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sabato 23 aprile 2016

Hai voluto la biciletta? O pedala

La vecchia saggezza popolare vince su tutto e ci tramanda alcuni detti che anche oggi siamo soliti ripetere in determinate occasioni

HAI VOLUTO LA BICICLETTA? O PEDALA: è il mal voluto non è mai troppo e chi è causa del suo mal pianga se stesso riuniti in un unico e curioso modo di dire che  il pregio di non essere sentenzioso nè aulico

HO RIFATTO ANCO 'R MAONE: è un modo di dire popolano, ovviamente non raffinato, quando si è preso un purgante piuttosto drastico. Lo dicono a Pisa; e MAONE significa stomaco


IL MEGLIO COMPANATICO E' LA FAME: si dice quando i bambini fanno storie per mangiare: è una saggezzza sentenziosa che di solito non fa nè caldo nè freddo ma la frase lusinga chi la dice, se non altro per il suo contenuto sociale

IL MORTO E' SULLA BARA: cioè le carte sono in tavola; le cose stanno esattamente così; e anche, non c'è più nulla da fare. Modo di dire non molto allegro, che dà, tuttavia, l'idea dell'ineluttabilità.

IL PANE E LA SASSATA: il lato buono e quello cattivo; il vantaggio e lo svantaggio. "Dare il pane e la sassata" equivale a fare un favore ma con modi sgarbati.


giovedì 21 aprile 2016

Gli sta il dovere, gna, gnegnero, gonfiare, gradole, graticcio

Sapevate che nel pisano gnegnero significa cervello e che a Lucca gradole son le scale? NOn si finisce mai di stupirsi con i vecchi detti e le parole di un tempo.

GLI STA IL DOVERE: ben gli sta; se lo merita: una punizione meritata, con una sottintesa soddisfazione di chi pronuncia la frase

GNA: aferesi di bisogna. "Gna che ti mi dica icchè tu vo' fare".

GNEGNERO: termine familiare per cervello. "'Unn' ha punto gnegnero". Gnegnera, nel Pisano, è una donna lenta e dappoco (a Lucca gnenora)


GONFIARE: modo volgare per : mettere o essere incinta. "O la tu' moglie icchè la dice?" "Lei? la un dice nulla. La sta zitta e gonfia". Scherzoso doppiosenso riferibile anche a chi tace per non arrabbiarsi o non compromettersi, ma cova l'ira fino a esplodere

GRADOLE: a Lucca e a Pietrasanta sono le scalinate, specialmente delle chiese

GRATICCIO: si dice di una persona, specialmente di una donna, che è tanto magra da mostrare le costole, oppure malazzata

martedì 19 aprile 2016

Mi chiamo fuori, galllina mugellese ha cent'anni e mostra un mese, gare, garbino morì, gestri

Anche le galline hanno avuto la loro parte nei detti toscani, o il pianto dei bambini, o i classici versacci che si fanno con la faccia.

MI CHIAMO FUORI: lo dice chi chiaramente non condivide responsabilità con qualcuno o qualcosa. "Fa come tu vuoi: io fuori mi chiamo!", cioè mi dichiaro (chiamo) fuori da ogni responsabilità


GALLINA MUGELLESE HA CENT'ANNI E MOSTRA UN MESE: si dice di chi non dimostra gli anni che ha. Le galline mugellesi sono piccolissime

GARE: è il pianto dirotto dei bambini (Siena). In Versilia: "Gli èn prese le gare", quando il bambino, piangendo convulsamente, rimane per qualche attimo senza respiro

GARBINO MORI': e, sottinteso, "Gerbaccio restò lì". Rimprovero familiare per una persona sgarbata, senza delicatezze.

GESTRI: moine; smorfie; svenevolezze. Sinonimo di fichi, daddoli

lunedì 18 aprile 2016

Giacchiata, giannetta, gigliato, giramento, giro pesca

Dalla pesca, da un bastone da passeggio, da una moneta fiorentina...altri interessanti parole che hanno dato vita ad alcuni detti toscani.

GIACCHIATA: una gran quantità di cose in un colpo solo, allo stesso tempo. "Prendere una giacchiata con un terno secco". Viene da Giahhio che è una rete da pesci; quando è lanciata si pare si apre in tondo, per aria, e subito si richiude sott'acqua per effetto dei piccoli piombi fermati giro-giro; così i pesci restano in trappola.

GIANNETTA: è ancora, nel dialetto campagnolo, il bastone da passeggio, sottile ed elegante

GIGLIATO: a Firenze una cosa è gigliata quando è particolarmente bella e anche di valore. Derivata eidentemente dal fiorino d'oro, moneta gigliata perchè coniata con l'impronta del giglio fiorentino

GIRAMENTO: pessimo umore; uggia, rabbia. "Ibambini piccini mi fanno venire il giramento"

GIRO PESCA: un affare poco chiaro, non troppo corretto






mercoledì 13 aprile 2016

Gli dà noia le 'arozze che passano a Montenero, gli è un desio, gli è pell'oche

I livornesi sono campioni di motti e modi di dire, ma non solo, anche i fiorentini sono geniali nelle loro sortite verbali.

GLI DA' NOIA IL PUZZO DEL CRISTIANO: si dice di una persone poco socievole, di carattere difficile

GLI DA' NOIA LE 'AROZZE CHE PASSANO A MONTENERO: lo dicono i livornesi di chi è insofferente, non può sopportare la minima cosa. E' inutile aggiungere che fra Livorno e Montenero ci sono nove chilometri di distanza


GLI E' UN DESìO: è un vero piacere, una soddisfazione. Usato anche in senso ironico per significare tutto il contrario

GLI E' PELL'OCHE: quando i ragazzacci fiorentini non portavano i bluejeans e i capelloni ed erano parenti stretti degli scugnizzi napoletani, possedevano una carica contestatrice istintiva e artigianale che spesso era un divertimento per gli altri. Così quando arrivava l'estate e spuntavano i banchi all'aperto dei cocomeri con i loro trionfi di fette rosso fuoco, si piazzavano sul lato opposto della strada e facendo eco al richiamo del venditore che ne decantava la frechezza "Diaccio! Diaccio!", urlavano: "Gli è pell'oche!", perchè le oche mangiano anche la roba andata a male. Poi il detto è passato a indicare le persone vecchie e malandate e qualsiasi cosa di scarto.


domenica 10 aprile 2016

Guardare al lucignolo e non all'olio, hai detto steccolo, hai detto un baffo di cea

GUARDARE AL LUCIGNOLO E NON ALL'OLIO: curarsi delle cose insignificanti e trascurare quelle importanti

HAI DETTO STECCOLO: hai detto una cosa da nulla! Espressione ironica molto diffusa a Pisa e a Livorno

Le anguilline dette CEE

HAI DETTO UN BAFFO DI CèA: ha detto nulla! E' un altro esempio di figura retorica frequentissima a Livorno, ma anche in tutta la Toscana: ironia per dire il contrario. Le CEE, lo sanno tutti, sno le anguilline minuscole, filiformi, di pochi centrimetri (figurarsi la lunghezza delbaffo) che si pescano alla foce dell'Arno e nei fossi fra Pisa e Livorno quando, appena nate, risalgono dal mare. Cotte in un po' d'olio, con qualche foglia di salvia, due spicchi d'aglio, sale e pepe, sono il piatto più ghiotto della cucina locale. "O lle cee! Semo giusti, un enno bone?" scrive renato Fucini nella sua poesia in vernacolo pisano Er cicerone e l'inghilese. Nessuno, nemmeno i più colti, pronunciano "ceche" o "ciech" o con leggera aspirazione: CèE, si deve dire. A Viareggio, però le chiamano CéE, con la prima "e" stretta.

martedì 8 marzo 2016

Frazio, freghe, fregna, frescume

FRAZIO: il Fanfani lo registra come termine pistoiese: è propriamente l'odore acuto e sgradevole della cane o del pesce che cominciano ad andare a male; ma è usato anche per qualsiasi cattivo odore

FREGHE: massaggi, frizioni. "Non gli fanno nemmeno le freghe" si dice di un'azione priva di efficacia; cioè non gli fa neppure vento. Le FREGHE, nel pisano, sono anche i segni lasciati dallefrustate sulle gambe; siignificato, speriamo, in disuso

FREGNA: contrariamente al significato osceno che ha in dialetto romanesco, in Toscana vuol dire cosa di poco conto, inezia, sciocchezza (a meno che il vernacolo, anche qui, non si serva della solita ironia per definire superflua una cosa indispensabile)

FRESCUME: in Versilia è quel cattivo odore che le uova e il pesce laasciano sui piatti

venerdì 4 marzo 2016

Forza buco, fottio, fottuto, fotta, fragolino, fra lusco e brusco | Parole e verbi in disuso

FORZA BUCO: modo molto popolano per incitare a uno sforzo (per esempio chi pedala in bicicletta su una salita)

FOTTIO: rumore fastidioso; ma con lo stesso sostantivo si indica anche una grande quantità. "Un fottìo di gente"; "Fottìo di quattrini"


FOTTA: significa rabbia. "Mi fanno fotta" è il titolo di un sonetto di Renato Fucini

FOTTUTO: rovinato; anche ingattato. "Vai a fatti fottere!", eufemismo, per modo di dire, di "vai a quel paese"

FRAGOLINO: è un aggettivo del vernacolo versiliese che indica qualità scadente, di poco pregio, o, come minimo, nè bello nè brutto. Deriva dall'uva fragolina che avendo gusto di fragola non è adatta per fare buon vino

FRA LUSCO E BRUSCO: nella penombra che precede l'alba e sul far della sera. Per estensione significa: nell'incertezza; a occhio

giovedì 3 marzo 2016

Fiorentin mangia fagioli lecca piatti e romaioli, la vera ricetta fiorentina dei fagioli all'uccelletto | Parole e verbi in disuso

FIORENTIN MANGIA FAGIOLI LECCA PIATTI E ROMAIOLI: per questa strofetta un tempo si poteva scatenare una rissa, quando i fagioli erano ritenuti cibo volgare, da poveracci. Oggi non mancano mai nel menù del ristorante di lusso: pastosi, quasi senza buccia, morbidamente velati d'olio o rossi di pomodoro sono il simbolo della vera cucina casalinga. I turisti, milanesi, i romani, credono che Firenze sia sinonimo di bistecca alla brace, cioè di "fiorentina"; a tavola con una bistecca davanti credono di avere la città nel piatto, saporita, sanguigna, un po' esagerata e plateale. Per un fiorentino, invece, solo il "conchino di fagioli" può evocare la fuligginosa, sapida, genuina trattoria della vecchia Firenze. La bistecca, in fondo, è sempre stata cibo d'élite, da signori. Fagioli dunque. E non si capisce perchè nello stemma di Firenze ci sia un giglio e non un fagiolo. Una volta, al Circolo degli Artisti di Via de' Servi venne servito un banchetto esclusivamente a base di fagioli, mentre i commensali facevano coro cantando l'Inno al fagiolo:


Ave o fagiolo
divinamente fiorentino
cui natura diede forma di cuore
come del fatal viscere umano.

.................................................

Cosparso l'edulio con olio soave dei colli toscani
battezzandolo al Chianti generoso e al Pomino soave.
Leviam fratelli di mensa
l'Inno secolare:
Ave o fagiolo

Ecco qui la vera ricetta fiorentina per i fagioli all'uccelletto: mettere un mezzo chilo di fagioli bianchi e piccoli in un recipiente non grande d'acqua fredda che li ricopra di almeno tre dita. La cottura, a recipiente coperto e basso bollore, dura tre ore se i fagioli sono secchi, un'ora se sono appena sgranati (la pentola a presione non è contrindicata, dato che concorre alla concnetrazione del profumo e del sapore, ma i tempi di cottura, naturalmente, sono differenti!). Nel frattempo si fa a a parte una salsa mettendo in una teglia una diecina di cucchiai di olio di oliva, otto foglie di salvia, due spicchi d'aglio no nsbucciati e un po' schiacciati. Appena la salvia scurisce si buttano in padella cinque grossi pomodori maturi sbucciati e spezzettati e si rigirano quasi di continuo per spappolarli. Quando il pomodoro è cotto si passano nella padella i fagioli sgorndati e vi si fanno bollire per una diecina di minuti, con un po' di sale, se occorre, e un po' di pepe. I fagioli all'uccelletto  devono quasi sguazzare nel sugo.

Pellegrino Artusi, cuoco massimo ma non fiorentino, li chiamava "fagioli a guisa d'uccellini": con il rischio che qualcuno, a Firenze, per il gran ridere rimanesse soffocato, magari da un fagiolo. Ma a proposito della strofetta "Fiorentin mangia fagioli": è singolare che la tecnica dell'insulto toscano abbia tanto abusato dellafama dei fagioli cibo da poveri. Ricalcata pedestramente, salvo le inflessioni dialettali, ecco una SCANZIFOLLETTA versiliese che prende in giro gli abitanti di Carrara: "Carrarin mangiafagioli, leccapiatti e tovaglioli, de fagioli 'un ce n'è più, Carrarin porco fottù".


mercoledì 2 marzo 2016

Fido, figliolo, figura cacina, fila | Parole e verbi in disuso

FIDO: in varie espressioni prende il significato di arrendersi. "E' un gran lavoratore che 'un direbbe mai fido" è frequente in Versilia. Nel gergo dei giochi infantili, quando i bambini si rincorrono e uno non ne può più grida: "Fido!"; ed è il segnale di tregua che gli inseguitori rispettano per una tacita cnvnezione che farebbe invidia all'ONU.

FIGLIOLO: i veri fiorentini non dicono mai figlio, ma "figliolo", senza fare alcuna differenza di età. Figlio, in bocca loro, è come una parola scelta, poetica, un'affettazione. Salvo poi, afferma il Volpi, che in un momento di malumore non usino figlio per qualche espressione energica e poco poetica, come "Figlio d'un cane!" In realtà, quando si vuol dare una  particolare forza all'espressione si dice proprio "Figliol d'un cane!"


FIGURA CACINA: brutta figura. "Pe' andare a i' teatro 'gna mettessi 'n ghingheri, sennò si fa una figura cacìna".

FILA: per i vecchi fiorentini è ancora sinonimo di rosticceria. Secondo il Rigutini e Fanfani "laFila si chiama a Firenze una bottega dove si vendon vivande cotte arrosto, forse perchè prima è servito chi prima arrvia, e gli altri stanno in fila aspettando". O forse si chiama Fila perchè i polli, gli uccellini,i fegatelli sono infilati nello spiedo.

lunedì 29 febbraio 2016

Fetta, fiacchere, ficattola, ficca e cava, fico lesso | Parole e verbi in disuso

FETTA: ristrettezze economiche. "Essere alla fétta". aver miseria. Forse da òffa, offetta; o anche da affettare, razionare

FIACCHERE: carrozza pubblica a cavalli; ovvero, carrozza di piazza, guidata, ovviamente, dal fiaccheriaio. E' corruzione del francese fiacre, da Saint Fiacre, un eremita la cui immagine si trovava come insegna sul deposito delle carrozze che facevano servizio per il santuario a lui dedicato a Meaux. Il fiacchere non va confuso con il "bàghere" che è invece una carrozzino a quattro ruote, senza sportelli e senza cassetta, per tre persone


FICATTOLA: contrariamente a quanto si potrebbe malignamente pensare è una prola vernacola che può essere deta anche in presenza di minorenni e di signore anziane. Indica una specie di torta di fichi secchi seccati in forno e presati; ha la forma rotonda del panforte e un sapore gradevolmente amarognolo (derivato dalla caramellatura per la permanenza in forno). In certe zone della Toscana, "ficattola" è un impasto d'uova e farina (meglio pasta lievitata) messo in padella a tagliolini che si gonfiano e poi raggrinziscono. "Fare una ficattola" significa spiaccicare, ammaccare qualcuno

FICCA E CAVA: lo dicono a Bagni di Casciana (Pisa) e anche altrove quando le scarpe sono troppo grnadi e camminando escono  unpo' dai piedi.

FICO LESSO: modo di dire ironico per indicare una persona svenevole e che si lamenta per un nonnulla.

venerdì 26 febbraio 2016

Fare il nesci, fare i lombi, fare la frangia, fare la frusta per il proprio culo, fare specie, fare una bella chiappa | Parole e verbi in disuso

FARE IL NESCI: fingere di non sapere, di non capire. Viene dal latino nescio/nescire

FARE I LOMBI: modo di dire ironico: arricchire. "Con lo stipendio solo 'un si fa i lombi"

FARE LA FRANGIA: raccontare aggiungendo qualcosa di proprio: esagerare. "Per me se il tempo, e presto, non si camgia e non si fa più dolce e temperato basìsco certo, e non vi fo la frangia" (Andrea Casotti, "Capitolo della State)


FARE LA FRUSTA PER IL PROPRIO CULO: agire contro il proprio interesse

FARE SPECIE: meravigliare, provocare stupore. "Mi fa specie che così bellina la non si sia ancora fidanzata". Può anche prendere significato di fare schifo, ribrezzo: " A quello non gli fa specie nulla"

FARE UNA BELLA CHIAPPA: modo di dire ironico per prendere in giro se stessi o qualcuno a causa di un cattivo guadagno da una cosa che prometteva bene. Chiappa viene dal verbo chiappare, ossia prendere; quindi: una bella presa. Ma dall'espressione non è certo il significato di chiappa=natica, con le conseguenti implicazioni di scherno.


giovedì 25 febbraio 2016

Senza babbo nè mamma, senza dire nè ai nè bai, serra serrante, servire nel coscetto | Parole e verbi in disuso

SENZA BABBO NE' MAMMA: si dice soprattutto di un discorso senza senso comune, privo di logica

SENZA DIRE NE' AI NE' BAI: inaspettatamente; fare qualcosa senza avvertire e, anche, senza tanti complimenti


SERRA SERRANTE: gioco-cantilena per bambini piccoli nelle campagne della versilia. Ci si mette a sedere e si prende il bambino sulle ginocchia, faccia a faccia, gli si afferrano le manine e si fa ondeggiare avanti e indietro cantilenando: "Serra serrante, le pecorine bianche, bianca è la luna, bianca è la donzella, la donzella vuol marito, con quattro anelli in dito, due d'oro, due d'argento, che costin cinquecento, cinquecento e una collana, una pecora senza lana, un onton senza le crone, si sta ben quando si dorme"

SERVIRE NEL COSCETTO: servire nel migliore dei modi. E' una metafora dal linguaggio di macelleria: il "coscetto" è una parte scelta della bestia




lunedì 22 febbraio 2016

Far cilecca, farci l'occhio, far da gobbo, fare a cozzi co muriccioli | Parole e verbi in disuso

FAR CILECCA: fa cilecca chi finge di fare una cosa e non la fa. I dizionari di lingua riportano la locuzione, ma riferita alle armi da fuoco che non sparano mancando il colpo. In Toscana, invece, è un modo di dire soprattutto fnaciullesco: fingere di offrire una ghiottoneria e poi ritirarla. L'etimologia "cilecca" è incerta: c'è chi eruditamente la fa derivare dalla voce dialettale bavarese Schleck che vuol dire scherno, e chi molto più semplicemente, riferisce al verbo leccare, cioè toccare leggermente con la lingua.

FARCI L'OCCHIO: abituarsi a qualcosa

FAR DA GOBBO PER NON PAGAR GABELLA: fingere di non sapere, di non capire o di non vedere. La frase è molto nota, tanto è vero che ne viene detta solo lap rima metà, sottintendendo la seconda. "Far da gobbo" è probabile che abbia avuto origine dal fatto che quando uno simula di non sapere, di solito alza una spalla, specialmente quella destra. Ma la seconda metà del modo di dire, "per ono npagar gabella", avvalorerebbe l'altra versione secondo la quale uno si sarebbe fatto passare per gobbo allo scopo di nascondere merce di contrabbando in una finta gobba.

FARE A COZZI CO' MURICCIOLI: lottare contro qualcuno più forte, irremovibile, o contro una situazione che non può essere mutata.

venerdì 19 febbraio 2016

Falla finita sennò fai piovere, fantino, far camiciola, far cascare il pan di mano, farci il crocione, farci la bocca

FALLA FINITA SENNO' FAI PIOVERE: modo canzonatorio per far smettere chi canta male

FANTINO: prepotente, riffoso, capace di fare per picca qualsiasi cosa anche poco corretta. "Lui gli è fantino di fa' questo e altro".

FAR CAMICIOLA: imbrogliare nel gioco; intendersela con l'avversario a danno degli scommettitori

FAR CASCARE IL PAN DI MANO: scoraggiare, disgustare

FARCI IL CROCIONE: promettere solennemente di non fare un'altra volta una derterminata cosa o di non ripetere lo stesso errore

FARCI LA BOCCA: sperare in qualcosa, quasi con la certezza di ottenerla

giovedì 18 febbraio 2016

Esser più ignorante della piena del '59, esser sull'undici once, ette, fa filo

ESSER PIU' IGNORANTE DELLA PIENA DEL '59: spesso ignorante è usato in senso spregiativo e tipicamente toscano di "villano", "senza riguardi". Nel 1859 ci fu un'alluvione dell'Arno particolarmente disastrosa e il modo di dire è rimasto , appunto, in tutto il Valdarno superiore.

ESSER SULL'UNDICI ONCE: esser sul punto; vicino; star per compiere una cosa. La vecchia libbra toscana er a di 12 once, quindi undici once circa è quasi una libbra. Dice il Guadagnoli in una delle sue Poesie giocose:
E' ver che il campanil non è diritto,
e par sull'undici once per cascare
Se all'essere si sostituisce stare, "sta sull'undici once", si dà l'idea dell'incertezza di chi non si decide a fare qualcosa



ETTE: espressione familiare per indicare: poco o nulla. "C'è mancato un ette"; "Non ci ho capito un ette". L?etimologia può essere dal al tino HETTA O HEOTA che significa cosa da nulla, oppure dal latino ET per la brevità della particella copulativa.

FA FILO: essere utile; riuscire di giovamento. E' più comune lungo il litorale tirrenico che , per esempio, a Firenze. "Ricatta anco gli stecchi, mi  cicchina, che quando è freddo fa filo tutto", dicono nelle capagne dell'entroterra versiliese. A Livorno: "Tutto gli fa filo", di tutto si approfitta. A Pisa "dar filo"  a uno significa superarlo, vincerlo.

lunedì 8 febbraio 2016

Esoso, esse in solle, esse 'n der coppo, esse per le bue, essere nel concone, essere d'incigno

ESOSO: contrariamente al significato in lingua, avido; odioso, in vernacolo vuol dire semplicemente noioso, antipatico, appiccicoso. E? un'espressione familiare usata con una certa bonomia

ESSE IN SOLLE: essere brillo, alticcio per aver bevuto troppo. E' dialetto pisano

ESSE 'N DER COPPO: è un modo di dire pisano-livornese, sconosciuto a Firenze, e significa essere ridotto al verde, avere speso tutto. Il COPPO è l'orcio

ESSE PER LE BUE: essere a corto di soldi; andar male in affari (Livorno e Pisa)

ESSERE DEL (o NEL) CONCONE: stare fra quelli che comandano, nella stanza dei bottoni. Espressione senese

ESSERE D'INCIGNO: nella zona di Pietrasanta (Lucca) si dice di chi si mette un vestito nuovo e, per estensione, di chi rinnova qualcosa (l'automobile e, magari, la moglie).

domenica 31 gennaio 2016

E' piccino ma c'è tutto, eppoi, e' proebbito andà alle ascine

E' PICCINO MA C'E' TUTTO: si dice specialmente dei bambini che mostrano un certo temperamento o magari più ardire di quanto non farwbbe supporre l'età. Dice una vecchia canzonetta toscana:

Nun so' quelle scarte,
nemmeno com'un'allocca: 
abbè che ci so' poca,
ci so' tutta

EPPOI: è usato pleonasticamente nelle esclamazioni, fra il nome e l'attributo, per ottenere maggiore efficacia attraverso una specie di sospensione nella frase: "Mondo eppoi ladro!".

E' PROEBBITO D'ANDA' ALLE 'ASCINE: vecchio modi di dire pisano per prendere in giro qualcuno che ha i denti grossi e sporgenti, come se impedendogli di andare alle Cascine, cioè nella ex tenuta di San Rossore, si potessero evitare i danni alla vegetazione. I pericoli che minacciano il patrimonio boschivo potrebbero dare un significato di allarmante attualità nazionale al detto pisano se le zanne più pericolose non fossero quelle che meno si vedono.


venerdì 29 gennaio 2016

Dalle foglie lunghe, da montelupo si vede capraia, danni n'aringa

DALLE FOGLIE LUNGHE: accusare uno di "venire dalle foglie lunghe" è dargli del montananro, di persona sprovveduta o villana, Si dice nel Valdarno

DA MONTELUPO SI VEDE CAPRAIA: si dice di due persone affini per tendenze truffaldine. Infatti la frase ha un seguito che fa rima: "Iddio fa le persone e po l'appaia".

DANNI N'ARINGA: esclamazione in uso specialmente a Viareggio per dire: " Se tanto mi dà tanto!"

DA PETTO A RENE: dalla parte anteriore alla parte posteriore di un oggetto specialmente di notevoli dimensioni

DA PIGLIARSI CON LE MOLLE: si dice di una cosa grossolana, soprattutto di un errore madorlnale; quasi che usando la mani ci si potesse far male o sporcare o infettare

DARE DI BARTA: ribaltare o capovolgere. "Gli dato di barta i' cervello"

DARE I NUMERI: raccontare cose insensate o poco credibili





mercoledì 27 gennaio 2016

Dacci o darci, da' dda di', dai picchiae mena

DACCI O DARCI: immaginarlo; indovinarlo: "Tu ci hai dato", l'hai azzeccata. "'Un ci avrei dato", non l'avrei indovinato. Anche dar di fuori, sbagliare. E' naturale che l'etimologia vada ricercata nel tiro al bersaglio. "Dassi", invece, vuol dire picchiarsi.

DA' DDA DI': sembra un oscioglilingua, e forse lo è per chi non ha l'abitudine al vernacolo versiliese. IN realtà si tratta di una locuzione avverbiale che singifica infastidire, dar noia. "T'ha dato da di' 'l bimbo?"

DAI (o DAGLI) PICCHIA E MENA: modo di dire peresprimere ostinata insistenza. "Dai, picchia em ena si poteron mettere d'accordo". Dai è usato anche come sostantivo, I' DAI, per indicare una persona manesca, prepotente, uno smargiasso. Nel PIsano e nel LIvornese: Esse' der dai.
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