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giovedì 14 luglio 2016

Ti ci covano i rondoni, tirar de niffo

Ti ci covano i rondoni, tirar de niffo, tirare l'aiolo, tirare l'umido, tira su e serba a Pasqua per dire che uno è fortunato, che tira di lungo, per significare morire e via dicendo

TI CI COVANO I RONDONI: lo dicono a Siena a chi è molto fortunato. Dov'è che gli covano i rondoni? "Quello ha un culo tanto grande che gli ci covano i rondoni"

TIRAR DE NIFFO: a Massa significa tirar di lungo, sdegnare, no ndare considerazione

TIRARE L'AIOLO: è una delle più familiari tra le molte espresioni del vernacolo fiorentino per non dire morire. "L'Aiolo" è una rete aperta per acchiappare gli uccelli: dopo che è rimasta stesa su un'aia pulita, appena gli uccelli vi si posano il cacciatore tira le corde per chiuderla e nel fare questa operazione stende le gambe "come fa chi muore" (Camaiti). Con diverso significato, "tirar l'aiolo" fu usato dal Sacchetti (nel senso di ingannare) e dal Boccaccio (adescare gli amanti)


TIRARE L'UMIDO: nella lingua italiana l'umido, ovvero l'umidità, "si prende": a Firenze "si tira". E il verbo è molto più proprio, perchè rende meglio il senso dell'assorbimento. Quando, appunto a Firenze, i fuochi artificiali che il Comune organizza perl a festa di San Giovanni riescono un po' fiacchi, di poco effetto e accompagnati da esplosioni fioche, la gente assiepata sui Lungarni osserva ironicamente che "gli hanno tirato l'umido"

TIRA SU E SERBA A PASQUA: si dice per bonario rimprovero al bambino che ha il vizio di non soffiarsi il naso e "tira su", tenendosi il moccio come se fosse una cosa preziosa da serbare per qualche solenne occasione festiva

sabato 6 febbraio 2016

Bazza a chi tocca


BAZZA A CHI TOCCA: "Fortuna a chi tocca" ovvero, fortunato chi ci riesce e ne approfitta.
Dice il Giusti nello Stivale:

"Chi mi prese al gambale, chi alla fiocca,
gridandosi tra lor bazza a chi tocca!"

e con amabile gioco di parole, il Camaiti nel suo Da 'l Pignone alla Casaccia: "Ma a me di queste bazze un me ne tocca".
BAZZA, nel significato di "fortuna", è usato anche dal Manzoni (Promessi Sposi cap. XVI: "UN pane d'otto'once per un soldo, che bazza!").
L'etimo è incerto, c'è chi lo ritiene un traslato dal gioco delle carte, ma in genere si pensa a bazza come mento aguzzo, tanto più che le cose aguzze, secondo la credenza popolare, portano fortuna.


giovedì 28 gennaio 2016

I piccoli piaceri della vita, un consiglio a settimana per migliorare la propria vita e quella altrui

Il mondo è pieno di cose straordinarie. La maggior parte di noi possiede un televisore, un lettore DVD, una lavatrice, un computer, un cellulare. E poi ci sono i nostri piatti preferiti, di cui ogni tanto ci  facciamo scorpacciate, e una varietà infinita di passatempi che amiamo praticare e coltivare. Tutti siamo sensibili ai piccoli piaceri della vita.


  • L'azione che dobbiamo compiere consiste nel fare a meno della cosa che più amiamo per i prossimi sette giorni
  • Ci sono tante persone più sfortunate di noi.... Tante non hanno scelta: devono rinunciare a molto perchè non possono fare altrimenti. Anche loro hanno delle guide spirituali al proprio fianco, ma per ragioni note solo al mondo spirituale, vivono in povertà, senza un abito con cui coprirsi, soffrendo la fame e la sete
  • Chi è più fortunato, spesso, dà per scontato ciò che possiede e nel migliore dei casi dedica un'occhiata distratta alla povertà che lo circonda. Questa settimana la nostra azione rammenterà a tutti noi che non dobbiamo mai pensare che la fortuna che abbiamo ci spetti di diritto
  • Perchè qualcuno ha troppo e qualcun altro troppo poco? Perchè c'è chi patisce la fame mentre dall'altra parte del mondo si lotta contro l'obesità? Per quale motivo un ragazzo deve morire prima di un anziano? Quante domande senza risposta. Molto spesso le rivolgiamo alle nostre guide spirituali. Ma anche se loro potessero soddisfare la nostra curiosità, noi non saremmo in grado di comprendere il disegno divino.
  • Quando Dio, o chi per lui, ci invia le guide spirituali in soccorso, loro non si chiedono il perchè. Se arrivano guide spirituali a salvare qualcuno, quest'ultima non si chiede il motivo o la ragione. Invece, mentre noi realizziamo queste azioni, vorremmo sapere tutto. Eppure ci sono momenti in cui dobbiamo semplicemente avere fede
  • Per i prossimi giorni lasciamoci ispirare dalle nostre guide spirituali e rinunciamo ad una delle cose che preferiamo: il bicchiere divino dopo cena, l'indispensabile cioccolatino che ci fa arrivare a fine giornata, il reality di cui non abbiamo perso una puntata, la partita di calcio con gli amici, il caffè a metà mattina. Qualsiasi cosa sia, impariamo a farne a meno e ricordiamo a noi stessi quanto siamo fortunati ad avere avuto la possibilità di goderne fino ad oggi
  • Tutte le volte che realizziamo una di queste azioni cresciamo. Quando abbiamo fede diventiamo migliori. Impariamo ad avere fiducia anche in te stesso, e vedremo come riusciremo a dare il massimo

martedì 12 gennaio 2016

Che becio, che buco, cheche

CHE BECIO: che schifo! Lo dicono a Siena

CHE BUCO: che fortuna! "Aver buco" significa essere fortunato. Sono modi di dire non offensivi, anzi, cordialmente invidiosi, anche se BUCO; in altro contesto, significa pederasta. A Pisa e a Livorno: "Che ppo' di buo!"

CHECHE: paturnie, malumore. "Lacialo stare, oggi gli ha le cheche". E' un modo di direfiorentino e senese, sebbene sia considerato un lucchesismo. Il Nieri, però, nel suo Vocabolario lucchese lo registra come gheghe e spiega che "le gheghe propriamente sono la glandole sotto il mento". "Che hai? Le gheghe?" Come dire: "Che stranezze sono queste?". Anche nel PIsano, con lo stesso significato, gheghe. A Buti (Pisa) "fa' lla cheha (checa)" significa far la festa, cioè ammazzare, e si usa specialmente quando si tira il collo ai polli. A Pisa "fa' lla chea" (senza aspirazione fra la E e la A) vuol dire far la cresta sulla spesa, ovvero fare un guadagno illecito. Per estenzione "Sur conto mio la chea un ci si fa", su di me non c'è propri onulla da dire.

mercoledì 6 gennaio 2016

Calcinculo, candire, canina, capaccina, capameno, capirotti, carrozzine

CALCINCULO: è quella giostra con tanti sedili appesi e oscillanti all'esstermità di lunghe catenelle. Rimane ancora una delle maggiori attrattive delle fiere paesane

CANDìRE o INCANDìRE: tenere una cosa a candìre significa tenerla in serbo, ma scioccamente, quasi che stando lì inutilizzata potesse diventare migliore

CANìNA: nel Senese è la fortuna. "Gli si è ricoltata la canìna", la buona sorte gli ha voltato le spalle

CAPACCìNA: leggero mal di testa, specialmente dopo aver mangiato troppo o troppo bevuto

CAPAMèNO: persona stramba, estrosa

CAPIRòTTI: merce di scarto; avanzi di magazzino venduti sotto costo. Termine usato soprattutto al mercato della frutta

CARROZZìNE: a parte il gergo dei giocatori di tombola per i  quali l'uscita del numero 22 è sempre accompagnata dall'esclaamazione "le carrozzìne!", in diverse zone della Toscana si chiamano così le giostre, il "Luna Park", nel suo complesso. Altrove questi divertimenti da fiera sono indicati col nome generico di "cavallini, la guidòna (in Versilia  e a Pontasserchio di Pisa), 'r girone (a Orenatano di PIsa), la california (a Pistoia)

domenica 16 agosto 2015

Pietre e cristalli, Giada

Egiziani ed i Cinesi  attribuivano a questa pietra diversi poteri, come quello di preservare i corpi dei morti, di portare fortuna ed essere di buon auspicio per la fertilità. In alcune civiltà preistoriche era apprezzata soprattutto per la sua durezza e, quindi, utilizzata per utensili, o strumenti sacrificali. 

GIADA
Caratteristiche: silicato di sodio e alluminio (giadeite); silicato di calcio, magnesio e ferro (nefrite); sistema monoclico; il colore della nefrite va dal verde scuro al bianco avorio, quello della giadeite può essere verde, bianco, rosa, rosso, giallo, arancione, bruno, viola. In entrambi i casi la varietà più pregiata è verde smeraldo. 

Proprietà: rende simpatici e combatte le paure
Disturbi: combatte i dolori ai nervi , previene la febbre e aumenta la fertilità.
Associazione con i chakra: tutti


sabato 17 gennaio 2015

Un chicchirillò legato a un filo, un ci ho uno per fa due, un culo come un vicinato, undici | Parole e verbi in disuso

UN CHICCHIRILLO' LEGATO A UN FILO: non è nulla, assolutamente nulla. Ma il fatto che questo modo di dire falsamente misterioso sia stato tramandato di generazione in generazione potrebbe rappresentare la giustificazione subconscia di una qualche constestazione giovanile. I bambini chiedono regali: "Comprami qualcosa" dicono alla mamma; non sono esigenti inrealtà; basterebbe una sciocchezza. E le mamme, spesso, per non essere seccate dicono di sì. "Cosa?" chiedono speranzosi i bambini. "Ti compresrò un chicchirillò legato a un filo". Il bambino è felice, si illude, sogna: cosa sarà il "chicchirillò? E, poi, perchè lagato ad un filo? Più tardi scopre di essere stato preso in giro. E magari nascono così gli incendiari di biblioteche, gli stupratori di nonnem i rapinatori di negozi di balocchi.


'UN CI HO UNO PER FA' DUE: sono completamente senza soldi, al verde

UN CULO COME UN VICINATO: cioè grandissimo. E' forse l'unica eosoressione, abbastanza frequente a Firenze, in cui vicinato significhi grande, enorme. Questo modo di dire è collaudato dai secoli, tanto è vero che lo usò il Lippi nel Malmantile  facendone un superbo dodecasillabo: "Ed ha un culo, che pare un vicinato"

UNDICI: esclamazione scherzosa che non manca quasi mai quando qualcuno rompe una tazza, o un piatto, o un bicchiere: come dire che la dozzina è scompagnata

mercoledì 27 agosto 2014

Via dalla pazza folla | Seneca, Lettere a Lucilio | Varie

 In questa lettera Seneca supera in modernità se stesso e forse anche noi. Elogio il suo dal diffidare della folla, oggi più vero che mai, appartarsi, come scrive, non tanto dalla gente quanto dagli affari. E in più fa sfoggio di una grande consapevolezza, forse del suo proprio destino: l'essere utile ai posteri. Egli afferma infatti che con le sue lettere manda ai posteri avvetimenti salutari, e ora più che mai secondo me essi sono consigli spassionati e salubri. Evitare le cose che piacciono alla massa, mi fa sospettare che avesse anche lui la televisione e che fosse consapevole del bombardamento che ne riceviamo, di quanto le nostre menti siano manipolate. Non illudiamoci di tenere in pugno ciò che la fortuna ci ha dato, noi non possiamo controllare nulla. Ciò che può essere dato, può essere tolto.

"Caro Lucilio,
mi inviti a star lontano dalla folla, a stare per conto mio, pago della mia coscienza? Che fine hanno fatto i principi della vostra filosofia che ingiungono di morire nell'azione? Ma come? Pensi che io voglia incoraggiare a lasciarti andare? Io sto da solo chiuso in casa per tornare utile alla gente. Non passo i miei giorni in ozio: parte della notte la dedico agli studi; non mi abbandono ma soccombo al sonno e tengo gli occhi, cadenti e affaticati dalla veglia, puntati sul lavoro.

Mi sono appartato non tanto dalla gente quanto dagli affari, soprattutto quelli personali. Sono al servizio dei posteri. Scrivocose che possono tornare loro utili. Con le mie lettere mando loro avvertimenti salutari, come se fossero ricette di buone medicine. Ne ho sperimentato la bontà sulle mie ferite che, se non sono guarite del tutto, certo non sono peggiorate.

Indico agli altri la strada giusta che ho conosciuto tardi e dopo molto errare. Grido: "Evitate tutte le cose che piacciono alla massa e che provengono dal caso, fermatevi sospettosi anzi paurosi davanti alle cose che il caso vi mette davanti. Anche gli animali e i pesci si fanno ingannare dalll'esca. Li credete doni della fortuna? Sono tranelli. Se volete una vita sicura, evitate il più possibile questi doni vischiosi, che ci tradiscono, poveri noi, anche facendoci illudere di tenerli in pugno, quando è vero il contrario.

Così andiamo alla rovina: il destino di chi sale troppo in alto è quello di cadere. E poi quando la fortuna comincia a farci deviare è difficile resistere: o si riprende la strada diritta oppure si va a fondo prima o poi. La fortuna non ci fa solo deviare ma ci fa cadere e precipitare. Seguite questo saggio e sano stile divita: date al corpo quanto gli basta per essere in salute. Bisogna essere duri con il corpo altrimenti disubbidisce alla mente: il cibo deve saziare la fame, le bevande la sete, gli abiti devono proteggere dal freddo, la casa dal maltempo.

Non importa se sia di terra o di marmo variegato d'importazione, un tetto di paglia copre altrettanto bene di uno d'oro. Disprezzate tutte le cose fabbricate, con inutile lavoro, solo a scopo ornamentale o per la bellezza. Nulla è più degno di ammirazione dell'anima e quando l'anima è grande non c'è nulla che la superi.  Dico queste cose a me stesso e ai posteri e, secondo te, così facendo non rendo un servizio maggiore che facendo l'avvocato difensore o il notaio o impegnandomi nella campagna elettorale per conto di qualche aspirante senatore? Dammi retta, fa di più chi sembra non faccia niente, sono quelli che di solito rendono servizio agli uomini e agli dei.

Ma devo chiudere questa lettera e come è consuetudine devo pagare il mio debito. Non è roba mia, ancora una volta rubo a Epicuro. Oggi ho letto questa sua frase: "Per essere davvero libero devi farti schiavo della filosofia". Chi serve la filosofia non deve aspettare neanche un giorno per essere libero, lo è subito. Forse ti chiederai perchè cito sempre Epicuro invece dei nostri scrittori. Ti risponderò con una domanda: questi pensieri appartengono a Epicuro oppure a tutti? Quante volte i poeti scrivono cose che sono già state dette dai filosofi, o che a loro comunque toccherebbe dire. Senza parlare delle tragedie e delle commedie alla romana, che sono una via di mezzo tra tragedia e commedia: quanti versi molto aggraziati recitano i guitti.

Quante battute di Publilio meriterebbero un posto nelle tragedie e non nelle farse. Ti ricorderò un suo solo verso sulla filosofia e sulle cose che abbiamo appena detto. Lui pensa che non dobbiamo ritenere nostre le cose che ci succedono per caso: "Non ci appartiene quello che accade secondo i notri desideri". Ma ricordi che tu l'hai detto meglio: "Non è tuo ciò che la fortuna ha fatto tuo". Ma voglio citare un'altra frase, forse più bella ancora: "Ciò che può essere dato, può anche essere tolto". Questo non conta come pagamento, ti restituisco una cosa tua".

martedì 27 maggio 2014

Conoscere la propria fortuna | Psicopittografia

Possiamo conoscere la nostra propria fortuna grazie alla magia mentale. "Non capisco la necessità di una trasformazione personale", cercare di accumulare denaro senza prima cercare di arricchire se stessi, è come cercare di colpire il bersaglio con un fucile scarico.


Il vero Io è la munizione che ci occorre. "Come possiamo sapere se l'idea di mutare se stessi è veramente giusta?" Mettiamola alla prova. Prendiamo coscienza del fatto che noi ripetiamo ogni giorno le stesse esperienze sfortunate perchè non ci decidiamo a cambiare noi stessi.
"Quale genere di amici avremo in avvenire?"
Quelli che sono al nostro livello psicologico. Se desideriamo amici superiori innalziamo il nostro livello mentale
"Questo cambiamento interiore può mutare anche le cose materiali?"
Certamente
"La legge della causa-effetto ha qualcosa a che fare con il nostro avvenire?"
Sicuramente. Facciamo qualcosa oggi e avremo dei risultati domani
"Come possiamo cambiare noi stessi e il nostro avvenire?
Lavorando pazientemente con i principi della Psicopittografia. Essi sono in grado di assicurarsi la buona sorte.

domenica 9 marzo 2014

OGGI STACCO

Oggi stacco, mi prendo una pausa dal mondo, dai suoi rumori e dai suoi abitanti. Isolo me stessa da ogni stimolo che arriva e si interpone fra me e il mio interiore. Osservo il volo di un gabbiano solitario, che plana nell'arancio azzurro del cielo, dove il sole sul carro d'Apollo, sta per tuffarsi in mare. E' sereno quel gabbiano, nel suo fluido planare semisospeso nell'aria brillantina del tramonto, lui vola ma non sogna, guidato solo dall'infallibile legge naturale. 
Guardo i riflessi, respiro l'aria e chiudo le porte della mia ricettività, senza telefono, senza computer, senza messaggi, solo ciò che offre questo spicchio di mondo su cui mi affaccio, breve vacanza da tutto.
Fisso lo sguardo apparentemente nel nulla o forse nel vuoto, trovando la porta del giardino di dove non so, e quivi mi stendo, cercando il buon odore, essenza di lieti riposi.
Oggi stacco, senza alcun ripensamento, ho necessità di non vedere, di non sentire, esiguo momento di gran fortuna: non svegliatemi, non chiamatemi, non toccatemi. Lasciatemi sospesa, nel giardino di dove non so, a respirare l'essenza del buon odore.


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