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martedì 4 agosto 2015

Tisana, infuso e decotto, ma la differenza?

Tutti ne parlano, ma chi veramente, se interrogato sa spiegare quale differenza sussiste tra tisana, infuso e decotto? A volte persino in qualche erboristeria serpeggia l'ignoranza. La principale differenza fra i tre sta nella scelta degli elementi naturali: radici, fiori, frutti e foglie. Non solo il quid sta naturalmente, nella preparazione.

Per la tisana si utilizzano indistintamente sia le parti tenere sia quelle legnose delle piante, che poi vengono gettate in acqua già bollente, con un tempo di riposo massimo di 5 minuti.

Per peparare un infuso si utilizzano invece le sole parti tenere delle piante, come fiori e foglie, sulle quali viene versata dell'acqua bollente filtrando poi il liquido dopo 5-10 minuti.

Per il decotto si scelgono invece le parti più resistenti e dure, come radici e cortecce, che si mettono in acqua fredda e si lasciano bollire per 5-10 minuti. Dopo il tempo di bollitura si lascia riposare il tutto per altri 10 minuti e infine vengono filtrate le parti naturali con il loro liquido.

Pietre e cristalli, Diopside

Pietra catartica,  i guaritori dei cristalli la utilizzavano in casi di traumi per i suoi poteri di portare alle lacrime di purificazione chi la indossava.

DIOPSIDE 
Caratteristiche: silicato di calcio e magnesio; sistema monoclino; cristalli prismatici allungati, più spesso in aggregati colonnari e granulari; colori: verde, giallo, azzurro, bruno e biancastro, blu e viola.

Proprietà: aiuta ad aprire la mente
Disturbi: protegge il cuore e il sistema circolatorio; placa l'ansia; è di aiuto nei disturbi instestinali e in quelli relativi alla vescica
Associazione con i chakra: primo e quarto


Psicopittografia, l'Uomo ha tutto ciò di cui ha bisogno

All'uomo non manca nulla, tutto ciò di cui ha bisogno lo possiede già, ora. Questa idea può suscitare una domanda: "Se noi abbiamo tutto ciò che ci occorre, perhè non fare un'esperienza pratica? Consideriamo le nostre energie. Perchè ci stanchiamo così facilmente non solo dal punto di vista fisico ma anche mentale ed emotivo? In verità l'unico affaticamento vero è quello fisico che si può sentire dopo un duro lavoro. Ogni altra stanchezza è superflua. 

Quando ci si sente fisicamente affaticati, dobbiamo riposarci. Non è la stessa cosa per la stanchezza psichica. Per milioni di uomini dai nervi logori l'ora del riposo diventa un incubo, sanno che si prospetta loro una notte insonne. Come possiamo utilizzare queste energie nei nostri affari quotidiani? Dapprima rendendoci conto del modo in cui le sprechiamo...Poi cercando il mezzo di arrestare questo sperpero. Come le sperperiamo? Con le emozioni negative

Ci alziamo al mattino con una nuova provvista di forze. Poi ci innervosiamo durante la giornata pensando a qualcuno che ci ha trattato male, e in questo modo perdiamo le forze. La sera ci mettiamo in subbuglio per un problema domestico. E così di seguito un sentimento negativo dopo l'altro che ci tolgono forza e buon umore. Non c'è da meravigliarsi quindi che siamo stanchi.

lunedì 3 agosto 2015

La fitoterapia nell'antica India

Anche in India, la fitoterapia ha avuto un enorme importanza sin dalla notte dei tempi. Cinquemila anni fa, nella Valle dell'Indo, come avvenne tra i Sumeri, si sviluppò la scrittura che permise di tramandare, aggiornandole, le conoscenze mediche. 

Preparati fitoterapici
Circa  1500 a.C. cominciarono ad essere redatti i Veda, testi sacri nei quali si compendia la sapienza induista. Gli studenti di medicina nei sette lunghi anni di apprendistato, dovevano conoscere l'intero scibile teorico-pratico del tempo. Alla fine dell'iniziazione, il guru si rivolgeva loro in modo solenne per incamminarli verso una vita di castità, onestà e vegetarianesimo. 

Come detto, il grande valore di questa tradizione medica si fonda sulla redazione di trattati di medicina come quello del medico Sushruta il quale annotava: "La bontà di un medicamento dipende dalla qualità del terreno su cui la pianta è stata coltivata e dal giorno della sua raccolta, ma soprattutto da come la medicina viene somministrata, in che dose e in quali tempi". 

Sempre in quel testo si insegnava ad anestetizzare i pazienti con giusquiamo, canapa indiana e belladonna. Bisongerà aspettare il chirurgo-barbiere Ambroise Paré, nella Francia del XVI secolo, per veder comparire in Europa metodi simili.

MEMENTO: Circa 4000 anni fa, in India si scrivevano i primi trattati di erboristeria nei quli le piante venivano indicate con nomi poetici, se ne specificavano le proprietà e si prescriveva anche il modo corretto di assumerle per non peccare contro le divinità.


La tecnica della macerazione: come estrarre i principi attivi dalle piante

Consiste nel lasciare a contatto per un tempo più o meno lungo la droga con un solvente adatto. Questa tecnica si utilizza, in via preferenziale rispetto alla spremitura, quando non si ha a disposizione un percolatore, ma anche quando i principi attivi da estrarre sono:
a) molto solubili:
b) alterabili dal calore;
c) molto volatili.

Macerato

La natura della droga influenza notevolmente l'estrazione. Se infatti dobbiamo estrarre da tessuti particolarmente coriacei, come radici o corteccia, possiamo provare a lavorare a temperature maggiori della temperatura ambiente (max 35° C, altrimenti abbiamo la digestione) in modo tale da aumentare l'energia cinetica del sistema, e quindi dei fluidi. 

La macinazione della droga è un'ottima tecnica di preparazione all'estrazione, in quanto aumenta l'area superficiale di dissoluzione. La scelta del solvente adatto richiede particolare attenzione. Il solvente deve essere affine ai principi attivi che vogliamo estrarre. Inoltre è possibile utilizzare solventi alcalini o basici per estrarre quelle sostanze che salificano in quel determinato ambiente.
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