Simply

lunedì 28 gennaio 2013

PER SIMONA














Hai dischiuso le labbra in un sussurro,
l'hai detto piano, quasi con timore:
nuova vita sta crescendo in te.
Ti ho guardata, nel profondo degli occhi,
giù,
in fondo all'anima.
Incredula e commossa io,
un po' smarrita tu.
Nuova consapevolezza,
cambiamento,
sei un nuovo corpo,
che si trasforma,
protegge, nutre, ama.
Vento di emozioni,
canto della vita,
ninna nanna,
sonno innocente,
stupore del mondo.
Sarà il primo sorriso,
il primo sguardo,
il tuo nuovo essere donna,
il tuo essere mamma.
E in un centimetro,
batte insieme al tuo cuore,
tutto l'amore del mondo.

venerdì 25 gennaio 2013

I COLORI: SIMBOLI E SIGNIFICATI

Chi non ama i colori? Ognuno di noi ha un colore con cui ha un feeling particolare. Mi sono spesso chiesta perché alcuni amano certi colori piuttosto che altri, compresa me stessa. Così ho deciso di documentarmi un po', per mettere fine ad una curiosità tremenda che mi tormentava da tempo.
Così fra una lettura e l'altra mi sono imbattuta in un libercolo che tratta della cristalloterapia, anch'essa quanto mai affascinante, ma, all'interno del quale ho trovato la risposta ad alcune mie domande.
Infatti la scelta dei cristalli è dettata proprio dai loro colori, e vediamo dunque colori e significati.
IL ROSSO: simboleggia il sangue, l'energia vitale sia mentale che fisica. Chi sceglie il rosso ha voglia di vincere, desidera il potere; è energico e audace; ama muoversi e mettersi in competizione con gli altri ma anche con se stesso; gli piace far colpo. Di contro ha come difetti l'irascibilità, l'irrequietezza, la presunzione. Chi lo rifiuta invece è nervoso e tendenzialmente o al momento stanco; si sente incapace di affrontare le sfide della vita; preferisce mettersi in secondo piano, lasciare il palcoscenico ad altri; è introverso e tende a rifugiarsi nella ripetizione di ciò che conosce senza tentare strade nuove.
IL ROSA: è la capacità di dare e ricevere amore. Chi lo sceglie è capace di grandi passioni temperate dall'abnegazione, dal desiderio di comprendere l'altro; sa capire oltre che amare; sa dare ed è disposto ad annullarsi, ma ha bisogno anche di ricevere; è una persona che predilige ambienti e persone "morbidi", che entra in contatto con le cose prevalentemente attraverso i sensi. Se lo si rifiuta, si teme di mostrare la propria fragilità, di venire ferito; si può aver deciso di non manifestare in alcun modo la tenerezza che prova a causa di antiche ferite oppure può essere veramente arido; diffida delle sfumature della sensualità e preferisce la limpidezza della ragione.
L'ARANCIONE: colore dello spettro della luce fra il rosso e il giallo, simboleggia l'armonia interiore, la fertilità creativa sia artistica sia sessuale, la fiducia in sé e negli altri, l'ambizione, la comprensione, la saggezza. Se lo si sceglie siamo in grado di dimostrare energia e vitalità, ma in maniera più controllata rispetto a chi sceglie il rosso; è capace di grandi imprese ma non impulsive, è ottimista; ha fiducia in sé ma senza presunzione; sa mare con gioia; si sente in armonia con il mondo in cui vive. Al contrario, rifiutarlo, significa voler controllare emozioni e attività; avere difficoltà nei rapporti con gli altri e tendere ad ingigantire i problemi; non essere abituati a ponderare le decisioni,  gettarsi a capofitto o tentennare troppo oppure buttarsi e poi tirarsi indietro; avere un rapporto con la sessualità e l'amore filtrato dalla ragione.
IL GIALLO: è la luce solare, la conoscenza appresa, l'energia intellettuale e nervosa. Gli amanti del giallo sono vitali, ma la loro è una vitalità che si manifesta con alti e bassi; hanno fervore di idee e attività seguito da cambiamenti repentini di rotta; si aspetta grandi cose dal futuro, sa individuare le vie d'uscita; ama fare nuove esperienze, ma con rischio di superficialità; cerca la stima e l'applauso e si prodiga per ottenerli; non sopporta di sentirsi isolato. Rifiutare il giallo significa essere delusi dalle proprie aspettative, sentirsi poco apprezzati dagli altri, non avere molta fiducia in sé; può voler dire anche che gli è necessario ricaricare le energie che tende a consumare facilmente, di ritrovare la calma interiore.
IL MARRONE: E' la soddisfazione fisica, corporale. Non per niente si ottiene mescolando rosso, giallo e nero, in pratica è la vitalità del rosso filtrata dalla lucidità mentale del giallo; giallo e rosso smorzano la ribellione del nero facendola diventare accettazione. Dunque il marrone è ricettività, sensualità, soddisfazione del fisico, equilibrio, buona salute, bisogno di soddisfazioni sensuali. Se lo si sceglie si ha bisogno di benessere fisico, si può essere stanchi fisicamente o psichicamente; si desidera armonia. Rifiutarlo: dare poca importanza alle soddisfazioni corporee, voler primeggiare e non  concedere debolezze; desiderare riscuotere l'approvazione di coloro che si ama e aver sempre paura di deludere le aspettative degli altri.
IL VERDE: il verde si colloca fra il giallo e l'azzurro e simboleggia la conoscenza superiore e la perseveranza. E' il colore di chi tende a sentirsi superiore agli altri e desidera fare bella impressione. Non accetta di cambiare e adattarsi agli altri perché si sente il migliore, è conservatore e abitudinario per bisogno di sicurezza. La personalità di chi lo rifiuta invece, è quella di chi è costretta a fare ciò che non vuole, desidera sfuggire a obblighi che lo opprimono; prova frustrazione perché non è all'altezza delle proprie aspettative; si sente insicuro.
L'AZZURRO: l'azzurro si trova fra il verde e l'indaco, e simboleggia la comunicazione attraverso la creatività. Gli amanti dell'azzurro hanno un atteggiamento armonioso e conciliante verso ambienti e persone, hanno fiducia in se stessi e se il mondo esterno non li soddisfa, trovano appagamento nell'arte o nelle proprie risorse psichiche. Sono capaci di riflessione e fanno tesoro delle esperienze, e sanno stringere rapporti molto profondi anche dal punto divista psichico. Respingendo questo colore si rivela invece una personalità poco tollerante e poco adattabile, che reagisce con ostilità e chiusura alle situazioni sgradevoli  o poco gratificanti; può diventare aggressivo e irascibile e, se non riesce a scaricare la tensione può autocommiserarsi; a volte non sa stare con se stesso e tende a ripetere gli errori.
IL BLU: E' l'equilibrio e la calma. Le persone blu, sono profonde, calme, capaci di equilibrio interiore; idealiste, che credono nella lealtà, dedizione, attaccati alle tradizioni e sentono il collegamento con il passato. Rifuggono dagli ambienti stressanti e dalle persone irascibili. Chi invece allontana da sé questo colore, si sente poco apprezzato, avrebbe voglia di fuggire situazioni che non lo gratificano; ha bisogno di tagliare con ambienti che gli tolgono armonia interiore ed equilibrio, a volte è depresso.
L'INDACO: Siamo fra l'azzurro e il viola, potremmo dire che è un azzurro intenso, simboleggia la spiritualità, la crescita interiore. Desiderio di chi preferisce l'indaco è di elevarsi al di sopra della realtà per comprenderla meglio o per ottenere l'appagamento che la realtà non concede; malinconico a volte, ma anche pieno di emozioni e sensazioni positive, cerca affinità spirituali con ambienti e persone. Il suo rifiuto è indice di una personalità soggetta a depressione, al rimuginare troppo fino a perdersi in labirinti emotivi, tende a dare la colpa agli altri se qualcosa non va, non riesce a mettersi in armonia.
IL VIOLA: Ricerca di fusione, capacità di identificazione con gli altri. Se lo si sceglie si vuol piacere, ma si chiede anche comprensione e gentilezza; ha qualche difficoltà a controllare le emozioni, mettendo in disparte le capacità razionali, sentendosi a disagio se criticato. Ama l'arte, ed entrare in contatto sensibile con  cose, ambienti e persone. Se invece non lo si sopporta siamo persone diffidenti ed ipercritiche, non si fidano delle emozioni e preferiscono la logica e la razionalità, molto suscettibili.
IL GRIGIO: Distacco, autoprotezione. Chi lo sceglie non è sereno dentro di sé e cerca di prendere tempo, di staccarsi dalle situazioni che procurano tensione. Rigido, poco adattabile, cosa che a volte lo fa sentire tagliato fuori e di non sapere come comportarsi. A ciò può reagire con la passività oppure con un'attività intensa. Non amarlo è indice di persona che si impegna in attività o fa parte di gruppi per ricavarne un vantaggio o per timore di venire tagliato fuori. Ha paura dell'ignoto da cui si aspetta delusioni, in perenne tensione.
IL NERO: Negazione del colore per antonomasia e simboleggia un confine netto: il confine che segna la fine della vita. Gli amanti del nero pensano che il futuro riservi loro poche opportunità positive e che il mondo sia responsabile di ciò. Atteggiamento apparentemente rinunciatario, che può celare rancori profondi ed esplodere in ribellioni,; può anche trattarsi di una persona disposta a rinunciare a tutto per realizzare i propri desideri più profondi. Se il nero non piace si esprime il desiderio di non farsi controllare dagli altri, non subire nulla, di non rinunciare a nulla; manca di altruismo, di senso del sacrificio.
IL BIANCO: Contiene tutti i colori ed è il confine dell'inizio della vita. Chi ne è calamitato desidera cambiare la propria vita e impostarne una nuova, vuole portare un ventaglio di nuove possibilità. fiducioso nel futuro, attende belle cose dal mondo, a volte pecca di ingenuità. Se il bianco proprio non ci entra nelle grazie si ritiene che il futuro vada sì scritto, ma tenendo la penna in mano, senza lasciare nulla al caso. Non desidera cambiare vita, prosegue lungo la via che percorso fin qui senza lasciare spazio all'immaginazione o alla sensibilità.

mercoledì 23 gennaio 2013

LA STANZINA

 
C'era, in fondo al corridoio della casa dei nonni, la " Stanzina". Era piccola e aveva una finestra che si affacciava sulle verdi colline intorno, così che lo sguardo si perdeva, fino a raggiungere il mare.
I tramonti d'estate si incendiavano visti da quella finestra, e un'aria profumata di rose mi riempiva i polmoni. Il roseto era sotto la finestra e copriva in parte il pollaio dove abitavano comode, quattro galline.
La "Stanzina" era un regno pieno di sorprese; pur piccola, vi trovavano locazione: due macchine da cucire, una vecchia Singer  a pedale e una più moderna Necchi elettrica, due poltrone con schienale reclinabile e poggia piedi, una libreria con la selezione Reader's Digest e altri libelli di novellette e romanzi per bambini fra cui "I cagnolini di Perlarosa", tre mobiletti con saracinesca nei quali potevo trovare campionari di stoffe meravigliose che nonna usava per le sue creazioni sartoriali, avanzi di lana, spolette da ricamo, una parte del mio futuro corredo e una piccola bambolina dai capelli biondi con cui giocavo sovente.
Mi era concesso usare la vecchia Singer, con la quale mi esercitavo a fare orli, ed ero bravissima a cambiare i rocchetti dei vari filati che nonna usava per cucire. Sui campioni di stoffa usavo invece la filza, per le imbastiture dei modelli, e con grande piacere usavo il gessetto con cui si tracciavano sulla stoffa le linee del taglio.
Quando il divino ardore della sartoria mi lasciava, e non ero in giro per boschi a fare la naturalista, mi sedevo su un tappeto di lana tondo che stava in mezzo alla stanzina e leggevo o disegnavo con le vecchie matite di babbo, che erano ben risposte negli astucci di legno di una volta.
In quella stanza c'era un leggero profumo di lavanda, che proveniva da svariati sacchettini riposti nei cassetti, e che io odoravo con trasporto, e in uno dei mobiletti si trovavano anche delle vecchie scarpe con il tacco che mi misuravo ogni anno, desiderando che il mio piede crescesse velocemente per poterle indossare con un qualche vestito confezionato con una di quelle sete che il campionario offriva alla mia vista.
Vecchie collane e bigiotteria completavano la scena, con lieve odore di borotalco, che proveniva dalle scatole in cui le bigiotterie erano custodite.
Anni beati quelli passati nella "stanzina", dove il tempo scorreva lentamente, scandito dai rintocchi del campanile, dal corso del sole, dal profumo delle rose.

martedì 22 gennaio 2013

SONO QUI














Sono qui,
non aver paura,
sono qui,
non temere.
Veglio su di te,
anche se siamo lontane,
cancello i dubbi dalla lavagna della tua mente,
scrivo  risposte alle tue domande.
E se una lacrima solca il tuo viso,
l'asciugo con un abbraccio.
Se nel tuo cuore farà capolino lo sconforto,
lo affronterò,
per tutto il bene che ti voglio.

lunedì 21 gennaio 2013

OCCHI











E d'improvviso mancano le parole,
ma gli occhi,
gli occhi dicono tutto.

venerdì 18 gennaio 2013

LA CURA










Metterò tre cerchi di ferro al cuore,
perché non si spezzi,
prosciugherò i miei occhi,
per non piangere,
cucirò le mie labbra,
perché non ne esca suono alcuno,
legherò i miei capelli sericei,
perché non sfiorino più la mia pelle,
perché solo le tue mani erano così leggere,
avvolgerò il mio corpo nel fuoco,
perché non si raffreddi,
cancellerò la memoria,
e potrò dimenticarti per sempre.





giovedì 17 gennaio 2013

IL DESERTO (pensieri sconclusionati)

Sto osservando due piccole bottigliette di vetro, dentro cui ho riposto molto accuratamente due tipi di sabbia sahariana che mi è stata regalata da un fotografo viaggiatore. Il primo tipo, proviene dall'estremo sud del deserto, color salmone, di grana grossa, mentre il secondo, ha il tipico color della sabbia ed è finissima.
Mi piace pensare che queste sabbie che ora io posseggo, siano state testimoni di avvenimenti meravigliosi: il passaggio di antichi eserciti, di regine, la marcia dell'armata perduta, il galoppo di cavalli arabi, sotto il sole, fra le dune infuocate e battute dal vento.
Più le guardo, più in me cresce la brama di fuggire da qui e andare nel deserto, convinta di ritrovare in quel mare di sabbia, la vera me stessa.
Immagino ancora un mondo antico, fatto di tende, copricapi e caffettani, il mondo delle tribù nomadi che viaggiano tra un'oasi e l'altra, sulle piste carovaniere fianco a fianco con mercanti di spezie, oro e argento, pietre preziose. Città bianche, dalle cupole adorne di trafori belli come pizzi, cortili con fontane, suk, vicoletti stretti, mercati gremiti di gente, ricchezza e povertà, città del mistero.
Guardando queste sabbiettine, mi pare quasi di udire il soffio del vento, cori di donne, echi di battaglie, sussurri, nitriti.
E' un mondo insostenibile, talmente irreale da non sussistere già di per sé. Ma io spero sempre in un angolo di quel mondo ancora vivo. Non so perché, ma io il mio destino lo sento legato a questa terra, magari in una vita precedente ero figlia del deserto, del vento, del sole, forse le mie mani erano tatuate con l'henné. Difficile dire ciò che sento dentro, ma è come se ora un pezzetto di deserto fosse tutto mio.
Amo le tempeste di sabbia perché mi fanno amare la vita, amo il sole perché mi fa sentire il suo potere, amo la sabbia perchè nei suoi granelli racchiude tutto un mondo.
Io sono il deserto e il deserto è me, siamo una simbiosi perfetta, un unico corpo, atomi che si aggregano e disgregano, energia continua, flusso armonico dell'essere e della vita.
E più ne scrivo e più ne parlo, e più lo penso, e più me ne innamoro, mi attrae come una calamita, come un campo magnetico, mi risucchia come un buco nero risucchia la materia stellare.
E' come se lì il mondo si scordasse del progresso, della società, del conformismo, delle regole..
E' il suono del silenzio che penetra in te, quello strano suono della "sabbia che canta ", delle notti fredde, delle giornate torride, la vita e la morte, l'inferno e il paradiso. Ecco perché la solitudine spesso mi è cara,  a chi potrei dedicare queste riflessioni se non a me stessa?
Come mi piace l'odore di antico che mi ispirano, odore di aria diversa, di altro tempo, di altra vita, quell'aria da c'era una volta, dei fiori splendenti nell'abbraccio degli amanti. Il deserto non è forse il luogo dove giorno e notte si incontrano, patria di Iside e Osiride, tempio di Ra?

mercoledì 16 gennaio 2013

NONNO (fra prosa e poesia)

Ti ricordi quando ci sedevamo vicini a guardare la televisione e ti tenevo la mano? Avevi una vestaglia da camera color barbabietola e un grazioso berrettin da notte che ti avevo regalato.
Ogni tanto gustavamo una caramella e poi facevamo un commento alla trasmissione che stavamo guardando.
La tua camera era accanto alla mia e io potevo sentire il buffo cigolio della tua poltrona, lo sentivo, e questo mi bastava. Eri sveglio fino a tardi per via dell'insonnia e questo mi permetteva di affacciarmi da te quando rientravo dalle mie passeggiate estive con le amiche, per raccontarti e darti la buonanotte.
Sei stato tu il primo a farmi guidare la macchina, appena fui patentata, senza mai rimproverarmi.
Sapevo che se avessi avuto un problema, avrei potuto venire da te a parlarne con tranquillità perché  non mi avresti giudicata e se ti avessi chiesto di non parlarne a mamma e babbo, avresti tenuto il segreto nascosto nel tuo cuore.
Ti ricordi quando ci mettevamo la crema per le mani? Tu avevi la pelle sottile e io le screpolature che mi procuravano le redini, poi facevamo farfallina per farla assorbire più in fretta ed era buffo.
Il tuo risotto con la salsiccia era squisito, il mio preferito e di uguali non ne ho più mangiati.
Avrei voluto avere la tua forza d'animo, la tua volontà, quella capacità di vivere ed andare avanti, quella capacità di affrontare con un coraggio che non mi appartiene.
Ma da te ho ereditato la rettitudine, la costanza e l'onestà che ormai sono fuori moda e forse fuori secolo.
Sapevi fare tutto, e tutto riparare, una mente spalancata, moderna, priva di pregiudizi, con cui confrontarsi, con cui dibattere, questo eri tu.
Ti ricordi quando leggevamo i vecchi libri di preghiere in latino?
E quando mi lamentavo del dover fare la prosa della Divina Commedia, tu, la recitavi a memoria.
Per farmi mangiare da piccola mi raccontavi la storia del PESCIONE, era arancione il PESCIONE, e faceva lunghi e interminabili viaggi nel mare, e per tenermi i piedi caldi, cercavi sempre le calzature più bizzarre.
Con te ho girato tutti i ristoranti della città, ho assaggiato vini pregiati, ho avuto in dono il DE RE EQUESTRI di Senofonte, testo greco a fronte in edizione limitata. Sei riuscito a trovare le CINQUANTA NOVELLE dei Fratelli Grimm con le illustrazioni di Accornero.
Ti arrabbiavi quando mi trovavi la sera  tardi ancora a studiare, perché dicevi, avevo troppi compiti, e a me questo faceva immenso piacere.
Ricordi lo yogurt e i cheerios a merenda? Ci piacevano.
Tutte le mattine quando mi sveglio, di fronte a me c'è il quadro con i cavalli selvaggi che mi regalasti tu. Perché tu sapevi, semplicemente sapevi, davi senza chiedere, ascoltavi senza puntare il dito, consigliavi senza imporre.
Sono passati sedici anni, e il vuoto che hai lasciato è incolmabile per me. Ti cerco tutti i giorni, in quella stanza che ora è diventata la mia.
Forse se ci fossi stato tu, certe cose non sarebbero accadute, e sono contenta che tu non le abbia viste, perché molto ti saresti angustiato per me e non avrei voluto.
Ogni tanto compari nei miei sogni, e quando lo fai, io so che qualcosa sta per cambiare. Cerco sempre di trattenerti, e ti chiedo di non andare via, ma poi tu svanisci e io mi sveglio.
Mi manchi tanto nonno.

COME I FELINI










Ho duellato e sono rimasta ferita. a leccare le mie ferite in disparte,
come i felini.
Aspetto che passi,
ferma, immobile,
con lo sguardo perso nel vuoto.
Mi ascolto,
il restare immobile
aiuta le mie ferite a rimarginarsi.
E come i felini,
mi allontano,
mi distacco,
nel silenzio e nella solitudine,
aspetto, che tutto torni ad essere.
Mi mimetizzo per non farmi trovare,
non voglio condividere.
Sono nel folto della selva,
in una tana buia,
e lì mi curo,
e da lì ascolto la vita,
quella che viene da fuori.
Aspetto che passi,
come i felini.

martedì 15 gennaio 2013

L'ACQUA









Scivola,
sul corpo stanco,
lava,
disinfetta,
scioglie.
Purifica l'anima,
rinfranca lo spirito,
disseta il cuore.
Scorre,
sui capelli,
indugia sulle palpebre,
si ferma sulle ciglia,
scivola sul collo,
inonda le spalle.
Scorre,
come scorre il sangue,
vivifica,
nutre.
Bagna le labbra riarse,
si sofferma negli incavi.
Rinverdisce il deserto della pelle.
Acqua,
universo in una goccia,
noumeno della vita,
specchio dell'altro io.

lunedì 14 gennaio 2013

IL RESTO DI NIENTE










Eppur tu sai
che non più sarò capace dello stupore dei bambini,
ho un peso troppo grande sulle spalle.
Nei miei occhi incanto luce si sono affievoliti,
e la radiosità ha lasciato spazio ad un velo di malinconia.
Sull'anima una cataratta è scesa silenziosa,
tessuta da fili di tristezza e disincanto.
Anche una quercia cede alla forza di venti gelidi,
un guerriero è stremato da una battaglia interminabile,
un destriero soccombe ad una corsa infinita,
un cuore gentile diventa pietra se tradito,
un'anima si spenge, se ha immolato se stessa
al resto di niente.



domenica 13 gennaio 2013

FLORARIO (viaggio magico nel mondo di fiori e piante)



Grazie a Ferruccio Gianola ho potuto scrivere una piccola recensione di un libro a me molto caro: "Florario". Se amate i fiori e le piante, dilettatevi con questo libro, non ve ne pentirete.

http://www.ferrucciogianola.com/2013/01/in-vetrina-con-florario-miti-leggende-e.html — con Silvia Lazzerini

sabato 12 gennaio 2013

PENSIERI DA UN VECCHIO QUADERNO

03/03/1999
 
 
Nonostante oggi sia stata una giornata ricca di emozioni e perché no, effervescente, le ore non passavano mai, mentre continuavo a guardare ritmicamente l'orologio, constatando che il sole tramonta alle 18:15 circa, che le giornate si sono allungate e che l'aria profuma già d'estate.
La primavera mi scombussola sempre un po', da sempre direi, e mi riporta alla mente i giorni di scuola, al liceo, quando ero letteralmente convinta che l'estate ormai alle porte, mi avrebbe riservato chissà quali sorprese, cullandomi con il vento caldo, il sole abbacinante, e il tappeto di stelle sulla mia testa, nelle sere passate sulla spiaggia a canticchiare le canzoni del momento e a toccare la sabbia, fresca e morbida.
Non vedevo l'ora che arrivassero le vacanze; finalmente sarei uscita ogni sera e avrei dimenticato per qualche mese le traduzioni di greco e latino.
La mia cittadina si sarebbe riempita di vita e la fantasia avrebbe lasciato spazio al romanticismo, mio grande alleato, che era rimasto in letargo per tutto l'inverno.
Tuffi, corse, partite a racchette o a pallavolo, il profumo intenso e inconfondibile del mare e delle tamerici, i tramonti che avrebbero incendiato le sere d'Agosto.
Ancora oggi, e mi sembra che sia passato un secolo, questa magia mi invade, mi percorre un brivido interno. Quest'estate uscirò dal bozzolo, ritornerò ad essere un vulcano in attività, un fuoco d'artificio, lasciando su una sedia il mio rigido vestito "autunno-inverno"; cambierò pelle, per vestire ancora una volta i panni di una ninfetta birichina.
C'è un ritorno all'adolescenza che ho tanto amato quanto odiato, per i suoi alti e bassi, ma che si è conquistata la parte migliore di me, che avrei tanto desiderato far scoprire a tutti coloro che mi stanno vicino.
Non che questa mia seconda vita nascosta nella selva dell'anima, rimanga sempre nell'ombra, ma tendo sempre a celarla, perché sono convinta che se prendesse il sopravvento, la ragione potrebbe scavarsi la fossa da sola.
Mi riprometto però di presentare al mondo questa mia amica e convivente, e spero che sia, agli occhi altrui, non un personaggio sconvolgente, ma aiuti a vedermi così come mi sarebbe piaciuto essere sempre, tutto l'anno: uno spicchio di sole del mattino.


venerdì 11 gennaio 2013

PROIEZIONI DELL'INCONSCIO

"La solitudine ci appartiene anche quando siamo circondati da altre persone, amici, parenti e non.
Un senso di malessere, un peso opprimente sul cuore e il nostro respiro sembra schiacciato da una pietra di granito.
Un fiotto di sangue impetuoso affluisce alle tempie, il viso si riscalda improvvisamente e gli occhi diventano lucidi. Che tristezza a volte guardarsi intorno; circondati dalla quotidianità dei nostri effetti personali ma non sentirli propri, avere l'anelito di fuggire via dalla foresta di rovi e spine che è la nostra stessa casa.
Giro per le stanze, con la con la sensazione del soffocamento, come imprigionata fra pareti e soffitto che mi schiacciano piano piano, non avere in bocca le parole per urlare che vorrei azzerare il contatore e ricominciare da capo.
Ho voglia di piangere, il cuore mi batte forte e non sto correndo.
Non voglio più stare qui, non è il mio posto, non mi sento a casa. Non so con chi parlare, non posso sfogarmi con nessuno e sono costretta a tenermi tutto dentro, a deglutire con dolore.
Spesso ho la sensazione di non farne una giusta, o esagero da un lato o manco dall'altro, o tollero troppo o non ho pazienza....
Forse sono solo una vigliacca che non prende di petto il presente, che non agisce abbastanza, fregandosene delle conseguenze: lo fanno in tanti, perché non dovrei farlo io?
Senso del dovere, coerenza e costanza sono sempre stati la mia Bibbia, ma quale fatica e quale prezzo per essere tutto ciò?
Persino la mente sembra andare in pezzi per la stanchezza e lo sforzo, e i pensieri più semplici diventano enigmi enormi: ma in che baratro sto cadendo? C'era tanta luce nei miei occhi e quando mi guardo vedo solo uno sguardo opaco e nebbioso, non mi piaccio più."
Mi sveglio madida di sudore, con il cuore in gola, ansimante, gli occhi sbarrati......Era solo un incubo, sono salva!


martedì 8 gennaio 2013

IO E I LIBRI

 
 Questo post è stato scritto per Ferruccio Gianola Blog per l'angolo "Cose da Domenica pomeriggio" di cui allego il link http://www.ferrucciogianola.com/search/label/cose%20da%20domenica%20pomeriggio
 
Oggi ho indugiato davanti ad una delle librerie di casa. Con gli occhi mi sono messa a scorrere tutta la fila della collana Premi Nobel, quella della letteratura, gli storici, i libri d'arte, i saggi e via dicendo. 
I ricordi legati a questi libri, odorosi d'inchiostro, hanno messo in moto la macchina del tempo dei ricordi. Sin da quando ero bambina ho amato leggere, forse perché prima ancora che imparassi a leggere, qualcuno ha letto per me, incantandomi prima con le illustrazioni e poi con il fruscio delle pagine che scorrevano. 
Nella mia mente si sono aperte le pagine delle Cinquanta Novelle dei F.lli Grimm con le illustrazioni di Accornero, le filastrocche de  I quindici, i libri del come e del perché, un adattamento delle Mille e una Notte (che mi ha fatto scoprire poi la splendida letteratura araba), una collana di vecchi libri di mamma La biblioteca dei miei ragazzi che divorai letteralmente cominciando con Pasqua radiosa, Il mago di Villafiorita, La pupilla del cardinale, Le avventure di Fior di Sole, Il romanzo di un ragazzo, Il regno di Cenerentola, Caccia al tesoro, Avventure a lieto fine, Il Mistero di Morande... 
Di qualcuno credetemi ricordo il titolo e non l'autore Memorie di un asino e Viaggio fiabesco. Ho tentato anch'io di rivivere le Avventure di Gianburrasca, e avrei voluto trasferirmi in Malaysia per arruolarmi con Sandokan e far sventolare la bandiera della tigre di Mompracem (ti ho amato Salgari, o meglio, era di Sandokan che mi ero innamorata!). 
Nel frattempo mi ero imbarcata con Marco Polo alla volta del Chatai sfogliando le pagine del Milione e ho pianto leggendo il Diario di Anna Frank
Passai poi al Libro della Giungla di Kipling, a Kim, a Golding de Il Signore delle Mosche, Siddharta  e Narciso e Boccadoro di Hesse, ormai ero quasi al liceo e una volta al ginnasio, la mia attenzione è stata catturata dai classici latini e greci: Apuleio e il suo Asino d'Oro, Luciano  e la La storia vera, Saffo e i suoi frammenti, Marziale e suoi epigrammi, Virgilio con le Bucoliche e le Georgiche (ore passate a tradurre una frasettina...), De bello gallico e De bello civili di Cesare (quanto ho stimato il tuo essere conciso e chiaro!) e via con Odisseo verso Itaca e con Achille ad espugnare Troia (Omero caro, i tuoi verbi in greco e relativi paradigmi sono ancora oggetto di incubi che disturbano il mio sonno). 
Accanto a loro è nato l'interesse per gli autori francesi fra cui Balzac che ha allietato molte serate con Le sollazzevoli Istorie, che mi ha stregato con Modesta Mignon ed Eugenia Grandet, che mi ha disilluso con Le illusioni perdute. Accanto a lui Zola e la sua Nanà e Flaubert e le crisi di Madame Bovary (così attuale la sua insofferenza, e il suo non accontentarsi). 
Come nella migliore tradizione, ho anch'io passato il periodo russo, e come un topo affamato di carta pregiata mi sono buttata a corpo morto su Tolstoj, Infanzia, adolescenza e giovinezza (come dimenticare gli odiosi scarpini coi lacci e maman?), il dramma di Anna Karenina, la tragica Morte di Ivan Il'ic
A seguire Dostoevskij  di Delitto e castigo, anche se ho amato di più le vicende de I fratelli Karamazov e, per non farmi mancare nulla, Cechov de Il giardino dei ciliegi, e, saltellando ancora, mi sono imbattuta in Turgenev e nelle sue Acque di primavera. 
Alleluia griderete, perché passiamo agli italiani e voglio tralasciare i poeti altrimenti non finisco più, perciò citerò solo Pirandello e Verga, di cui ho praticamente letto tutto, Svevo (noiosino per me) e Silone, Buzzati ( e l'attesa nel Deserto dei Tartari), Vittorini (e il romantico Garofano rosso), Bassani e il Giardino dei Finzi-Contini, Pasolini (mi ci volle un vocabolario), Calvino
Vorrei andare ancora avanti, potrei scrivere per ore delle mie letture, ma sarete già annoiati e vi capisco. Manca ancora tutta la parte anglosassone e quella araba. Ma sarà per un'altra volta, questo è solamente un assaggio. 




lunedì 7 gennaio 2013

4 GENNAIO 2009










Filo sottile legame delle nostre vite,                                                     
binomio,
gemelli siamesi,
nel cuore,
nell'anima,
nella mente,
nel corpo.
Mi hai aspettato quel freddo mattino,
eri lì, fermo, immobile,
guardavi lontano,
sguardo su un altro mondo mi parve.
Al suono della mia voce si mossero le orecchie,
trasalisti,
e io con te.
Mi guardasti, ma eri già lontano,
non avevi più equilibrio,
mi venisti incontro lo stesso,
corsi verso di te,
cadesti esausto ai miei piedi,
caddi in ginocchio,
presi la tua bella testa e
piansi.

giovedì 3 gennaio 2013

IL VALORE DELLA FAMIGLIA

Sono nata perché sono stata fortemente desiderata, non sono frutto  di un incidente, come accade spesso.
Sono stata e sono amata oltre ogni cosa dai miei genitori, che fin dal primo giorno hanno creato attorno a me l'ambiente più sereno che un bambino, poi adolescente e quindi adulto possa desiderare, un ambiente sereno, caldo e accogliente, dove non mi sono mai stati negati abbracci, sorrisi, dialoghi e spiegazioni.
Ho avuto il privilegio di poter essere veramente me stessa, con i miei difetti, le mie virtù, i miei "se", i "ma", i dubbi, le crisi esistenziali, i momenti di ribellione, quelli di dolore, semplicemente perché i miei sono stati capaci e ancora lo sono, di farmi sentire bene con me stessa e mi hanno dimostrato e tutt'ora lo fanno, che per loro vado bene così come sono nella mia imperfezione.
E' stato facile imparare perché il loro modo di comportarsi è stato un insegnamento  il cui valore è andato ben oltre qualunque discorso. L'onestà assoluta, l'integrità morale, i principi etici sono diventati i cardini del mio modo di essere grazie all'esempio che ho vissuto in famiglia.
Dire sempre la verità, saper chiedere scusa (cosa che la maggior parte delle persone sembra ignorare), controllare la propria ira senza dar vita a spettacoli pietosi a cui spesso sono costretta ad assistere fuori dall'ambito familiare, hanno fatto di me quello che ora sono e a cui non posso rinunciare, altrimenti dovrei rinunciare ad essere me stessa. Essere coerente e costante con questo mio modo di esistere mi costa una fatica enorme e l'ho anche pagato a caro prezzo, con la solitudine e a volte anche con l'emarginazione.
I miei mi hanno insegnato a pensare sempre in maniera indipendente, a riflettere bene prima di agire, a non lasciarmi trascinare, a crearmi una mia propria filosofia di vita in linea con i miei principi, a non essere un pecora qualunque in mezzo ad un gregge, che va in una direzione senza chiedersi perché.
A casa mia per me ci sarà sempre posto, che ci viva oppure no, ed è splendido pensare, quando non ci sono, che comunque lì c'è qualcuno che mi aspetta e si preoccupa per me, come è altrettanto speciale sapere che, quando infilo la chiave nella toppa della porta di casa, questa si apre e qualcuno si affaccia sorridente ad accogliermi, che la mia giornata sia andata bene o male, che io sia allegra o no.
Sono stata per anni lontana da casa, per studio e per lavoro, e c'è una bella differenza dall'entrare in una casa in cui non ti attende nessuno, da una in cui  sai che qualcuno è lì ad aspettarti.
E' confortante sapere che, qualunque cosa mi accada,  ho la fortuna di avere il mio luogo sacro, la mia "casa albero" dalle radici forti, nella quale tornare e tra quelle pareti trovare conforto alle delusioni della vita, alla perdita del lavoro, al precariato imperante, agli amori perduti, e allegria e gioia e umorismo.
L'anima si solleva sapendo che oltre ai miei genitori posso contare sugli zii e i cugini, che per me sono come secondi genitori gli uni e fratelli gli altri, che erano e sono lì con la mano tesa anche quando ho attraversato i momenti peggiori, e che quella mano si è unita a alla mano dei miei per tirarmi fuori da tutti i baratri in cui sono caduta, per aiutarmi a rialzarmi quando sono inciampata, per festeggiare i miei successi e cantare inni alle mie vittorie.
Possedere tutto ciò vale più di qualunque ricchezza, non ha prezzo, è stato il dono più grande che il destino potesse farmi: avere intorno a me l'armonia magica di una famiglia dove il significato della parole amore è stato compreso appieno e ed è stato messo in pratica sopra ogni altra cosa.

martedì 1 gennaio 2013

LA FIERA DEL CATTIVO GUSTO




La cena di fine anno a casa della mia amica è stata ottima, il nostro menù prevedeva tre antipasti e un primo a base di pesce, un buon prosecco per pasteggiare e per il brindisi il Brachetto, ovviamente per il brindisi avevo prodotto uno dei miei dolci.
Era davvero freddo ieri sera, ma non così tanto da far desistere la nipote della mia amica dal voler fare un giretto in centro, cui io avrei rinunciato volentieri, tanto sapevo bene quello che mi aspettava.
E' il caso di citare un famoso film: "Ho visto cose che voi umani non potete neanche immaginare...."
Il centro era gremito di umanità, la più varia (secondo me durante le festività si aprono anche le porte degli Inferi e Lucibello concede l'ora d'aria ai riposseduti), ad ogni angolo di strada un palco, da cui arrivavano delle bordate musicali ad un volume altissimo, che si mischiava alle urla della gente, al rumore dei botti.
Per camminare fra persone che instancabili saltellavano al ritmo di musica, si era costretti a spinteggiare, cosa che non sopporto, come non sopporto di essere spiaccicata e sballottata al medesimo tempo fra  gente che, con bottiglie di spumante, birra, superalcolici in mano, alza e abbassa le mani spargendo il contenuto sugli astanti, vomitando agli angoli di strada, con lo sguardo liquido, coma la quantità di alcool presente nelle loro vene. Per l'occasione era stata allestita anche una pista da pattinaggio sul ghiaccio, sulla quale giovinette vestite in tubini neri o rossi, tutti uguali,  piuttosto andanti, molto brillanti, si esibivano con le spalle nude esposte al vento gelido della notte. Più che scivolare sul ghiaccio avanzavano a tentoni, perché la pista non era propriamente liscia, due delle ragazzine poi, si sono letteralmente sdraiate sulla pista stessa (uno spettacolo pietoso). Nel frattempo un gruppetto di bulletti che per età avrebbe già dovuto trovarsi a casa, casa in cui però anche i genitori, presi dal vortice dei festeggiamenti, non erano presenti, ha pensato bene di far scoppiare una specie di bomba carta che ha provocato un danno al marciapiede e ha contribuito a farci fischiare le orecchie per una mezzoretta.
Bande di tredicenni avvinazzati, maschi e femmine, maschi con i boxer in bella mostra, perché i jeans ora si agganciano sotto i fianchi e femmine in pantaloncini corti calze a rete o senza calze (mandarvi in Siberia a meno 60°?), urlavano come posseduti da Dioniso in persona (ma  le Baccanti erano spinte da motivi religiosi....), ma Dioniso non portava ai piedi zatteroni dai colori fluorescenti e le orge che seguivano le Baccanti si tenevano lontane da occhi indiscreti, mentre mi sono trovata ad assistere ad appolpamenti nei quali non si riusciva a distinguere tra braccia e gambe.
Durante i nostri tentativi di farci strada in mezzo al popolo fuori i controllo, tentativo degno di una missione di 007 o forse degni dell'addestramento di un agente del KGB, ma senza licenza di uccidere, mi sono chiesta se ne sarei uscita indenne, perché guardando in terra mi sono accorta di camminare su un tappeto di vetri rotti.  Non ne potevo più, quindi mi sono concentrata su una macumba, finalizzata ad influenzare le menti dei miei accompagnatori affinché si convincessero che non c'era niente per cui valesse la pena rimanere. Cinque minuti di macumba e finalmente spingi tu che spingo anch'io siamo tornati alla base, lontani dalla fiera del cattivo gusto!
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