un passo di distanza, appoggiate gli avambracci contro la parete; spostate un piede in avanti e piegate il ginocchio mentre tenete l'altra gamba tesa e con il  tallone ben schiacciato a terra.

Mantenete l'allungamento contando fino a 50 oppure finchè il crampo non sarà cessato completamente.


MENTRE SI NUOTA

Se siete in piscina, uscite dall'acqua oppure raggiungete il lato meno profondo e fate un allungamento contro la parete. Se state facendo il bagno in mare o nel lago, giratevi sul dorso e lasciatevi galleggiare, poi allungate la gamba colpita puntando verso l'alto il più possibile le dita del piede.

Mantenete la posizione contando fino a 30 lentamente, poi riposatevi. ripetete gli allungamenti finchè il crampo no nsarà cessato.



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