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mercoledì 11 maggio 2016

Pole Dance per tonificare gambe, glutei, braccia

Pole Dance per tonificare gambe, glutei, braccia è una delle nuove frontiere del fitness. Un nuovo modo per mantenersi in forma, in maniera nuova e sensuale. 


Diciamocelo, avere un corpo sodo e ben palestrato è, per noi donne, il quid in più, ciò che ci fa stare meglio con noi stesse. Ormai andare in palestra e seguire corsi di ogni genere e tipo, è un must. Ma non tutti i tipi di ginnastica sono adatti alle nostre esigenze o al nostro fisico e molto dipende dagli obiettivi che vogliamo raggiungere.

Ma un pallino fisso nella nostra mente è sicuramente emanare fascino sensuale. Stiamo allegre dunque, perché anche in Italia si sta diffondendo il tipo di ginnastica atto a questo scopo: la Pole Dance. Una ginnastica decisamente particolare, che promette di fare miracoli per il nostro corpo e la nostra personalità! Ma in cosa consiste? L'attrezzo che si usa è una pertica, su cui vengono effettuati svariati tipi di esercizi. Ehi ehi ehi, calme, non è la lap dance ok?

Mentre quest'ultima infatti è principalmente basata su mosse seduttive fatte con i piedi per terra, la pole dance è invece una combinazione di figure assolutamente acrobatiche eseguite in sospensione sulla pertica. Come capirete al volo è difficilissimo restare aggrappati alla pertica e contemporaneamente muovere le gambe, tenere il bacino in maniera particolare e così via.

Proprio per questo motivo la pole dance è, o sembra essere, altamente benefica per il nostro corpo. Tonifica le gambe e i glutei, assottiglia la vita e rinforza le braccia. Sicuramente non è la classica ginnastica comoda e rilassante se considerate oltretutto che gli esercizi (riscaldamento compreso) vanno eseguiti su tacchi vertiginosi! Stupite?


domenica 29 novembre 2015

Il respiro del Tiglio


Il suono dei miei passi era attutito da una leggera nebbia mattutina, grigia e umida, ma non così fitta da impedirmi la vista. Seguivo a testa bassa il ritmo regolare dei miei passi lungo la stradina stretta e solitaria che costeggiava i verdi e muscosi canali sul cui greto, sassoso e vuoto, occhieggiavano splendide conchiglie di fiume, le cui valve aperte mostravano la lucida madreperla. 

 Era freddo, e certo rimanere al calduccio era stata una forte tentazione, ma dovevo camminare, e quella solitudine agreste consolava in parte il disagio stagionale.
Sapevo inconsciamente dove ero diretta, ma preferivo non prestarvi attenzione, e mi aiutavo in questo sbirciando i casolari lungo la strada, dove razzolanti e grasse galline, si riposavano appollaiate sui pioli di una scala che metteva in comunicazione la fredda terra con il fienile. Ogni tanto un solitario e dondolante papero mi accompagnava per qualche tratto. 

Svoltai a destra e continuai la mia marcetta, era la strada che in primavera avevo percorso in bici, una di quelle biciclettine fuori moda, un po' gracchiante, con le ruotine piccole, che nulla aveva a che fare con le moderne mountainbikes e i loro cambi sequenziali, una biciclettina su cui puoi pedalare con i jeans e le scarpe da ginnastica senza abbigliamento tecno e integratori. Mi accorsi che stavo sorridendo e mi compiacqui. Istintivamente rallentai, e alzai la testa, che fino a quel momento guardava imperterrita la stradina e i piedi: eccolo!

Allargai le mani e le tesi verso le volute delle molteplici braccia del verde Briareo dormiente: il mio amico tiglio. Andai ad abbracciare il suo enorme e nodoso tronco, rifugio di piccole e indifese creature, e vi appoggiai l'orecchio per sentire il suo respiro. Mi accostai, chiusi gli occhi e lasciai andare a lui i miei pensieri, nel cui turbinio colsi i versi di una filastrocca che recitai: 

"Bel vitellino accucciati,
sta' con la tua pastora 
e non l'abbandonare,
come quel giovin principe
che la sua dolce sposa,
sotto il frondoso tiglio
lasciato ha lagrimosa"

Feci fluire tutte le mie sensazioni, e mi guardai intorno: la casa del mio amico tiglio aveva delle particolarità cui non avevo fatto gran caso prima. Non tanto il bel prato, letto delle sue profonde radici, ma la casa abbandonata a poca distanza da lui, sul tetto della quale spuntava in ferro battuto, l'orizzontale falce della luna araba. Lì vicino in pietra grigia, un mezza piramide su piedi di leone. Baluardo segreto di un moro in fuga in una campagna totalmente estranea ai fasti dell'Alhambra? 
Solo la secolare presenza del mio amico tiglio ne custodiva la storia, ma non feci domande, mi accontentai della sua benevola accoglienza. Indugiai ancora un poco, indi presi congedo e, ripresi i miei passi, tornai.

venerdì 20 giugno 2014

Il massaggio per la tipologia dipendente | Salute

A causa dei sentimenti di vuoto e di mancanza che gli sono caratteristici, il tipo dipendente può ricevere grandi benefici dal massaggio. Il motivo della sua insoddisfazione consiste appunto nel non aver ricevuto abbastanza nutrimento, sotto forma di cibo, amore e contatto, durante la prima infanzia.

Egli ha bisogno di essere circondato  da un'attenzione calorosa che gli dia la sensazione non solo di esistere, ma anche di venire considerato come qualcosa di importante. Non trovando appoggio all'interno di se stesso, deve riceverlo dall'esterno.


Il massaggio lo aiuterà così a diventare consapevole del proprio valore. Mai come in questo caso ci si rende conto che il massaggio ha un carattere nutritivo vero e proprio. Inoltre, considerato che le sue richieste di amore, come quelle di un bambino, tendono ad essere illimitate, qesta persona ha bisogno di conoscere meglio i propri limiti. Il massaggio gli porterà appunto in dono la coscienza della propria frontiera corporea, che è il presupposto e il fondamento della coscienza dei propri limiti psicologici.

Al di là della pelle inizia il mondo delle relazioni. Recuperare la coscienza dei propri limiti anatomici, dei propri confini corporei (fin dove arrvo io? Dove incomincia il mondo esterno?) aiuterà il tipo dipendente a ridimensionare le immense richieste del suo Io. L'altro gli apparirà in una luce più realistica: non più come distributore automatico di cibo affettivo, ma come un altro Io dotato di tematiche proprie.

Da questo punto di vista il massaggio non sarà prezioso soltanto per il contatto di cui ogni tipo dipendente è così avido, ma attraverso tutta la serie di distacchi che sono impliciti in un trattamento basato sui messaggi, il tipo dipendente saprà rcavare un sentimento più chiaro della propria individualità e autonomia, per potersi sorreggere sulle proprie gambe.

Il tipo dipendente è particolarmente debole nelle gambe e nelle braccia. Poichè ha sempre atteso che la soddisfazione dei suoi bisogni arrivasse dall'esterno, non ha mai sviluppato energicamente i propri arti. I suoi piedi e le sue gambe non si sono mai spostati per inseguire obiettivi e realizzare progetti. Infine il tipo dipendente è debole nel radicamento, cioè il suo contatto con la terra è sottosviluppato. Ciò significa, come detto sopra, che il senso della realtà è a volte scarso. Alla luce di queste considerazioni, si comprende bene come il massaggio del tipo dipendente debba insistere molto sugli arti. Sia le braccia che le gambe dovranno essere ricaricate, rinvigorite, mobilizzate.

L'energia dovrà fluire in loro abbondantemente, affinchè questo tipo di persona ritrovi il gusto dell'autodeterminazione e di un rapporto più fruttuoso con la realtà. E' un po' come se il tipo dipendente dovesse discendere dal mondo delle fibe e delle illusioni a quello della realtà. In lui anche l'energia dovrà scendere verso il basso, abbandonare le regioni del pensiero astratto per affluire verso il palmo delle mani e la pianta dei piedi.

Questa è la condizione energetica indispensabile affinchè un individuo sano possa relazionarsi con il mondo, e riesca a muoversi agevolmente in mezzo alle difficoltà. Il tipo dipendente ama essere cospasrso d'olio. Si potrebbe ipotizzare che l'unzione lo riporti al gradevole stato del feto che galleggia nel liquido amniotico, quando il contatto con l'ambiente materno era totale e non esistevano responsabilità.



sabato 22 marzo 2014

L'INCUBO DELLA SCUOLA MATERNA

A scuola sono sempre andata volentieri, alle elementari, alle medie, al liceo e infine all'università. Mai avuto problemi di socializzazione con i miei compagni, mi sono inserita con facilità in tutti i contesti sociali. 
Ma non potrò dimentichare mai il periodo della scuola materna, antecedente l'inizio della scuola dell'obbligo. Avevo all'incirca quattro anni e come tutti i bambini di quell'età, fui iscritta. La scuola non distava molto da casa, anzi, al tempo la sua sede, era tranquillamente visibile dal balcone di casa mia. In quella scuola però, io proprio non volevo andare, non mi piaceva affatto, il solo pensiero di dovervi passare delle ore mi ripugnava. Non ero una bambinetta capricciosa, non mi lamentavo e non piangevo mai, mi limitavo a mostrare il mio disagio con l'epressione seria del mio volto. Ciò naturalmente non portò a cambiamento alcuno, e ogni santo giorno venivo imbarcata sul giallo scuolabus che passava davanti a casa.  I miei coetanei vociavano e si muovevano, comportamento questo che mi infastidiva notevolmente: le loro assordanti voci e tutti quei movimenti incosulti mi davano ai nervi (io, naturalmente, restavo immobile al mio posto per tutta la durata del tragitto). 
L'arrivo alla scuola era altrettanto traumatico: tutti che si precipitavano fuori dallo scuolabus spinteggiandosi a vicenda, era al di là della mia comprensione. Per me era inconcepibile un tale caos di teste, gambe e braccia. Lasciavo che uscissero tutti, e in ultimo, mi avviavo cauta fuori, dove le maestre ci attendevano all'ingresso. I nostri cappottini venivano sistemati in fila sull'attaccapanni, quindi entravamo nelle classi. Mi guardavo intorno e osservavo tutti quei bambini, genere al quale la mia mente sentiva di non appartenere,  presi a rovesciare sui banchi matite e colori, a giocare con il pongo o il das, a spinteggiarsi, mentre io mi sentivo sempre più estranea a quel contesto. Non riuscivo a capire come potessero  interessare loro, quelle inutili attività ricreative: il mio mondo era quello degli adulti, calmo, educato, intellettivamente stimolante; nella mia mente un unico pensiero: tornare a casa, stare in silenzio, sfogliare i miei libri, giocare per mio conto, e conversare con i grandi. Persino il linguaggio di quei marmocchi spesso mi era totalmente incomprensibile, non sapevano usare le parole nè tantomeno pronunciarle bene, ma come cavolo parlavano (se parlavano)?
Il momento del pranzo era l'apoteosi della disperazione: odiavo gli odori di quella cucina e il refettorio mi dava la nausea, mentre gli altri non se ne curavano. Ci facevano sedere tutti accanto  e poi ci portavano i piatti con le pietanze: avevo il senso del vomito, e di solito non toccavo nulla, il cibo rimaneva nel mio piatto, mentre  i miei occhi assistevano al bestiale spettacolo di tutti quei pupi che affondavano le loro mani nei piatti, portandosi il cibo alla bocca con le mani e spargendo il resto su se stessi o sugli altri, ignorando le posate. In quei momenti desideravo solo scomparire, se mi avessero sparato ne sarei stata felice. Ma perchè dovevo stare lì? A che scopo? 
Alla fine le assistenti della mensa ci portavano in classe, dove le maestre avevano preparato delle piccole sedie a sdraio sulle quali ci facevano sedere e ci incitavano a dormire. Ovviamente l'unica ad avere gli occhi spalancati come fanali ero solo io, il resto della classe ronfava beatamente. Io non potevo chiudere occhio, ma si poteva star tanto rilassati e tranquilli? Il mio istinto di conservazione era come se mi dicesse che dovevo tenere tutto sotto controllo; mi sembrava strano che gli altri si assopissero, io non dormivo mai, nemmeno a casa, ero capace di stare sveglia anche per giorni. 
L'unica consolazione che avevo era che dopo quell'inutile riposino, si tornava finalmente a casa, dove avrei ritrovato il silenzio, la tranquillità, la mia amata famiglia e la mia solitudine meditativa. Tutti quei bambini erano come estranei per me, erano semplicemente altri,  guidati dai loro istinti, privi di logica e di ragionamento, non erano la mia realtà e non erano il mio mondo. Fortuna che sono cominciate le scuole elementari.


mercoledì 30 ottobre 2013

ALLA RICERCA DEL PERDUTO AMORE














Appartengo a te,
invisibile principe
che conobbi,
in altro tempo a me destinato,
ma perduto e sepolto,
sotto macerie di millenni di memoria antica.
Inconsapevole il mio cercarti
in questa vita, su una terra senza
riferimenti cardinali.
Vagai,
anelandoti,
alla ricerca di un segno,
in occhi vuoti,
in mani insensibili,
in braccia straniere.
Mi fermai,
in un luogo senza tempo,
riarsa dalla sete,
all'ombra di un palmizio,
e chiusi gli occhi aridi di pianto.
Volsi lo sguardo al verde,
ti trovai,
tu fermo,
statua di sale ormai.
Sul tuo sguardo spento
due lacrime caddero.
E fu metamorfosi,
di due anime,
perdute e ritrovate.
Sovrani invisibili noi,
legati,
immuni alla separazione,
nel regno  invisibile
dell'appartenenza totale.


sabato 26 ottobre 2013

IL MARE











Dalla finestra il mare,
distesa azzurra,
ondulata seta,
tessuta di bianca spuma.
Mare,
che abbracci il cielo
in fondo laggiù,
verso un infinito orizzonte,
fantasia dei naviganti,
favola di scrittori.
Ardente amante,
il sole ti sorride,
e le sue luminose braccia alla tua increspata veste tende,
tessendo ponti d'oro,
legandoti a sè.
E in questo fulgente abbraccio,
volo,
là,
dove il mio Perseo attende. 


giovedì 23 maggio 2013

IL TIGLIO











Sedetti,
sotto il frondoso tiglio,
lì portavano le tue orme,
fra le volute delle sue molteplici braccia,
verde Briareo,
egli m'accolse,
ne divenni parte.



domenica 5 maggio 2013

LE MANI










Vorrei vestirmi delle tue mani,
potenti e delicate,
dita che sfiorano la pelle.
Le tue mani,
piccoli brividi sull'epidermide bianca.
Mani che conoscono ogni recondito angolo del mio corpo,
che sapienti si muovono seguendo la strada dei nei,
delineando costellazioni,
che scivolano vellutate sulle gambe,
che si soffermano sui fianchi,
che massaggiano le braccia.
Mani che riscaldano il fresco del mio essere,
che infuocano i miei sensi già perduti dentro te.
Mani che seguono il profilo del mio viso,
le linee del collo,
che indugiano sulle fossette della  colonna vertebrale.
Mani che seguono i miei muscoli tesi verso te,
ascolto le loro vibrazioni,
che sentono i miei pensieri,
che abbracciano la  parte sottile,
che parlano al mio cuore.
Mani come occhi.
Solo le tue mani.
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