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sabato 2 luglio 2016

Gengive infiammate e rimedi naturali

Gengive infiammate e rimedi naturali, un matrimonio possibile. Quando le gengive si gonfiamo, fanno male e peggio ancora sanguinano meglio intervenire: un decotto e un dentifricio in polvere possono essere d'aiuto


Quando le gengive si infiammano causano molti fastidi in bocca, gonfiore, dolore, sanguinamento. Le cause che portano all'infiammazione dipendono molto spesso da un'igiene non scrupolosa. Per non aggravare la situazione e impedire che l'infiammazione vada ad intaccare le strutture di sostegno dei denti è bene correre immediatamente ai ripari. Se son presenti sanguinamenti con difficoltà di cicatrizzazione la causa può essere carenza di vitamina C. Ecco come possiamo intervenire naturalmente.


Decotto: Echinacea radice g., 30 Gramigna radice g., 10 Malva foglie g. 10, Altea radice decorticata g. 10, Finocchio frutti g. 10, Lino semi g. 10, Orzo mondo frutti g. 10. Menta piperita foglie monde g. 10. Bere una tazza di decotto al mattino e una alla sera

Dentifricio in polvere: Ratania radice polvere g. 40, Salvia foglie polvere g. 40, Echinacea radice polvere g. 30. Miscelare tutti gli ingredienti,  prenderne una piccola quantità con il dito umido e fare un leggero ma prolungato massaggio alle gengive.

sabato 18 giugno 2016

Metodi di applicazione delle tisane

Metodi di applicazione delle tisane. Le tisane non si assumono solamente per via orale, ma hanno anche altri metodi di applicazione per via esterna che le rendono adatte alla cura del corpo


Le tisane come tutti sappiamo, si assumono per via orale, cioè bevendo. Ma ciò che forse alcuni ancora non sanno è che esse possono essere usate anche in maniera differente, cioè per via esterna, ovvero sotto forma di bagni tradizionali, impacchi, spugnature, bagni oculari. In particolare:


Bagno: si prepara preventivamente un infuso concnetrato o decotto . Il liquido filtrato si aggiunge all'acqua del bagno, facendo attenzione che la temperatura non suoeri i 38 gradi. Il tempo di immersione varia da dieci a venti minuti

Impacco: qui è necessario l'uso d una carza o una compressa dicotone che viene immersa prima in un liquido (sempre infuso o decotto). L'impacco va rinnovato, immergendo ripetutamente la comrepssa nel liquido, e mantenuto in posizione per un certo periodo di tempo

Spugnature: per ottenere un effetto benefico su una superficie dicute estesa, si fanno le spugnature, una metodologia attraverso cui si tampona ripetutamente la parte del corpo interessata

Collirio: si applica sulle palpebre, sotto forma di bagno oculare, oppure impacco. Si prepara un infuso che, per la particolare tipologia di applicazione va filtrato in maniera molto accurata e privo quindi di particelle in sospensione.

E ora facciamo chiarezza: vediamo quale differenza intercorre tra tisana, infuso e decotto.
La tisana: è un metodo di preparazione fitoterapica che sfrutta l'acqua calda per estrarre i principi attivi delle piante (cioè una loro parte: fiori, foglie, frutti). La preparazione avviene attraverso due metodologie: l'infuso, per capirsi, come avviene per il tè. Si versa  la quantità di acqua bollente (200 ml circa) su una dose ( un cucchiaio) di pianta o di miscela di piante già posta sul fondo di un recipiente atto allo scopo (teiera), Si mescola e si lascia riposare per cinque o dieci minuti, poi si filtra con un colino e si versa in tazza. Gli infusi si preparano freschi al momento e possono essere dolcificati.

E poi c'è il decotto, che è un metodo di estrazione dei principi attivi più energico rispetto alla tisana. Si prepara mettendo la parte della pianta (o miscela) in acqua bollente (250 ml), si copre il recipiente e si prosegue l'ebollizione a fiamma bassa per pochi minuti. Si filtra attraverso un colino e si consuma caldo o tiepido, ma mai bollente o freddo.

mercoledì 15 giugno 2016

Viola mammola: tè, sciroppo e decotto

Viola mammola: tè, sciroppo e decotto, questi sono solo alcuni degli usi che si possono fare della viola mammola che contiene un tesoro di preziosi benefici per la nostra salute. 


Viola viene dal nome della ninfa lo, che aveva appunto gli occhi viola; odorata perché emana profumo. La leggenda narra che Giove, dopo aver sedotto la bella ninfa fu costretto a trasformarla in mucca per sottrarla all'ira di Giunone. Costei, incredula del fatto che Giove si apparti con una giovenca entro una nuvola stagnante sui boschi di Lirce, chiede che il bianco animale venga sorvegliato da Argo, il cane d.ai cento occhi. E poi Mercurio, inviato da Giove a uccidere il mostro liberando Io che diventerà una divinità egizia. Scendendo sulla terra, gli antichi videro nella viola la raffigurazione dell'amore verginale e assegnarono alla pianta il ruolo di rappresentare la modestia e il pudore. Greci e Romani se ne coronavano il capo durante i banchetti e ne mettevano i fiori nel vino perché la credenza popolare diceva che il suo profumo teneva lontana la sbronza. Per questo e per averne sempre a disposizione coltivavano le viole in speciali giardini, i violarium. Nel '200 la Scuola Salernitana considerava la viola un rimedio efficace per combattere il mal di capo dovuto al troppo cibo. Nei tempi in cui erano numerosi i maghi e le fattucchiere, si usava il fiore per comporre filtri magici che garantivano amore eterno. La viola ha una prima fioritura in pieno inverno e infatti un vecchio detto. lombardo dice: "Per San Sebastian la Viola in man". Questo santo si festeggia il 20 gennaio.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Violacee. Le foglie sono riunite alla base in rosetta, hanno un lungo gambo e forma tonda culminante a punta, margine dentato e base cuoriforme. I fiori sono solitari, con lungo peduncolo che regge un calice diviso e una corolla di cinque petali blu-viola profumatissimi. Quello centrale si allunga all'indietro con uno sperone. TIfrutto è una capsula che si apre in tre parti con numerosi semi. , Ama i luoghi freschi, erbosi, le rive dei fiumi e i boschi. E molto comune sino a 1200 m. Dopo una prima fioritura invernale, fiorisce pienamente in primavera. Si usano le radici, le foglie e i fiori, che si possono far essiccare all'ombra, ma all'aria aperta. Anche secche le violette conservano intatto il loro profumo. I fiori contengono acido salicilico, olio essenziale, acidi organici, mucillagini e tannini; le foglie contengono tannini e saponine. La viola 'mammola ha proprietà diuretiche, sudorifere, emollienti, antinfiammatorie ed efficaci contro la tosse.

Utilizzo 

Le foglie si usano nelle minestre in piccole quantità; i fiori appena colti come aromatizzanti e complemento delle insalate, negli sciroppi, nei gelati, nelle marmellate e nei canditi. La medicina popolare, oltre alle foglie e ai fiori, usa anche la radice.

Sciroppo per la tosse: mettere in infusione 100 g di violette fresche in un litro d'acqua bollente; dopo 12 ore colare il liquido, spremendo bene i fiori, e aggiungere 180 g di zucchero. Filtrarlo dopo qualche giorno e riporlo in una bottiglia.

Decotto anticatarrale: far bollire 5 g di radici di viola in 300 g d'acqua. Quando il liquido è ridotto di un terzo, addolcire con un poco di miele e berlo subito.

Tè di violetta contro le infiammazioni bronchiali: versare un litro d'acqua bollente sopra 20 g di fiori freschi e lasciare in infusione per mezz' ora. Colare, addolcire con miele e consumare a bicchierini durante la giornata. Infuso contro l'emicrania: versare un pizzico di foglie secche di viola in una tazza d'acqua calda e lasciare in infusione per 10 minuti. Colare, zuccherare e bere all'istante.

Per eliminare il gonfiore prodotto da contusioni è efficace un cataplasma ottenuto con foglie di violetta fresche cotte in poca acqua e applicato ancora caldo, ma non bollente, sulla parte malata.

Infine un impiego casalingo: togliere i gambi alle violette fresche e farle essiccare rapidamente all'ombra. Versare sopra una lastra di metallo calda un po' di sale finissimo da tavola e, quando è perfettamente asciutto, mescolarlo ai petali di violetta. Conservare in una bottiglietta di vetro con il tappo smerigliato. Basta versare sopra un piattino un pizzico del preparato perché in breve si diffonda per l'aria un delicato e persistente profumo di violetta. Si può usare anche in armadi e cassetti.

lunedì 13 giugno 2016

Il Pomelo dalle mille proprietà

Il Pomelo, dalle mille proprietà, un grande agrume originario della Cina, frutto della pianta chiamata Citrus maxima o Citrus grandis, e ritenuta una delle tre specie da cui derivano gli agrumi di oggi, compresi cedro e mandarino. 

Degli agrumi è il più grande: fino a 30 cm di diametro e può arrivare a pesare anche 10 chilogrammi. La sua buccia è molto spessa è costituita da uno spesso strato di sostanza bianca e spugnosa detta albedo.

La sua buccia è liscia, ma presenta varie colorazioni che vanno dal verdino al rosato, mentre la polpa raggiunge i colori dal giallo paglierino al rosa fino al rosso. Il sapore è del tutto simile a quello del pompelmo. Solitamente si usa come frutto da tavola, ma anche in insalate, la buccia viene candita. Inoltre sempre dalla buccia si ricavano oli essenziali, mentre i suoi fiori servono a fare profumi. Dal legno invece si ricavano manici per utensili.


E' un frutto dalle eccezionali proprietà benefiche e nutrizionali esso infatti contiene:  vitamina C, beta-carotene, vitamine del gruppo B compresa la B9,   acido folico particolarmente importante per le giovani mamme durante la gravidanza.     Per la ricchezza di  potassio è un ottimo tonificante per il cuore; inoltre aumenta la vitalità, migliora l’umore, rafforza le energie e la capacità lavorativa.  Ha un alto potere saziante, accelera la sintesi delle proteine e dei grassi, nell’organismo, quindi si rivela utile per chi segue una dieta ipocalorica.  Contribuisce inoltre a regolare la pressione arteriosa e a prevenire l’arteriosclerosi.   Ma non finisce qui perchè il pomelo è ottimo nelle diete per il trattamento e la prevenzione dell’asma.

Ma quali altri usi? Nel Sud-Est asiatico si uano foglie, fiori e scorza per farne decotti, utili per il loro effetto sedativo nei casi di epilessia e tosse forte. Il decotto caldo delle foglie si applica su gonfiori e ulcere. Il succo di frutta viene usato come febbrifugo. I semi sono utilizzati contro la tosse, dispepsia e lombaggine. La gomma che trasuda dagli alberi si raccoglie in Brasile e si usa come rimedio naturale per la tosse. In purezza non contiene glutine, quindi va bene per i celicaci. Unica attenzione, lallergia alla buccia come per gli agrumi in genere.









martedì 7 giugno 2016

Calcoli Renali e la Renella: un decotto

Calcoli Renali e Renella: un decotto con tiglio bruno, paritaria, uva ursina, virgo aurea e menta piperita


Chi ha avuto una colica renale sa quale violentissimo dolore provoca. Solitamente queste coliche sono causate dalla presenza di calcoli, che potremmo definire dei sassolini che si formano nel tempo, costituiti fosforo, calcio, ossalato ecc. Essi si formano per cristallizzazione di sostanze che normalmente sono disciolte nelle urine.


In primis è bene, per chi è predisposto, avere un'alimentazione corretta, ad esempio per la calcolosi urica, è necessario eliminare cacciagione, acciughe, cioccolata, alcolici e ridurre le carni rosse. Per quella ossalica, attenzione a the, cacao e cioccolata, pepe, fichi, spinaci e a tutte le verdure a foglia verde. Per la calcolosi fosfatica, diminuire formaggi, uova, legumi, frutti di mare. Nella calcolosi calcica, ridurre latte e latticini. Inoltre molto aiuta a tenere i reni puliti e di norma sarebbe corretto bere da un litro e mezzo a trelitri di acqua al giorno in cui è consigliabile diluire una tisana. Ecco qui un decotto.

Decotto: bere più tazze nella giornata, meglio se diluite in acqua, tre tazze in due litri di acqua oligo-minerale e bere durante la giornata. Occorrono: Tiglio alburno g. 30, Paritaria pianta g. 20, Uva ursina foglie g. 20, Virgo aurea pianta  g. 20, Menta piperita foglie  g. 10. Vi ricordo che per la preparaione del decotto si procede così: mettere la miscela di piante in acqua bollente, coprire ilrecipiente e proseguire l'ebollizione a fiamma bassa per pochi minuti. Filtrare.


lunedì 25 aprile 2016

Estratti di ciliegio: bellezza e depurazione

Depurare il proprio organismo è una buona abitudine e lo si può fare in vari modi o secondo le proprie necessità in base ai risultati che vogliamo ottenere. Oggi ci dedichiamo alle proprietà depurative degli estratti di ciliegio ottimi per il benessere che per la bellezza.


Bruciare i grassi con il tè verde al ciliegio:  per tutto il mese di aprile bere si possono bere due tazze di tè verde sencha alla ciliegia (in erboristeria), arricchito da fiori di ciliegio: è un valido aiuto brucia grassi soprattutto su cosce e punto vita.

Anti ritenzione decotto di peduncoli: il decotto, combatte la ritenzione idrica e aiuta il riassorbimento dei ristagni localizzati, e questo grazie ai principi attivi quali potassio, flavonoidi, tannini, vitamine A e C, polifenoli viene stimolata l’eliminazione dei liquidi dai tessuti e tonificano i capillari. Procedete così: alla sera mettere a macerare una manciata di peduncoli in un litro di acqua fredda e al mattino preparare il decotto facendo bollire il tutto per 10 minuti e tenendolo in infusione per 30 minuti. Bere mezzo litro al giorno, 2 volte alla settimana.

Potete fare anche uno scrub riattivante strofinando la pelle umida con un sacchettino di cotone dove avrete inserito farina di riso, polvere di azuki e un pizzico di alghe, vi sarà utile per eliminare le impurità dalla pelle e allo stesso tempo stimolare la circolazione.




lunedì 29 febbraio 2016

Le proprietà terapeutiche del Fieno Greco

Quando si parla di Fieno greco (Trigonella foenum graecum) no nsi deve pensare all'alimentazione animale ma ai benefici che se ne traggono per la nostra salute. Viene principalmente utilizzato per il contenuto dei suoi semi, ricchi di sostanze mucillaginose e in particolare di albumine.

Nell’antichità si usava come surrogato del caffè e nella medicina popolare perchè efficace nel combattere parassiti intestinali.  Ma la sua principale proprietà è quella di essere un forte epatoprotettore, favorisce la lattazione, ottimo dunque per la produzione di latte materno nelle neo mamme. Ma è anche un portentoso rimedio naturale per anemia, un potente ricostituente, ed efficace nella prevenzione dell’ulcera.


Contiene larghe quantità di fosforo, rendendolo ideale come stimolante neuromuscolare, e la trigonellina, un alcaloide presente nei semi sembra sia in grado di stimolare il pancreas attraverso una azione ipoglicemizzante.

Ottimo lenitivo della tosse, il fieno greco va benissimo per riprendersi dall’influenza e se ne consiglia di diluirne l’essenza nel latte o in essenza di menta o arancio per combattere il cattivo odore e sapore che il fieno greco possiede.

Oltre all'uso interno il fieno greco può essere utilizzato per uso esterno infatti con i semi  si possono fare impacchi per gonfiori, ecchimosi evidenti e ulcere, si macinano i semi di cui  si utilizza solamente la polvere diluita con il latte per l’applicazione degli impacchi. Ecco qui come preparare un decotto:

0,5-3 grammi di semi di fieno greco in polvere
 ¼ litri d’acqua

Mettete a bagno la sera i semi in polvere, lasciando a bagno per l’intera notte. Al mattino fate bollire a sufficienza per almeno 15 minuti. Assumete il decotto 2-3 volte al giorno per aiutare il corpo a combattere l’infiammazione. Non vi sono particolari controindicazioni sull’assunzione del fieno greco, come sempre si raccomanda l’assoluta moderazione, ma si sconsiglia l’assunzione durante la gravidanza per possibili aumenti nella contrattilità uterina.

venerdì 1 gennaio 2016

Antichi rimedi popolari per il sonno: la lattuga

La saggezza empirica si tramanda di generazione in generazione, come l'uso delle erbe per altro. Non esistono trattati scientifici sugli antichi rimedi popolari, e ogni paese ha elaborato la propria tradizione. In tanta vaiertà, ecco uno degli espedienti più diffusi per ritrovare il bene inestimabile del sonno.


La lattuga
In molti paesi si mangia lattuga se si vuole riposare bene. Il lattucario, sostanza amarognola ha potere sedativo e ipnotico, è contenuto nel lattice che corre nelle nervature principali di questo vegetale e sgorga anche dal gambo quando si recide un cespo di lattuga. Nel passato è stato usato come succedaneo dell'oppio, soprattutto per ridurre l'eccitazione nervosa.
Gli insonni dunque consumino come verdura, a ogni pasto della sera, un bel cespo di lattuga bollita. Oppure, seguano il consiglio dell'antica medicina che prescrive, prima di coricarsi, 2-3 foglie di lattuga cruda, condita con miele.
Si può anche preparare un decotto: 1-2 foglie per 300 grammi d'acqua , far bollire una decina di minuti.


La lattuga è anche leggermente lassativa. Ci conferma la forza oppiacea di questa verdura chi vive in campagna e coltiva insalate. E' comune, infatti, trovare tra le foglie di lattiga diverse vespe, che di solito vi si intrufolano cercando rifugio o per vizio, completamente inebetite e con gli occhi appannati dal sonno.

martedì 29 dicembre 2015

L'Uva spina e i suoi segreti

Le ghiandole surrenali producono alcuni tipi di ormoni che influenzano l’attività dell’intero organismo. Quando il nostro corpo deve affrontare i cambi di stagione, o periodi di forte stress, queste ghiandole stimolate dal cervello,  secernono adrenalina e altri ormoni collegati alla risposta allo stress. Ma, se stress e affaticamento persistono, aumenta la sensibilità alle infiammazioni che ci predispongono alla stanchezza cronica, ma anche all’acne e alla cellulite favorite dall’eccesso di cortisolo. Possiamo allora far ricorso all'uva spina, che stimola la secrezione di interferone e corticosteroidi, gli ormoni che proteggono il corpo dalle infiammazioni e dai processi degenerativi.


L'uva spina è ricca di vitamine A,C e B, ferro e potassio. E proprio grazie alle vitamine contenute, essa è indicata per tutti gli stati di debolezza ed esaurimento. In caso di spossatezza legata ad anemia o malattie, di solito si associa il succo a 2 cucchiaini di miele. Le vitamine del gruppo B hanno un’ottima azione ricostituente e non vengono deteriorate dai processi di essiccamento delle bacche, da usare come snack immunostimolante per tutto l’inverno.

Oltre alle bacche si possono usare anche le foglie per preparare un decotto facendo bollire 50 bacche essiccate per 10 minuti a fuoco basso. Filtrare e berne due bicchieri al giorno. Protegge dalle infezioni e dalle prime malattie virali. Si possono aggiungere le foglie ben lavate a insalate e centrifugati. Promuovono la sintesi dell’interferone e rafforzano gli anticorpi.


venerdì 20 novembre 2015

La pratolina, per insalate, decorazioni, infusi e decotti

Bellis deriva dal latino e significa "leggiadro", "bello"; perennis perché fiorisce tutto l'anno. Protagonista di tante favole infantili, la pratolina o margheritina si fa rispettare per le doti medicamentose oltre che culinarie. Già nel '500 si asseriva che le sue foglie in insalata o cotte nel brodo avevano proprietà lassative e guarivano le infiammazioni della bocca e della lingua se masticate lentamente. La medicina naturale contemporanea ha ufficializzato queste proprietà e consiglia l'uso di fiori e foglie di pratolina come coadiuvante in numerose affezioni.


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta perenne priva di fusto appartenente alla famiglia delle Asteracee (ex Composite). Le foglie sono tutte disposte a rosetta alla base e hanno un corto gambo; a forma di spatola, hanno punta arrotondata e base che si restringe sino a formare il gambo che spesso è colorato di rosso; il margine è dentellato; da giovani sono pelose e il loro colore è verde scuro. I fiori sono solitari, portati da un gambo sottile e peloso. Quelli periferici sono bianchi o sfumati di rosso, quelli centrali sono gialli. La pratolina è comunissima nei prati, lungo le strade, negli incolti. Fiorisce tutto l'anno. Fiori e foglie si fanno essiccare all'aria ma all'ombra. I principi attivi sono olio essenziale, un principio amaro, acidi organici diversi e tannini. Ha proprietà diuretiche, lassative, depurative e stimolanti la sudorazione.

Utilizzo 

Le foglie, meglio dopo la fioritura, vengono usate in insalate composte con altre erbe selvatiche. Sono croccanti e molto saporite. I fiori, privati del calice, servono per decorare e colorare le insalate. Nella medicina popolare, tutta la parte aerea della pianta viene applicata, pestata, come astringente e lenitivo della pelle e delle mucose arrossate. Un infuso di fiori serve per le palpebre arrossate. Decotto contro le infiammazioni di bocca, faringe e gola: in mezzo litro d'acqua far bollire, per pochi minuti, una manciatina di fiori e foglie secche di pratolina. Filtrare il liquido quando è tiepido e usarlo per fare frequenti sciacqui e gargarismi.

martedì 17 novembre 2015

Infusi, decotti e tisane

Conosciute le erbe, conviene chiarire i modi delle preparazioni, dai quali pure dipende il risultato. Cominciamo dai termini. Con il termine infuso, infusione, si intende l'estrazione dei principi attivi delle parti tenere di un vegetale, di solito, fiori, foglie, fusti verdi, sommità fiorire, e si ottiene versandovi sopra acqua in ebollizione.

Un decotto è invece il liquido ottenuto facendo bollire in acqua da 5 a 20 minuti, sostanze vegetali più dure, come semi, cortecce, radici. Il periodo di 20 minuti è di solito richiesto per le sostanze molto legnose. Per entrambe le preparazioni, si suggerisce di attenersi alle regole che seguono:


  • Usare recipienti possibilmente non di metallo, ma smaltati, e non usare neppure cucchiai di metallo
  • Quando si prepara un infuso, versare sempre l'acqua in ebollizione sopra le erbe e non gettare le erbe nell'acqua
  • Lasciar riposare, coperto, per 5-10 minuti, secondo indicazione; un tempo troppo breve può non dar modo ai principi attivi di sciogliersi nell'acqua, e un tempo troppo lungo può liberare altre sostanze non desiderabili, come avviene per il tè.
  • Non conservare infusi e decotti per più di 24 ore
Le dosi indicate qui sotto valgono per le piante allo stato secco; circa uguali sono quelle per le piante allo stato fresco, che tuttavia possono essere aumentare

PICCOLA TABELLA PRATICA
una presa: 2-3 grammi
un cucchiaino: 5 grammi
un cucchiaio: 10 grammi
una manciata: 30-40 grammi

lunedì 9 novembre 2015

Il biancospino, il tranquillante del cuore

Il biancospino è un parente del melo, del pero, del cotogno. Da noi son comuni due specie di biancospini: il Crataegus oxycantha, con fiori forniti di due o tre stili e foglie poco frastagliate, e il Crataegus monogyna, con un solo stilo e foglie profondamente lobate. Entrambi fioriscono a primavera, nel mese di maggio, e illuminano con il candore fiori i boschi e le siepi di campagna.


A volte si confondono con lo spino nero, Prunus spinosa, ma all'epoca dei frutti non ci si può sbagliare: quelli dello spino nero sono nerazurri, quelli del biancospino rossi brillanti. Si tratta di una delle più belle piante della nostra flora spontanea, molto decorativa,  sia d'inverno con l'intrico nero dei suoi rami spogli, sia in primavera, durante la bianca fioritura, sia in autunno, con l'allegro accento rosso delle sue bacche.

Come medicina non ha una lunga storia dietro di sè. Solo alla fine del secolo scorso due dottori americani hanno ottenuto ottimi risultati impiegandone i frutti e i fiori in decotto nel trattamento delle angine e delle malattie dell'aorta.

Confermate le sue qualità sedative e antispasmodiche, il biancospino vide estendere il suo campo d'azione ai disturbi dell'apparato circolatorio e agli squilibri neurovegetativi. Soccorre, ad esempio, le donne nell'età critica ed è utile come "tranquillante" naturale.

Un trattamento prolungato si fa con il decotto: 30 grammi di fiori e frutti per ongi litro d'acqua; far bollire per 5 minuti e prenderne 4 tazze al giorno. Per una tisana ipnotica e sedante, da prendere prina di coricarsi, preparare una infuso con 1 cucchiaino di fiori per ogni tazza d'acqua in ebollizione.


venerdì 6 novembre 2015

La malva, il rimedio di Cicerone e Marziale

La malva, erba umile e agreste, fu tuttavia esaltata dalla scuola pitagorica come capace di grandi imprese: anche quella di liberare il corpo dalla schiavitù delle passioni. Senza arrivare a tanto, i medici concordano nell'affermare che un infuso di malva è eccelletnte per rimediare agli stati di infiammazione: coliche, cistiti, crampi, ascessi, mal di denti, mal di gola.

La malva agisce stendendo sul luogo del dolore la sua mucillagine, sostanze di cui è ricchissima , tenera, gelatinosa soave come una carezza. Per quanto ci si riferisce al sonno, dunque, la malva (Malva silvestris o rotundifolia) non potrà recar solievo se le turbe sono da imputare alla sfera delicata dell'anima e della psiche, ma solo quando si è resi inquieti da un malessere fisico.


La malva si può anche mangiare in minestre, frittate e in luogo degli spinaci. Cicerone e Marziale ne facevano gran uso, il primo per liberare il ventre pigro e restio (ufficio che anche l'infuso compie in modo eccellente) , il secondo per cancellare gli effetti di un'orgia.

Come racconta Virgilio, le capre malaticce brucano malva ad ogni pasto; i cavalli con la gastrite si giovano di un infuso di malva proporzionato alla loro taglia: 200 grammi di fiori e foglie in 5 litri d'acqua. Per l'uomo la dose è di 10 grammi in 5 litri d'acqua a bollore, cioè circa 1 cucchiaio di sommità fiorite (anche fresche) per ogni tazza.

In luogo della malva si può far uso della bismalva (Althea officinalis) ancor più persuasiva perchè è la due volte malva. Decotto di radici: 1 cucchiaino di frammenti per ogni tazza, far bollire 3-4 minuti. Il sapore non è strordinario: se si uniscono 2-3 frammenti di radice di liquirizia, le tisane di malva migliorano.


martedì 3 novembre 2015

Bistorta, caratteristiche, proprietà e usi di una pianta dimenticata

Il nome polygonum deriva dal fatto che il fusto porta grossi e numerosi nodi; bistorta per via della struttura rivoltata su se stessa. Quest' erba, che in Italia è sempre stata conosciuta e apprezzata soprattutto dalle popolazioni alpine, nei paesi del nord-Europa gode da secoli di grande considerazione. Addirittura, nel 1971 , il giornale londinese Times indisse un concorso per il più buon pudding fatto con la bistorta, allo scopo di rinverdire le tradizioni di questo dolce e proporre nuove ricette, ottenendo un insperato e clamoroso successo.


Caratteristiche e proprietà


Si tratta di una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Poligonacee. Ha radice contorta e fusto semplice eretto e fogliato. Le foglie basali sono allungate e ovali con un lungo gambo spesso alato e mcrespato. La superficie inferiore è di colore azzurro chiaro. I fiori sono molto piccoli, di colore rosa viola-rosso e formano una densa spiga. Il frutto è nero e achenio cioè secco e con un solo seme. Si trova nei prati montani e pascoli umidi in suoli ricchi di nitrati, nei pressi delle torbiere e dei laghi alpini, sino ai 2000 m. Le foglie basali, che vanno sempre usate fresche, si raccolgono dalla tarda primavera fino all'inizio dell'autunno. La radice si raccoglie in autunno e si fa essiccare al sole, oppure in forno, dopo averla ripulita, liberata da fili e piccole radici: lavata ed asciugata. I componenti della bistorta sono tannini, acidi organici, zuccheri, composti organici e calcio. Ha proprietà astringenti, antinfiammatorie e cicatrizzanti.

Utilizzo

Le foglie basali della bistorta sono da sempre usate cotte come succedanee degli spinaci e quindi con tutti gli usi di questi ultimi. Nel consumo occorre tenere presente la sua proprietà astringente. Nella medicina popolare si usa soprattutto la radice. A questo proposito studi recenti affermano che i principi  attivi della bistorta sono chimicamente vicini a quelli della ratania, costosissima pianta esotica, di cui la nostra pianta dei prati alpini è un ottimo succedaneo. Andrebbe quindi valorizzata per la sua azione precisa e mirata ad impedire lo sviluppo dei batteri e come disinfettante del cavo orale.
Colluttorio contro le infiammazioni della bocca e delle gengive: 50gr di radice cotta per mezz' ora in un litro d 'acqua. Colare e lasciar intiepidire prima dell'uso. Per la gola, fare gargarismi.
Decotto contro la diarrea: far bollire 40 g di radice m un litro d'acqua per mezz'ora. Colare, zuccherare e consumare a tazzine nella giornata.
Infuso contro le infiammazioni uterine: 40 g di radice di bistorta in un litro d'acqua bollente. Lasciare intiepidire e usare il liquido per irrigazioni.

venerdì 23 ottobre 2015

L'Acetosa, di qualche proprietà e la ricetta della salsa verde del 1766

Rumex significa "lancia" ed è riferito alla forma delle foglie; aceto sa per il sapore simile all' aceto. E certo che gli Egizi la raccoglievano in abbondanza e la servivano a fine pasto, come digestivo, persino alla mensa dei Faraoni. Anche i Romani ne fecero molto uso ' sia in cucina che come medicinale e la si ritrova menzionata da molti autori, fra i quali non manca Virgilio. Nel medioevo la si coglieva tenera per farne minestre e salse e per aggiungerla alle insalate, sottolineandone anche il valore medicinale, come in questo passo dei Consulti medici del Cocchi: "Sia il pranzo consistente in minestra brodosa molto, di carne con pane o paste, e bollitura di lattuga o d' acetosa" .


Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea, perenne, appartenente alla famiglia delle Poligonacee. Possiede fusto rotondo, leggermente scanalato; alla fioritura può raggiungere il metro di altezza. Le foglie della base hanno lungo gambo e sono a forma di lancia con punta acuta e margine ondulato; quelle del fusto sono prive di gambo. I fiori sono portati in una lunga spiga terminale e hanno sesso separato; il colore è verde chiaro sfumato di rosa. Il frutto è secco, contenente un solo seme (achenio) ricoperto da lamina alata ed ha colore rosso-bruno. Detta anche erba brusca, l'acetosa si trova nei prati e luoghi erbosi di tutta Italia ed è comune sino a 2000 m. Le foglie si raccolgono in primavera, nel periodo che va da marzo a fine aprile. Si usano sempre crude e quindi non vanno essiccate. Il sapore decisamente interessante e aromatico ha spinto gli orticoltori a selezionare anche aceto se da orto e se ne vendono le sementi con il nome di Rumex acetosa varohortensis o anche Rumex hispanicus. L'acetosa è ben dotata di ferro, molto ricca di calcio, di fosforo, è ricchissima di vitamina A, ha discrete quote di vitamina C e fibre alimentari. Fra i suoi componenti vi sono numerosi composti organici. Possiede proprietà ricostituenti, lassative, diuretiche, digestive, toniche, rinfrescanti, antinfettive, aperitive e depurative.

Utilizzo

Le foglie raccolte prima della fioritura, crude, sono ottime sui pomodori, in frittate e minestre. Tritate e miste a burro per tartine. Cotte, insieme ad altre erbe, per minestre. Il Cuoco piemontese, pubblicazione del 1766, riporta questa salsa verde all' acetosa: "Pestate un pugillo di acetosa in un mortaio, spremetene il sugo, indi passatelo allo staccio; mettetevi dentro del buon butirro maneggiato con farina, sale e pepe grosso, fate legare la salsa sul fuoco e servitene tanto di grasso, come di magro". Assai simile a questa preparazione è un' antica salsa lombarda: quella detta all' erba brusca. Le proprietà medicinali dell' acetosa sono sempre state tenute in grande considerazione soprattutto nelle campagne, tant'è vero che nel Milanese le fu anche dedicata una canzoncina. Le foglie di questa pianta hanno la proprietà di far sparire tanti piccoli disturbi quando si mangiano in quantità adeguata. Inoltre fanno passare, strofinate sulle parti interessate, le bruciature e le irritazioni dovute alle ortiche. Una manciata di foglie bollite per alcuni minuti in un litro d'acqua danno ristoro ai piedi stanchi e che sudano facilmente. Un decotto di foglie d'acetosa al 5% serve a lenire le infiammazioni della bocca e della gola in gargarismi e sciacqui.
Cataplasma contro gli ascessi freddi: un pugno di foglie cotte, intiepidite e mescolate a un cucchiaio d'olio purissimo d'oliva. Applicare mediante una falda di garza. Un'unica controindicazione: per la presenza di ossalati è sconsigliato un uso costante ed eccessivo di acetosa a chi soffre di calcolosi, di disturbi gastrici ed epatici.

mercoledì 9 settembre 2015

Barba di meliga: il mais che depura

Il mais o granturco è parte integrante della nostra alimentazione, le sue belle pannocchie, dalle tante varietà e i suoi chicchi, vengono usati in cucina in tantissimi modi. Meno conosciute invece sono le proprietà della sua "barba", utilizzata invece nella fitoterapia. Le barbe di meliga non sono altro che quei sottili filamenti che fuoriescono dall'involucro che protegge la pannocchia, scientificamente parlando essi sono gli stigmi dei fiori.

Quando son freschi, tali filamenti sono di colore giallino, colore che va via scurendosi mentre si essiccano fino a diventare rosso-bruni, ed è proprio a questo punto che essi diventano un potente diuretico. Proprio questa sua caratteristica rende le barbe di meliga utili nella cura delle affezioni genitali e urinarie, in particolare si rivelano ottime per la cistite e la prostatite nelle loro manifestazioni croniche.Un' altra delle sue proprietà è che le barbe sono un buon antispastico efficace contro i crampi alla vescica e all'utero, ed in generale sono un depurativo dell'organismo.

Come si usano le barbe di meliga? In fitoterapia si usano sottoforma di infuso o decotto entrambi utili in caso di coliche ed edemi renali e per la ritenzione idrica, nemica giurata delle donne. Bisogna però prestare attenzione e farsi consigliare sempre da un esperto, poichè in soggetti predisposti possono provocare reazioni allergiche. Ecco dunque come preparare un infuso e un decotto.

Infuso:  porre una bella manciata di barbe in un litro abbondante di acqua e  consumare da 5 a 6 tazze al giorno.

Decotto: per uso esterno,sulle parti doloranti, si prepara con una buona manciata e mezzo di barbe in un litro d’acqua. Con le stesse proporzioni di barbe e di acqua si possono preparare anche bagni e pediluvi.


mercoledì 2 settembre 2015

Caratteristiche, proprietà e utilizzo della Bieta erbetta: la ricetta di Messer Messisbugo

Caratteristiche e proprietà 

Si tratta di una pianta erbacea, annuale o perenne, appartenente alla famiglia delle Chenopodiacee. E' un cespo alto anche 40 cm. La radice non è commestibile. Le foglie sono munite di lungo gambo, hanno base tronca, margine ondulato, punta acuta o tondeggiante, colore verde scuro.

I fiori sono portati da un lungo gambo che compare nel secondo anno di vegetazione. Sono piccoli, verdastri e formano una pannocchia scomposta. Spontaneamente è diffusa nelle zone marittime dall'entroterra sino alla zona collinare, dove però è piuttosto scarsa.

 Diventa presto infestante perché ogni individuo produce una grande quantità di semi. Coltivata, ha bisogno di umidità in posizioni ampie e ariose. Si raccoglie dalla tarda primavera in poi. La bieta va utilizzata sempre fresca e non si procede alla sua essiccazione. E tra le verdure più dotate di vitamina A e contiene altri importanti minerali e vitamine nonché proteine, zuccheri e fibre alimentari. E indicata dai medici naturisti, nelle forme di anemia, nei disturbi renali e nella cistite. È lassativa, rinfrescante, diuretica, ed aperitiva.

Utilizzo 
Già nel 1549 il Messisbugo, famoso creatore di ricette presso la corte degli Estensi, dava questa ricetta di torta di bieta: "Prendi una buona manciata di bieta; e ben lavata la triterai minuta e la porrai in un tegame con due libbre di buon formaggio duro ben grattato, una libbra e mezza di burro fresco, sei uova, pepe pestato, un pizzico di zenzero e cannella, se qualcuno vuole anche mezza libbra di zucchero, ma solitamente non si mette. Poi farai le due sfoglie di pasta, bene impastato il tuo battuto e unta la teglia con due once di burro fresco vi metterai uno strato di pasta ed il battuto sopra. Poi gli porrai sopra l'altro strato di pasta, facendo il suo rotello intorno, sopra porrai quattro once di burro fuso. Poi cuocerai nel forno o sotto il testo.

Quando sarà quasi cotta porrai sopra da tre a quattro once di zucchero" . Anche oggigiorno la bieta viene utilizzata solitamente cotta e la troviamo presente in tutta la cucina regionale italiana: in Lombardia, ad esempio, si accompagna al riso; in Liguria la troviamo nel ripieno dei ravioli di magro; in Trentino Alto Adige si mescola negli strangolapreti; nel Veneto dà corpo ai cassunziei; in Emilia, senza di essa, non sarebbe mai nato l'erbazzone; nel Lazio è piatto a sé, soprattutto col pomodoro; in Puglia la troviamo nel sugo; la Basilicata vanta i suoi calzoni di bietole; la Sardegna la inserisce nella zuppa.

Anche nella medicina popolare, il modo migliore per utilizzare la bieta è consumarla cotta, come gli spinaci, o stufata. E possibile tuttavia preparare un decotto, lasciando bollire 20 g di foglie in tre quarti di litro d'acqua. Quando il liquido è ridotto a,mezzo litro, si fa raffreddare e si beve a bicchierini durante la giornata. E utile come coadiuvante nella cura dell' anemia e dei disturbi renali, è invece piuttosto dannosa per coloro che soffrono di calcoli da ossalati.

martedì 4 agosto 2015

Tisana, infuso e decotto, ma la differenza?

Tutti ne parlano, ma chi veramente, se interrogato sa spiegare quale differenza sussiste tra tisana, infuso e decotto? A volte persino in qualche erboristeria serpeggia l'ignoranza. La principale differenza fra i tre sta nella scelta degli elementi naturali: radici, fiori, frutti e foglie. Non solo il quid sta naturalmente, nella preparazione.

Per la tisana si utilizzano indistintamente sia le parti tenere sia quelle legnose delle piante, che poi vengono gettate in acqua già bollente, con un tempo di riposo massimo di 5 minuti.

Per peparare un infuso si utilizzano invece le sole parti tenere delle piante, come fiori e foglie, sulle quali viene versata dell'acqua bollente filtrando poi il liquido dopo 5-10 minuti.

Per il decotto si scelgono invece le parti più resistenti e dure, come radici e cortecce, che si mettono in acqua fredda e si lasciano bollire per 5-10 minuti. Dopo il tempo di bollitura si lascia riposare il tutto per altri 10 minuti e infine vengono filtrate le parti naturali con il loro liquido.

venerdì 22 maggio 2015

La Bistorta, naturale antinfiammatorio che aiuta il microcircolo

Il nome già ci dice qualcosa di lei, Bistorta, una piantina dagli steli particolarmente nodosi, tanto che il suo nome botanico è Polygonum Bistorta (dal greco che significa infatti molti angoli). Ma nonostante sia per così dire stortina, questa piantina è un concentrato di virtù. La prima e più apprezzata è la sua proprietà antinfiammatoria, in particolare la Bistorta contrasta le infiammazioni della bocca e della gola.


Tra l'altro è il periodo giusto per raccoglierne foglie e rizoma con cui si possono preparare infusi e decotti, che si usano proprio come colluttorio e si rivelano efficaci anche per i gargarismi. Se siamo affetti da mal di gola che in questo periodo è comunque in agguato, e si vuole potenziare l'effetto di questa utile pianticella, si può aggiungere la tormentilla  e alcune gocce di tintura di propoli.

Inoltre dovremmo tener cara la bistorta perchè è ottima per la prevenzione dei disturbi legati alla circolazione, e questo perchè è un buon vasocostrittore la cui azione agisce particolarmente sul microcircolo. In questo caso si può usare la tintura madre, circa 20 gocce due volte al dì, e tra l'altro tale tintura si può aggiungere anche alle pomate per il trattamento di vene varicose ed emorroidi.

La polvere delle radici se aggiunta al miele di eucalipto o timo che hanno la proprietà di contrastare le infiammazioni e le infezioni di utero e intestino, ne potenzia gli effetti. Ne basta un cucchiaino  due o tre volte al giorno. Sembra anche la bistorta sia utile in caso di emorragie uterine in pre-menopausa o post gravidanza. E poi non dimenticate, questa piantina è buona anche se gustata in insalata, sostisce infatti gli spinaci.

sabato 16 maggio 2015

Massaggi e carezze, Bagni e pediluvi

Bagni caldi calmanti, prima di coricarsi, aiutano a eliminare alcune delle cause dell'insonnia: rilassano la muscolatura , sciolgono la fatica, distendono i nervi e danno una sensazione di grande benessere. L'acqua è sempre stata una grande alleata della salute; tutte le civiltà, anche le più antiche e primitive, ne hanno sempre fatto uso e non al solo fine igienico, anzi, soprattutto per procurarsi piacere e beneficio.

Bagni curativi si possono fare in tre modi: sia aggiungendo un infuso concentrato o un decotto all'acqua, sia mettendo una buona manciata d'erbe fresche o secche in un sacchetto, appendendolo sotto l'acqua bollente che scende dal rubinetto e lasciandolo poi nella vasca per tutta la durata del bagno. Oppure, aggiungnedo all'acqua oli essenziali.


La temperatura dell'acqua deve restare tra i 28° e i 35°; una temperatua troppo elevata rende fiacco l'organismo e lo deprime eccessivamente; e può anche capitare che un bagno troppo caldo con l'aggiunta di un'erba officinale, ad esempio la lavanda, produca l'efftto contrario a quello desiderato, rivelandosi non calmante ma eccitante.

Una gran parte delle piante officinali contiene un olio etereo, olio essenziale, ossia una sostanza di complessa natura chimica, estremamente volatile e molto aromatica, che si ottiene per distillazione: nell'essenza si raccoglie sovente tutta la virtù medicamentosa di un'erba.

Se è lecito il paragone, si potrebbe dire che un'essenza sta a una pianta, per purezza concentrazione, come un diamante sta al blocco di roccia che lo racchiude.

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