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venerdì 29 agosto 2014

Covare i paperini, culo e camicia, cupolone | Parole e verbi in disuso

COVARE I PAPERINI: poltrire a letto. Lo dicono a  Pisa

CULO E CAMICIA: si dice di due amiconi inseparabili: molto in confidenza. "Essere culo e camicia" è realmente il massimo di intimità che si possa immaginare. Nell'Aretino preferiscono, anche più icasticamente: "essere due culi in una mutanda". E c'è l'aggiunta allusiva di una certa complicità

CUPOLONE: è affettuosamente e per antonomasia, la cupola brunelleschiana di Santa Maria del Fiore a Firenze, l'Everest della città, il panettone sulle rive dell'Arno, è Firenze senza dire Firenze: tanto è vero che "nato e cresciuto all'ombra del cupolone" vuol dire fiorentino purosangue




giovedì 28 agosto 2014

Cose che non hanno nè babbo nè mamma, cos'i 'ncastre, costa quanto il Serchio ai Lucchesi, cotto i' cavolo e spento i' foco | Parole e verbi in disuso


COSE CHE NON HANNO NE' BABBO NE' MAMMA: strampalate, insensate; spropositi. Si dice soprattutto di un discorso "a pera"

COS'I 'NCASTRE?: che cosa c'entra? Nel dialetto di Massa

COSTA QUANTO IL SERCHIO AI LUCCHESI: si dice di una cosa o di una persona cheagisce spese continue; come appunto il fiume Serchio a causa delle frequenti inondazioni nella piana di Lucca

COTTO I' CAVOLO E SPENTO I' FOCO: equivale a un rassegnato "non c'è nulla da fare", "è tutto finito". IL modo di dire deriva, ovviamente, dai fornelli di cucina: l'acqua del cavolo, bollendo, spesso trabocca dalla pentola e spegne il fuoco


mercoledì 27 agosto 2014

Via dalla pazza folla | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie

 In questa lettera Seneca supera in modernità se stesso e forse anche noi. Elogio il suo dal diffidare della folla, oggi più vero che mai, appartarsi, come scrive, non tanto dalla gente quanto dagli affari. E in più fa sfoggio di una grande consapevolezza, forse del suo proprio destino: l'essere utile ai posteri. Egli afferma infatti che con le sue lettere manda ai posteri avvetimenti salutari, e ora più che mai secondo me essi sono consigli spassionati e salubri. Evitare le cose che piacciono alla massa, mi fa sospettare che avesse anche lui la televisione e che fosse consapevole del bombardamento che ne riceviamo, di quanto le nostre menti siano manipolate. Non illudiamoci di tenere in pugno ciò che la fortuna ci ha dato, noi non possiamo controllare nulla. Ciò che può essere dato, può essere tolto.

"Caro Lucilio,
mi inviti a star lontano dalla folla, a stare per conto mio, pago della mia coscienza? Che fine hanno fatto i principi della vostra filosofia che ingiungono di morire nell'azione? Ma come? Pensi che io voglia incoraggiare a lasciarti andare? Io sto da solo chiuso in casa per tornare utile alla gente. Non passo i miei giorni in ozio: parte della notte la dedico agli studi; non mi abbandono ma soccombo al sonno e tengo gli occhi, cadenti e affaticati dalla veglia, puntati sul lavoro.

Mi sono appartato non tanto dalla gente quanto dagli affari, soprattutto quelli personali. Sono al servizio dei posteri. Scrivocose che possono tornare loro utili. Con le mie lettere mando loro avvertimenti salutari, come se fossero ricette di buone medicine. Ne ho sperimentato la bontà sulle mie ferite che, se non sono guarite del tutto, certo non sono peggiorate.

Indico agli altri la strada giusta che ho conosciuto tardi e dopo molto errare. Grido: "Evitate tutte le cose che piacciono alla massa e che provengono dal caso, fermatevi sospettosi anzi paurosi davanti alle cose che il caso vi mette davanti. Anche gli animali e i pesci si fanno ingannare dalll'esca. Li credete doni della fortuna? Sono tranelli. Se volete una vita sicura, evitate il più possibile questi doni vischiosi, che ci tradiscono, poveri noi, anche facendoci illudere di tenerli in pugno, quando è vero il contrario.

Così andiamo alla rovina: il destino di chi sale troppo in alto è quello di cadere. E poi quando la fortuna comincia a farci deviare è difficile resistere: o si riprende la strada diritta oppure si va a fondo prima o poi. La fortuna non ci fa solo deviare ma ci fa cadere e precipitare. Seguite questo saggio e sano stile divita: date al corpo quanto gli basta per essere in salute. Bisogna essere duri con il corpo altrimenti disubbidisce alla mente: il cibo deve saziare la fame, le bevande la sete, gli abiti devono proteggere dal freddo, la casa dal maltempo.

Non importa se sia di terra o di marmo variegato d'importazione, un tetto di paglia copre altrettanto bene di uno d'oro. Disprezzate tutte le cose fabbricate, con inutile lavoro, solo a scopo ornamentale o per la bellezza. Nulla è più degno di ammirazione dell'anima e quando l'anima è grande non c'è nulla che la superi.  Dico queste cose a me stesso e ai posteri e, secondo te, così facendo non rendo un servizio maggiore che facendo l'avvocato difensore o il notaio o impegnandomi nella campagna elettorale per conto di qualche aspirante senatore? Dammi retta, fa di più chi sembra non faccia niente, sono quelli che di solito rendono servizio agli uomini e agli dei.

Ma devo chiudere questa lettera e come è consuetudine devo pagare il mio debito. Non è roba mia, ancora una volta rubo a Epicuro. Oggi ho letto questa sua frase: "Per essere davvero libero devi farti schiavo della filosofia". Chi serve la filosofia non deve aspettare neanche un giorno per essere libero, lo è subito. Forse ti chiederai perchè cito sempre Epicuro invece dei nostri scrittori. Ti risponderò con una domanda: questi pensieri appartengono a Epicuro oppure a tutti? Quante volte i poeti scrivono cose che sono già state dette dai filosofi, o che a loro comunque toccherebbe dire. Senza parlare delle tragedie e delle commedie alla romana, che sono una via di mezzo tra tragedia e commedia: quanti versi molto aggraziati recitano i guitti.

Quante battute di Publilio meriterebbero un posto nelle tragedie e non nelle farse. Ti ricorderò un suo solo verso sulla filosofia e sulle cose che abbiamo appena detto. Lui pensa che non dobbiamo ritenere nostre le cose che ci succedono per caso: "Non ci appartiene quello che accade secondo i notri desideri". Ma ricordi che tu l'hai detto meglio: "Non è tuo ciò che la fortuna ha fatto tuo". Ma voglio citare un'altra frase, forse più bella ancora: "Ciò che può essere dato, può anche essere tolto". Questo non conta come pagamento, ti restituisco una cosa tua".

Paura, aiutarsi con gli oli essenziali | Salute


PAURA

Inalazione secca e diffusione ambientale: Angelica, Arancio amaro, Arancio dolce, Finocchio dolce, Legno di Rosa, Mandarino, Maggiorana, Nardo, Neroli, Pepe nero, Pino cembro, Pino silvestre, Rosa, Salvia sclarea, Timo rosso, Vaniglia, Ylang-Ylang.
Scegliere almeno 2 oli diversi cercando di individuare quelli più corrispondenti al profilo della persona da trattare, e utilizzarli sia in miscela sia separata mente. Miscele per paure generalizzate: Angelica e Arancio dolce; Finocchio dolce e Legno di Rosa; Pino cembro e Ylang-Ylang. Miscele per paure legate a traumi affettivi: Legno di Rosa e Nardo; Mandarino e Rosa; Maggiorana e Neroli. Miscela per paure legate alla sessualità: Legno di Rosa, Neroli, Ylang-Ylang.

Massaggio e bagno: utilizzare oli diversi da quelli dell'inalazione. I più consigliati sono: Achillea,
Anice, Arancio amaro, Arancio dolce, Finocchio dolce, Ginepro bacche, Legno di Rosa, Neroli, Pepe
nero, Pino cembro, Pino silvestre, Salvia sclarea, Timo rosso, Vaniglia, Ylang-Ylang.

Uso interno: Achillea, Angelica, Anice, Arancio amaro, Arancio dolce, Finocchio dolce, Legno
di Rosa, Maggiorana, Mandarino, Melissa, Nardo, Neroli, Pepe nero, Rosa, Salvia sclarea, Vaniglia,
Ylang- Ylang.

Anche qui si dovranno scegliere quegli oli che più corrispondono ai disturbi e alle caratteristiche
della persona.

martedì 26 agosto 2014

Amici di se stessi | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie

Essere amici di se stessi significa essere coerenti con le proprie idee di vita, così come hanno fatto i filosofi antichi. Ecco ciò che Seneca afferma in questa sua lettera a Lucilio. Non si finisce mai di imparare a vedere  i nostri difetti, e questo è indice di progresso. E' una questione di volontà, dice Seneca, volere il bene.


"Caro Lucilio,
io capisco che non solo mi sto migliorando ma addirittura mi sto trasformando. Certo non voglio dire, e nenneno spero, che in me non ci sia più nulla da cambiare. Perchè non dovrei avere più niente da mettere in ordine, da limitare, da migliorare? Vedere difetti che prima non si vedevano è segno di progresso, così come ci congratuliamo con i malati che prendono coscienza d'essere malati.

Desidererei perciò dirti di questo mio improvviso cambiamento, perchè allora sarei più sicuro della nostra amicizia, quella vera che nè la speranza, nè il timore, nè il calcolo personale possono spezzare, quella amicizia che dura fino alla morte e in nome della quale si è pronti a morire. Potrei citarti molti ai quali non è mancato l'amico ma l'amicizia: questo non succede quando gli amici sono uniti dalla stessa volontà di volere il bene. Perchè non può essere così?

Essi sanno di aver tutto in comune e soprattutto le avversità. Non puoi capire quanti miglioramenti mi accorgo di fare ogni giorno. Tu dirai: "Metti anche  me al corrente del sistema così efficace che hai scoperto". Io voglio metterti al corrente di tutto e sono contento di imparare insegnando. Nemmeno le cose più eccellenti e benefiche mi daranno gioia se dovessi tenerle solo per me.

Se mi si desse la sapienza a patto di tenerla chiusa in me senza poterla trasmettere agli altri, io rifiuterei. Non dà gioia niente se è vissuto in solitudine. Ti spedirò quindi i miei libri e perchè tu non perda tempo a rintracciarli, ti sottolinerò i brani utili. Però parlare di queste cose e sentirle dalla mia viva voce è meglio che leggerle. Perciò tu devi venire a trovarmi perchè gli uomini credono di più agli occhi che alle orecchie e poi perchè insegnare richiede molto tempo, mentre si apprende subito e meglio con gli esempi.

Cleante non avrebbe saputo riportare così esaurientemente il pensiero di Zenone se avesse assistito solo alle sue lezioni, senza condividerne la vita, anche nell'intimità, e così capì che la vita di Zenone era coerente con il suo pensiero. Platone, Aristotele e tutta questa folla di filosofi, che presero poi direzioni diverse, impararono più dalla vita che dalle parole di Socrate. E lo stesso accadde a Metrodoro, Ermaco e Polieno nei confronti di Epicuro.

E non ti chiedo di venire solo per tua convenienza ma anche per la mia. Ci saremo utilissimi a vicenda. Intanto, poichè ti devo il piccolo tributo quotidiano, ti dirò il pensiero di Ecatone che oggi ho apprezzato: "Tu chiedi quale progresso ho fatto? Ho cominciato ad essere amico di me stesso". E' un bel progresso, non conoscerà più la solitudine. Non tutti possiamo avere un simile amico".

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